Carpi: uno scrigno di tesori monumentali nel cuore dell’Emilia

- di: Teodosio Orlando
 
Chiunque abbia frequentato il festival di filosofia che annualmente si svolge nel cuore dell’Emilia, tra Modena, Carpi e Sassuolo, avrà sicuramente scoperto una delle perle forse meno note dell’urbanistica italiana, ossia la piazza dei Martiri di Carpi. È il cuore di questa cittadina che si può a buon diritto definire una minimetropoli (conta infatti circa 70.000 abitanti) immersa nella campagna, al vertice di un triangolo industriale comprendente Modena e Reggio Emilia. I suoi operosi abitanti non guadagnano solo con i prodotti culinari – l'aceto balsamico matura nelle botti all’ultimo piano del municipio, come dimostrazione pubblica del metodo di produzione tradizionale – ma anche con maglieria, accessori d’abbigliamento e ceramiche artistiche.

Le origini della città si perdono nella notte dei tempi, tra medioevo e tarda antichità, in quell’epoca in cui le cronache riferiscono in incerto latino di scorrerie barbariche e brigantesche, ma anche di focolai di resistenza delle popolazioni italiche. Oggi gli storici tendono a non dar più credito alla narrazione che vorrebbe la fondazione di Carpi legata al re dei longobardi Astolfo, relegandola tra le leggende non meglio comprovate: la tradizione attribuiva ad Astolfo la fondazione della città (e della relativa pieve) come atto volto a onorare un suo voto in seguito al ritrovamento di un prezioso falcone smarrito durante una partita di caccia tra umide paludi e intricate foreste. Il sovrano longobardo lo cercò disperatamente ovunque, ma senza successo. Decise così di formulare un voto: se avesse ritrovato l’uccello, avrebbe fondato una città e una Chiesa dedicata alla Madonna. Secondo la leggenda, avrebbe alla fine ritrovato il falcone appollaiato su un ramo di carpino, un albero della famiglia delle Betulaceae con corteccia liscia e grigia e foglie doppiamente seghettate. Da qui la decisione di fondare la città che avrebbe chiamato “Carpi”, ispirandosi al nome dell'albero, insieme alla Chiesa di Santa Maria in Arce, conosciuta poi come La Sagra. In realtà, l’unico episodio verosimile è relativo all’albero dove il re avrebbe ritrovato il falcone. Da un punto di vista storico, tuttavia, il toponimo Carpi è più antico ed è collegato al paesaggio ricco di boschi con alberi di alto fusto, tra i quali verdeggiano betulle e carpini. È verosimile che Carpi preesistesse all’arrivo di Astolfo e fosse un antico borgo villanoviano, poi romano e rifondato nell’Alto Medioevo come roccaforte (castrum Carpi). 

La vera storia della città comincia comunque nel XIV secolo, allorché la potente famiglia dei Pio riesce a imporre la sua signoria e ad emancipare la città dalle mire dei signori di Modena e Reggio Emilia. I Pio, antica famiglia nobiliare savoiarda, la governarono dal 1319 al 1525, quando fu acquisita dagli Este, come parte del Ducato di Modena. Ed è stata la famiglia Pio a realizzare, in gran parte, quello che è il vero tesoro architettonico della cittadina e che irradia grandezza, e forse anche un pizzico di megalomania: la maestosa piazza dei Martiri, la terza d’Italia come superficie, dopo Piazza San Pietro a Roma e Piazza San Marco a Venezia (con i suoi sessanta metri di larghezza e duecentoquaranta di lunghezza potrebbe delimitare la pista di atterraggio di un aeroplano), per la quale si concepì la riunione delle funzioni rappresentative, religiose, civili e mercantili della città. Il lato occidentale è accompagnato dalle 52 armoniose arcate di un portico lungo 212 metri. Il lato orientale è invece definito dalla mole, ampia e articolata, della residenza signorile della famiglia Pio. Il primo impatto, per il visitatore, è quello di un “castello” che unisce elementi medievali e rinascimentali, in una sintesi non posticcia, ma con una naturale armonia artistica che dissimula abilmente una stratificazione cronologica non indifferente: del tardo medioevo (1320) è la massiccia Torre di Passerino Bonacolsi, con i caratteristici merli; del 1480 è invece la pittoresca Torretta circolare dell’Uccelliera. Entrambe, con il torrone di Galasso Pio (sec. XV-XVI), fanno da contrappunto alla Torre dell’orologio, costruita dall’architetto Guido Fassi nel Seicento, che si erge maestosa al centro dell’edificio. Attraverso il vestibolo della torre si accede al cortile interno del palazzo, che ricorda nello stile modelli bramanteschi. Il piano nobile ospita diversi ambienti di grande rilievo artistico, come il salone dei Mori, la cappella rinascimentale affrescata da Bernardino Loschi, la stanza della Torre di Passerino e la stanza dell’Amore.

Di grande rilievo è anche il complesso museale, costituito da tre istituzioni: il Museo Civico “Giulio Ferrari”, che ospita collezioni attinenti alla storia locale e una galleria d’arte di recente apertura con dipinti dal XV al XX secolo; il Museo della xilografia italiana; e il Museo-monumento al Deportato politico e razziale, progettato da Leonardo Belgioioso e inaugurato nel 1972: documenta l’esperienza dei prigionieri del vicino campo di concentramento di Fossoli in tredici sale semplici ma toccanti, con citazioni che  ricoprono le pareti del museo, estratte dalle lettere scritte dai prigionieri. Ci si potrebbe domandare perché sia stato creato questo museo proprio a Carpi. La risposta è semplice: perché durante la Seconda Guerra mondiale venne creato a Fossoli, frazione di Carpi, un campo italiano dove venivano internati i prigionieri di guerra  alleati catturati in Nord Africa (maggio 1942-settembre 1943). Il campo, ubicato nella campagna settentrionale di Carpi, era costituito da un vasto terreno rettangolare circondato da una rete metallica percorsa da corrente ad alta tensione e vigilato da torrette con riflettori. Sotto l’occupazione tedesca del Nord Italia e con la Repubblica di Salò (RSI), il campo si trasformò in un lager  per ebrei amministrato dall’Italia (5 dicembre 1943-14 marzo 1944): nell’uso di Fossoli come campo di deportazione anche la popolazione locale e regionale fu coinvolta in modo considerevole.

Poi divenne un campo di smistamento per ebrei e vittime non ebree gestito congiuntamente da Italia e Germania (15 marzo-agosto 1944): per la maggior parte dei detenuti, Fossoli era solo un luogo di transizione verso i campi di sterminio, segnatamente verso Auschwitz, sempre che i prigionieri non morissero prima di fame e di stenti. Il 12 luglio 1944 le SS, presso il poligono di tiro di Cibeno (oggi quartiere di Carpi), fucilarono 67 persone già recluse nel Campo di Fossoli, come rappresaglia per un attentato compiuto a Genova dai partigiani: è stato definito «l'atto più efferato commesso nell'Italia occupata dalle SS su persone internate in un campo di concentramento». Va altresì detto che, nonostante le mutevoli correnti politiche e le diverse operazioni effettuate a Fossoli, le interazioni tra il campo e la città rimasero costanti per tutta la guerra, al punto che qualcuno ha parlato di interessi economici che indussero i cittadini carpigiani a una certa collaborazione con le autorità che gestivano il campo. Ma nel dopoguerra, le pressanti esigenze politiche, sociali ed economiche misero in ombra e poi elusero i contributi italiani all'Olocausto (sull’argomento è uscito uno studio illuminante di Alexis Herr, purtroppo mai tradotto in italiano, The Holocaust and Compensated Compliance in Italy. Fossoli di Carpi, 1942–1952, Palgrave, 2016). Del resto, poi Fossoli venne usata come prigione alleata per i criminali di guerra (primavera-estate 1945), come campo di detenzione gestito dagli italiani per i fascisti della RSI (inverno 1945-primavera 1946), e come rifugio o dislocazione transitoria per i profughi, gestito dagli Alleati e poi dall’Italia (febbraio-maggio 1947). Nel museo sono di notevole rilievo i graffiti eseguiti in tricromia sulle pareti e ispirati a disegni di Picasso, Léger, Guttuso e Cagli, aventi a tema le persecuzioni operate dai nazisti.

A fare da cornice al Palazzo dei Pio di Savoia, troviamo altri splendidi edifici, purtroppo parzialmente danneggiati dal terremoto del 2012, ma oggi in gran parte restaurati: la Cattedrale di Santa Maria Assunta, costruita a partire dal 1514 con una splendida facciata barocca e un interno neoclassico: il progetto iniziale, di Baldassarre Peruzzi, si basava, piuttosto ambiziosamente, su San Pietro a Roma. Edificata per volere di Alberto III, ultimo signore della dinastia dei Pio, venne poi modificata in modo tale che all’impianto rinascimentale fu affiancata una facciata in stile decisamente barocco. L’interno mantiene intatto il carattere cinquecentesco, con una pianta a croce latina distribuita su tre navate grazie a pilastri compositi. Tra le pregevoli opere d’arte contenutevi, si può ammirare una statua dell’Assunta in legno (Gaspare Cibelli, 1515), varie pale e dipinti di Luca Ferrari e Matteo Loves e i paramenti in scagliola che ornano l’altare maggiore. Completa la mirabile architettura della piazza il piccolo ed elegantissimo teatro comunale, di stile neoclassico, progettato da Claudio Rossi (esponente con Cesare Costa della corrente neoclassica modenese) verso la metà del secolo XIX, con policromie nella facciata dove prevale il colore arancione, e inaugurato in coincidenza con la proclamazione del Regno d’Italia, l’11 agosto 1861: in scena andò Il Rigoletto di Giuseppe Verdi. Con il Palazzo dei Pio e il tardosettecentesco Palazzo Scacchetti, sede da più di un secolo del Comune di Carpi, forma un trittico dove la differenza degli stili non collide con l’armonia che il visitatore percepisce fortemente come una peculiare atmosfera del luogo.

Il teatro eredita il lascito del Teatro Vecchio, progettato nel 1639 dall'architetto e scenografo ducale Gaspare Vigarani, quasi completamente costruito in legno e originariamente collocato all'interno del Palazzo dei Pio nella Sala detta della “Spelta” (perché serviva un tempo come deposito per le granaglie). L’idea di costruire un nuovo teatro venne a un consesso di spettatori, i cosiddetti “palchettisti”, i quali nel 1848 costituirono una società per poter raggiungere la somma necessaria alla costruzione di un nuovo teatro: tra i vari progetti, la commissione scelse quello più “tradizionale”, che richiamava l’idea del teatro-tempio, tipica dei primi dell'Ottocento: infatti, il teatro colpisce per la facciata con il pronao che quasi sporge sui gradini di pietra, contorniato da quattro colonne doriche e coronato da un ampio timpano; al di sopra si alza un “sottofrontone”, con un finestrone semicircolare decorato in rilievo con le figure allegoriche della Musica e dell’Arte Drammatica. Nel retro del teatro troviamo un giardino e due cancellate laterali dietro cui campeggiano otto busti di personaggi carpigiani famosi, che esaltano il ruolo del teatro nello spazio cittadino, come  punto nevralgico della città. Del resto, vi si sono esibiti attori di prosa di risonanza mondiale (da Eleonora Duse a Umberto Orsini, da Gabriele Lavia ad Alessandro Preziosi) e cantanti lirici come Beniamino Gigli e Luciano Pavarotti, oltre ad orchestre, musicisti e compagnie di danza di alto profilo internazionale.

La visita di Carpi non può dirsi completa se non include anche la Pieve di Santa Maria in Castello, nota altresì come “La Sagra”, risalente al secolo VIII e che mantenne a lungo il prestigio di Chiesa Madre, finché non fu edificata la Cattedrale. Tipica chiesa “castrense” (dove cioè ha la sua sede il vescovo responsabile dei cappellani militari), si affaccia su piazzale Re Astolfo e unisce elementi originari romanici a una facciata rinascimentale, opera di Baldassarre Peruzzi. Alla facciata, bassa e stretta, fa da contrasto l’imponente torre campanaria, alta quasi 50 metri, eretta nel XIII secolo, con pinnacoli e cuspide, che sembra quasi il perno simbolico di tutto l’impianto monumentale di Carpi. Nell’interno si distingue un ciclo di affreschi romanici, piuttosto rari in Emilia e purtroppo frammentari, che descrivono vari episodi neotestamentari, dalla Strage degli innocenti alla Fuga in Egitto, dalla Cena di Emmaus all’Ascensione di Gesù Cristo. A ideale suggello della visita a Carpi, va citata l’arca sepolcrale in marmo del 1351, opera di Sibellino da Caprara, posta di fronte al  pulpito romanico, con rappresentazioni ad altorilievo dei simboli dei Quattro evangelisti, e che contiene le spoglie mortali del primo signore di Carpi, Manfredo I Pio: giusto onore alla famiglia che rese Carpi splendida e potente.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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