La comunicazione è una cosa seria. Specialmente quando si toccano certi argomenti. Lo dovrebbero ben sapere i professionisti del settore, che però troppo spesso scivolano su imprevedibili bucce di banana con conseguente tranvata sul muso. E’ capitato a Giada Massara, autrice televisiva per Corima produzioni nonché volto noto del programma più longevo della storia della tv italiana: Forum. Nei giorni scorsi, infatti, la Massara aveva annunciato sulle sue pagine social l’apertura dei casting per ragazze con disturbi alimentari. “Per una nota trasmissione televisiva stiamo cercando ragazze dai 20 ai 25 anni che soffrono di disturbi alimentari. Se avete queste caratteristiche scrivetemi”. Sono esattamente queste le parole pronunciate dall’autrice in un video pubblicato sui suoi profili. Video che poi è stato rimosso dopo esser stato travolto da una valanga di polemiche. Legittime, direi. Innanzitutto perché, pur senza specificarlo, in molti avevano fatto due più due. Ovverosia che la trasmissione in questione fosse proprio Forum. Il che stava a significare che la protagonista avrebbe avuto un quid da contendere in virtù della sua malattia. Perché di malattia si tratta, ed anche molto seria. Tempo qualche ora, però, la società Corima ha specificato che il casting era rivolto a ragazze con disturbi alimentari che avrebbero dovuto portare la loro testimonianza in tv, ma non a Forum. Vivaddio, tutti contenti. Non proprio. Perché, come ha sottolineato Maruska Albertazzi del Movimento Fiocchetto Lilla, associazione simbolo della lotta contro i disturbi del comportamento alimentare, andare in tv grazie alla propria malattia fornisce un rinforzo non indifferente alla malattia stessa. E qui si tratta di avere un minimo di sensibilità, non occorre di certo essere laureati in psicologia. Oltretutto il mezzo usato è ridondante, una vera e propria eco capace di risuonare come un assordante tamburo all’interno di un sé già traballante e devastato dal senso di inadeguatezza tipico di chi soffre di disturbi alimentari.
Che, ricordiamolo, sono una vera e propria piaga sociale peraltro in aumento soprattutto tra i giovanissimi. Una piaga silente e silenziata, perché anche se l’approccio è un po’ cambiato resta sempre e comunque un tabù. Semplicemente perché i disturbi alimentari appartengono all’universo dell’ignoto. Eppure molto, troppo spesso chi ne soffre è a un passo da noi. Però non ce ne accorgiamo, perché non abbiamo gli strumenti adatti a decodificare tutti quei comportamenti che, visti dal dentro, sono chiari come la luce del sole. Ecco perché l’appello social di Giada Massara ci sembra fuori luogo. Magari è fatto pure in buona fede, ma denota una bella dose di ignoranza. Intesa nel senso letterale del termine di chi ignora l’oggetto della discussione. La verità è che la spettacolarizzazione di un problema così recondito, complesso ed intimo è veramente controproducente. O se ne parla a ragion veduta, o è meglio tacere. Perché si rischia di fare solo danni. Si innescano delle dinamiche che dal di fuori possono sembrare assurde, e che invece hanno la loro insana, per certi versi diabolica, logica. Tutto nei disturbi alimentari ha una sua logica. Dal rituale premeditato dell’abbuffata compulsiva alla maniacale ossessione per il controllo del peso che puntualmente va su e giù. Sino ad arrivare al vero e proprio culto del disturbo alimentare che serpeggia sul web, dove viene quasi amorevolmente chiamato Ana e Mia. Dove Ana sta per anoressia e Mia per bulimia. Che, non ricordiamolo, sono facce della stessa medaglia. Solo che l’anoressia la noti, la bulimia no. E quindi è ancora più subdola perché s’appalesa solo agli occhi di chi ci convive. Parlarne in pubblico, poi, è un’impresa titanica. Figuriamoci farlo in tv. Perché a farla da padrone è il senso assoluto di vergogna tipico di chi attraversa in silenzio il suo inferno. Che è sconosciuto ai più. Ben vengano le campagne di sensibilizzazione, le trasmissioni sul tema realizzate con competenza e cura. Il resto è sciatteria della quale sinceramente facciamo volentieri a meno. Perché non aiuta nessuno, anzi. Getta un velo d’oscurità su di un dramma che già di per sé è doloroso e cupo.