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Canzoni stonate… e truffate

- di: Barbara Leone
 
Canzoni stonate parole sempre un po’ sbagliate ricordi quante serate passate così…”. Quanta poesia in questo classico di Gianni Morandi, non a caso firmato dal grande Mogol (su musica di Aldo Donati). E però, nella fattispecie, l’eterno ragazzo di Monghidoro quando stona (e non succede quasi mai) lo fa “cantando solamente insieme a pochi amici quando ci troviamo a casa e abbiam bevuto”. Perché, infondo, qualche sana stecca in certi casi ci sta, e può essere anche perdonata. Anzi. Diventa quasi parte del fascino del momento. Ma cosa succede quando le “canzoni stonate” invece che dritte al cuore, come recita la canzone, arrivano dritte sul palco di un concerto di un artista (mo’, artista!) che da sempre si affida a quel patetico, insopportabile aiutino tecnologico che risponde al nome di autotune? Beh, qui le cose cambiano, e non poco. Ne sa qualcosa Fedez, che durante il suo ultimo concerto in Sicilia si è scontrato con un problemino tecnico che l’ha mandato letteralmente in palla: l’autotune morto. Un po’ come quando metti in moto la macchina e la batteria ti spernacchia: dov’è che vorresti andare tu?

In realtà, all’inizio il rapper milanese ha pure mantenuto un certo sangue freddo scherzando col pubblico: “Volevamo solo farvi scaldare la voce”, ha detto. Peccato che quando la base è ripartita, la sua voce ha ripreso a gracchiare qualcosa senza né capo né coda. Anzi, senza né sol né mi. Le note: queste sconosciute. Colpa dell’autotune, dirà lui in un video in cui ammette che è stata un’esibizione di merda, testuali parole. Del resto, aggiunge per minimizzare, “non sono Celine Dion”. Ehmmm… direi proprio di no. Poi taglia corto: problema tecnico. Non proprio, caro Fedez. Il problema, è ben più che tecnico. E’ culturale. O meglio: affonda le sue radici nella mancanza totale, e dico totale, di cultura musicale e di preparazione. No, quello che si è visto sul palco siciliano è solo l’ultimo esempio di una tendenza ormai consolidata: senza autotune, la maggior parte degli artisti (sigh sigh) di oggi non sono capaci di restare intonati nemmeno per mezzo ritornello. Che poi, quando è stato inventato, l’autotune era una semplice stampella. Correggeva piccole imprecisioni, permetteva agli artisti (quelli veri, e non farlocchi) di mantenere intatta la magia di una performance dal vivo anche quando una serata non era perfetta. Tant’è vero che una delle prime ad usarlo fu Cher, nel lontano 1998, con il suo iconico brano “Believe”. E non di certo per nascondere una mancanza di talento.

Al contrario, lo impiegava come strumento creativo per dare un colore diverso alla sua voce, sperimentando un effetto robotico che all'epoca sembrava innovativo e affascinante. La sua capacità vocale era, ed è ancora alla faccia del tempo che passa, indiscutibile. E l’autotune, in quel caso, era solo un accessorio artistico, non un sostituto della sua voce. Oggi, invece, è diventato la pietra angolare di intere carriere musicali. Perché non si limita più a sistemare le note sbagliate, o a correggere le sbavature. E’ lo standard su cui si costruiscono le voci che ascoltiamo in radio. Si potrebbe quasi dire che, più che uno strumento, è una trappola digitale che tiene imprigionati tutti quegli artisti (triplo sigh) i quali, senza il suo supporto, crollerebbero miseramente. Il caso di Fedez non è isolato. Il mondo della musica pop, ma soprattutto rap, trap e reggaeton è pieno di esempi di pseudo re delle classifiche che dipendono in tutto e per tutto dall’autotune. Una volta spente le luci del software magico, però, ci ritroviamo di fronte a performance che crollano come castelli di sabbia. Ciò che lascia perplessi è come questo fenomeno sia ormai accettato, quasi dato per scontato.

Quella che un tempo era una trovata per salvare esibizioni incerte o per donare un tocco artistico a una voce già talentuosa, oggi è diventata la norma. E senza autotune, cos’è rimasto? Il nulla cosmico. Tradotto: questi “cantanti” con la cultura musicale di qualche decennio fa sarebbero fuori mercato. Spernacchiati come la macchina con la batteria scarica. Ma è evidente che la qualità vocale non è più una condizione sine qua non per raggiungere il successo. E la cosa più grave è che un'intera generazione sta crescendo ascoltando musica taroccata. Che non ha nulla di genuino. Manco le stecche! Siamo davanti a voci, quel mezzo così umano e imperfetto, che si trasformano in un flusso di dati filtrati, levigati, privi di qualsiasi calore o sfida artistica. Esattamente come i selfie tarocchi che campeggiano nelle pagine social, che ti levano vent’anni e tutte le rughe ed imperfezioni varie. Poi una, o uno, si offende se non la saluti per strada: e te credo!

Tornando alla musica, la domanda è una: il pubblico è vittima, o complice? Perché è qui che si gioca la parte più interessante della storia. E la risposta è, ovviamente, la seconda. Innanzitutto perché continua ad osannare personaggi dal talento mediocre, e sono stata pure generosa. E poi perché non fa che alimentare l’idea che l’errore non è permesso. Che la perfezione è l’unico obiettivo artistico accettabile. E così il live non è più un'occasione per stupire ed emozionare. E’, deve essere in capa a loro, una riproduzione fredda e incolore della versione registrata. I fan, pur ridendo delle stecche virali, sembrano dimenticare che sono proprio loro ad aver premiato questo tipo di cultura musicale. Forse è arrivato il momento di chiedersi: cosa succederebbe se spegnessimo l’autotune? Cosa accadrebbe se tornassimo a quelle canzoni stonate che tanto amava Morandi, dove la voce imperfetta raccontava una storia, trasmetteva emozioni, e non doveva essere corretta fino alla nausea per risultare “vendibile”? Un mondo senza autotune restituirebbe la musica ai suoi esecutori veri. E sgamerebbe i truffaldini. Perchè non tutti, anzi pochissimi, sarebbero capaci di brillare senza quel paracadute tecnologico. Ma forse, finalmente, scopriremmo una nuova generazione di artisti disposti a prendersi il rischio di essere se stessi, con le proprie imperfezioni. E il pubblico? Magari, stanco delle melodie perfette e preconfezionate, potrebbe tornare ad apprezzare quella scintilla di umanità che oggi manca tanto. E potrebbe soprattutto tornare a riconoscere, ed apprezzare, il talento, quello vero. Dopotutto, c’è una ragione se le canzoni stonate arrivano dritte al cuore. Forse perché, in fondo, sono vere. E su questo punto, nessun autotune potrà mai competere.
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