Caro Castellitto, Eduardo non è cosa (e casa) toia!
- di: Barbara Leone
“Non mi migliorate”, diceva perfidamente Eduardo agli attori che improvvisavano sui suoi testi cambiando ad capocchiam le battute. Chissà cosa direbbe oggi dopo aver visto la trilogia delle sue commedie portate in scena in modalità film da Sergio Castellitto, e andate in onda su Raiuno durante queste festività natalizie. L’ultima, “Non ti pago”, dopo “Natale in casa Cupiello” e “Sabato, domenica e lunedì”. Un’occasione sprecata, verrebbe innanzitutto da dire. Perché parliamo di veri e propri capolavori che non si finisce mai di scoprire, e di apprezzare. Il risultato è stata una gigantesca macchietta, e anche un po’ marchetta dal momento che quella di Castellitto & co. è una ditta familiare a tutti gli effetti. E lo era pure quella dei De Filippo, per carità. Ma con ben altri fini e, soprattutto, ben altri talenti. Che poi sia chiaro: Sergio Castellitto è senza ombra di dubbio uno dei migliori attori italiani, che peraltro si contano sulla punta di una mano forse pure monca. Ma Eduardo non è, come si direbbe a Napoli, cosa soia. E nemmeno casa soia! E’ lapalissiano che faccia uno sforzo, apprezzabilissimo ci mancherebbe, sovraumano nel recitarlo. Laddove, per esempio, è bravissimo in altre interpretazioni, Padre Pio su tutti, giusto per fare un esempio. Certo, già parte svantaggiato non essendo napoletano. Ma questo è il meno, anche se poteva sforzarsi un pelino di più e parlare in napoletano più verace e non in quella specie di dialetto a metà strada tra Pozzuoli e Cicciano. Ma tant’è, trattasi di peccato veniale.
Ciò che ha reso la visione urticante ai puristi del genere è proprio l’approccio di Castellitto, in veste d’attore ma anche d’autore, al teatro di Eduardo. Un approccio che ha volutamente, e forzatamente, stravolto l’essenza di queste opere monumentali. Va bene rivisitare, va bene che Eduardo irraggiungibile e i paragoni sono sempre odiosi e non servono a niente, va bene l’innovazione e va benissimo soprattutto l’aver portato il teatro in prima serata sull’ammiraglia Rai. E probabilmente, ipotesi mia eh, hanno calcato la mano con una versione molto televisiva e poco teatrale proprio per rendere accessibile e comprensibile a tutti il teatro di Eduardo. Che, diciamo la verità, non è per tutti. Perché la sua poetica gronda di uno spessore e di una profondità di pensiero e di immaginazione che risultano lontani anni luce, per comprensione e non per tempo, dalla superficialità dei giorni nostri che ha anestetizzato le menti dei più messe da troppo tempo in standby. Sono veramente in pochi a poterne, e saperne, cogliere le sfumature. E così magari hanno alleggerito il tutto proprio in virtù di una tale consapevolezza. Del resto non è un caso, forse, che questo progetto poltrisse nei cassetti della Rai già da un po’. E però se ti confronti con un mostro sacro come Eduardo poi ci devi stare pure alle critiche. Che, ripeto, non riguardano minimamente le capacità attoriali di Castellitto, semmai la scelta a monte. Ovvero il confronto di cui sopra. Tutto troppo. Perché il teatro di Eduardo è ironia, dramma e gioia insieme ma senza eccessi e senza fronzoli. Tutto troppo alluccato, sempre per dirla alla partenopea maniera. Il che stride decisamente col teatro di Eduardo, un po’ il gesso sulla lavagna. Roba da brividi, e non d’emozione.