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Caso Ferragni: e adesso, tutti in cattedra

- di: Barbara Bizzarri
 
Da quando è caduta in disgrazia, tutti sono prodighi di consigli verso la Chiara nazionale, soprattutto perché hanno potuto toccare con mano l’inabilità dei suoi consulenti per la comunicazione, sperando magari di poterli sostituire in corsa (mission che col suo lustro ripagherebbe con tanto oro quanto il loro peso): come il Social Media Manager di Taffo che prima le ha dato qualche consiglio ben assestato (notevole l’idea di sfoggiare una t-shirt con la scritta “truffatrice”), buttando là come simpatica battuta che si aspettava di essere pagato semmai la destinataria avesse deciso di metterli in pratica: poi, vista la malaparata, è tornato all’ovile taffesco pubblicando perfidamente una bara rosa (bellissima: consiglio di metterla in produzione perché io la voglio) con tanto di glitter e il payoff, ancora più perfido, “Se ora Chiara sponsorizzasse bare, non morirebbe più nessuno”.  A Riccardo Pirrone è seguito a ruota Franco Moscetti, che dopo l’ennesima defezione, ovvero Pigna che dopo amorevoli dichiarazioni di stima ha mollato l’(ex) influencer accodandosi a tutti i brand che hanno rescisso i contratti, compila un decalogo stile Monte Sinai sui nuovi comandamenti che la Ferragni, e in generale, chi deve affrontare uno tsunami reputazionale, dovrebbe seguire come un mantra recitato da mane a sera. 

Dato che viviamo in tempi di costanti shitstorming, potrebbe essere utile riassumerne l’essenza: innanzitutto, selezionare “un manager con una reputazione solida che ci metta la faccia e che ami salvaguardare, consolidare e sviluppare quanto finora costruito piuttosto che rincorrere le luci della ribalta per gestire il coordinamento e la complementarità con le attività legali e di comunicazione. In questa fase la signora Ferragni dovrebbe fare un passo indietro “accontentandosi” di un ruolo da azionista che le consenta di avallare certamente le azioni fondamentali del processo di riorganizzazione ma mantenendo da un punto di vista operativo il solo ruolo di Direttrice Creativa magari iniziando a pensare che potrebbe anche cedere la proprietà delle sue aziende” (aspetto interessante del consiglio in questione), ribadendo che “un manager dovrebbe essere in grado di sviluppare piani e strategie che vanno oltre la risoluzione immediata delle controversie, mirando a costruire una reputazione robusta e duratura nel tempo”.

Questo però sarebbe soltanto l’inizio di una strategia di medio-lungo termine preparata meticolosamente perché in questi casi nulla si lascia al caso, altrimenti diventa una Beresina: “comprendere appieno la natura delle controversie al di là da quanto riportato dai media e identificare le cause profonde che hanno scosso l’opinione pubblica è essenziale per sviluppare una strategia efficace - continua Moscetti -. Quindi è necessario stabilire chiaramente gli obiettivi che si vogliono raggiungere nel corso del tempo che includano il ripristino della reputazione, la ricostruzione della fiducia del pubblico e la creazione di una immagine positiva, e poi un coinvolgimento costante della comunicazione: l’agenzia di comunicazione dovrebbe aiutare a mantenere un flusso costante di comunicazione con il pubblico spiegando chiaramente il cambiamento di rotta. La trasparenza e la coerenza dei comportamenti sono fondamentali e vanno comunicati in modo altrettanto trasparente e coerente”.

A questo, si deve aggiungere il peso determinante della “gestione delle relazioni pubbliche, e investire nel costruire relazioni positive con i vari stakeholder, inclusi clienti, dipendenti, partner commerciali e media spiegando che talvolta gli errori, per quanto deprecabili, possono aiutare a costruire organizzazioni migliori”. Questione ancora più spinosa, procedere allo “sviluppo di iniziative di responsabilità sociale con chiare e definite regole di ingaggio certificate da un qualificato ente terzo. Infine, l’essenziale monitoraggio costante della reputazione online, un investimento in formazione e nel miglioramento continuo, la valutazione periodica delle strategie e un team ferrato in risorse legali”: insomma, avvocato, medico e commercialista sono i migliori amici di una donna, altro che il parrucchiere. 

In pratica, secondo l’esperto, la Ferragni non può uscire dal caos mediatico che l’ha travolta con una semplice tutina di cachemire grigio singhiozzando che le “dispiace tanto”, ma deve presupporre che “oggi la sua credibilità è fortemente compromessa e pertanto niente di quello che può dire sarà creduto”. Non basta: la reazione di Fenice srl, azienda di cui la Ferragni è CEO, al bye bye di Pigna, ovvero strillare ai quattro venti che si è trattato di una “decisione illegittima e strumentale, agiremo nelle sedi opportune”, sarebbe un altro errore strategico. Vero è che il sunnominato smm di Taffo aveva consigliato di cavalcare l’onda con aggressività, ma anche questo consiglio sarebbe stato travisato direzionando l’aggressività dove non dovrebbe andare: “non è questa la strada del Paradiso”. 

Altrimenti, c’è sempre un’altra via molto più zen e meno faticosa: ormai la Ferragni, come ben chiarisce Moscetti, ha accumulato beni per campare più che dignitosamente per oltre dieci generazioni. Un sano chissenefrega, liberando sé stessa e chi le sta intorno dalla schiavitù del web, potrebbe essere l’opzione migliore: chissà. 
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