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Canone Rai, e io pago!

- di: Barbara Leone
 
Il carrozzone va avanti da sé, con le regine i suoi fanti i suoi re… Va avanti da sé, ma con un aiutino da casa. E che aiutino! Da anni ci frantumano le balls con la solita vecchia e stravecchia tiritera: aboliremo il canone Rai. E’ una promessa che fanno tutti, a rotazione ed in perfetta par condicio. Del resto rappresenta uno degli slogan elettorali preferiti visto che, oramai lo sanno pure i sassi, il canone Rai è, e resterà sempre, la tassa più odiata dagli italiani. Come la famosa cucina della famigerata pubblicità anni Ottanta, ma all’incontrario. E non perché sia particolarmente esosa. Ma odiosa sì. A prescindere, direbbe Totò. E’ proprio il principio che fa salire il sangue al cervello. Perché per quale cavolo di motivo io, per il semplice fatto di possedere un apparecchio televisivo, debbo per forza pagare il canone Rai? Allora chiamatela tassa di possesso e buonanotte ai suonatori. Ma in quel caso non ci potrebbero inzuppare il biscotto più di tanto, perché vorrebbe dire che me la fai pagare una volta sola all’acquisto. Invece no. Si ripropone come i peperoni ad ogni bolletta della luce, grazie a quella genialata partorita dal Mr.Bean rignanese che nel 2016 ce l’ha infilata dentro. Uguale per tutti, perché loro sono democratici.

Allora chiamatela tassa di possesso e buonanotte ai suonatori

Ergo, il riccone di turno con dieci tv al plasma di ultima generazione paga esattamente come zio Corradino da Pescasseroli che s’arrangia col vecchio catorcio a tubo catodico. Cui, ovviamente, ha dovuto mettere il decoder perché sennò non vedeva una mazza. E’ talmente democratica questa tassa che, come recita la relativa legge più vecchia del cucco  (addirittura un regio decreto legge datato 1938), la deve pagare “chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento”. Non solo. Nella versione aggiornata, si fa per dire, si specifica che “è determinante la detenzione dell'apparecchio, indipendentemente dall'eventuale destinazione ad usi diversi dalla visione di programmi televisivi (visione di filmati dimostrativi, televideo, sistemi di videosorveglianza, etc.)”. Pertanto, anche se un'azienda compra un televisore per utilizzarlo ai fini della videosorveglianza, per gestire le web conference, per proiettare un video promozionale, è tenuta a sovvenzionare la Rai. Idem se io ho una tv e la uso solo per guardare i canali a pagamento. In pratica è come se prendo l’auto per spostarmi e devo comunque pagare un abbonamento al treno. Oltre ad essere anacronistico e profondamente ingiusto quest’odioso balzello è pure il peggior speso. Vista la monnezza che passa il convento. Perché da anni, oramai, la Rai non fa altro che inseguire al ribasso le fetecchie ideate dalle tv commerciali. Perché sia chiaro: giusto, anzi sacrosanto, pagare per un servizio pubblico. Ma quando lo è. Ed in questo caso il cittadino italiano tutto è, tranne che il proprietario della tv pubblica. Prendiamo la Bbc. L’emittente inglese ci prova eccome a garantire un servizio pubblico efficiente. E lo fa consultando le categorie che rappresentano le forze vive della società britannica: vengono chiamate in causa le associazioni dei lavoratori, le associazioni per la tutela dei minori, i grandi editori e tra questi, non a caso, i politici e i religiosi sono banditi. Inoltre, per un eccesso di zelo a noi sconosciuto, ha deciso di non accogliere pubblicità per i canali trasmessi all’interno del Regno Unito.

Dopo tanti proclami il canone Rai resterà in bolletta in barba alla Ue

E, come se tutto ciò non bastasse, a cadenza annuale i vertici dell’emittente inglese pubblicano i propri curricula, così da garantire trasparenza davanti all’intera popolazione inglese. Messa così la tassa uno la paga volentieri, o no? E nonostante tutto a partire dal 2027 molto probabilmente verrà abolita. Qui va tutto al contrario. Pubblicità a gogò, servizio pubblico latente e politica che si spartisce il tutto decidendo il bello ed il cattivo tempo che fa. Giusto per alludere ad una trasmissione a caso. Ciò che va in onda non tiene mimicamente conto della volontà di chi paga il canone. Anzi, spesso e volentieri si distrae il pubblico con le scemenze più inaudite in perfetto stile panem et circenses. E tutto, o quasi, si sceglie in base all’appartenenza politica dei dirigenti e dei responsabili, e se questa combacia con la preparazione è grasso che cola. Alla fine della fiera è sempre la politica che, tramite uomini e donne piazzati ad hoc, si occupa delle scelte editoriali quasi sempre lontane dal nobile ed originario obiettivo di divulgare informazione e cultura. E io pago! Ma perché? Ora, dopo tanti proclami buttati al vento ed alla pancia del popolo imboccone, ci fanno sapere che anche per il 2023 il canone Rai resterà in bolletta. In barba alla Ue, che aveva chiesto all’Italia di toglierlo perché considerato onere improprio che mina la concorrenza del settore. Certo, è giusto che rimanga tutto così com’è per evitare l’evasione. Ma forse ai piani alti è sfuggita una faccenda leggermente più grossa: nel 2023 chi riuscirà a pagare la bolletta elettrica?
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