Cani, gatti e figli: a Francè, cambia disco!
- di: Barbara Leone
Che noia che barba, che barba che noia… A Francè, te prego, cambia musica! Te lo dico de core, Papa Francesco, ma proprio de core core. Non se ne può più! Ogni volta che si parla di denatalità in Italia, tiri fuori la solita storia: gli italiani preferiscono cani e gatti ai bambini. Lo capisco, ti piacciono le parabole e i simbolismi, ma questa ormai ha fatto il suo tempo. Anzi, sembra quasi che te la sei legata al dito. Ogni santo giorno (e perdonami il gioco di parole), eccoti lì a puntare il dito contro chi si porta a casa un bassotto invece di un pargolo. Ma sarà mica il caso di cambiare disco? L’ultima qualche giorno fa, quando nel bel mezzo di un discorso alla delegazione di “The Economy of Francesco” nell’Aula Paolo VI del Vaticano se n’è uscito con la solita, trita e ritrita, solfa: “Coraggio, cari amici! Coraggio! Se sarete fedeli alla vostra vocazione, la vostra vita fiorirà, avrete storie meravigliose da raccontare ai figli e ai nipoti. Vedo che ci sono alcuni bambini lì: è bello questo, in una cultura dove si privilegia avere cagnolini o gatti e non bambini. Dobbiamo bastonare un po’ l’Italia!”, ha detto. Chi dobbiamo bastonare, Francè? Ah sì, quelli che invece di figliare, peraltro in un mondo già abbastanza sovraffollato, adottano cani e gatti destinati a morte certa. Aspetta un po’, Francè, che vado a cercare il cilicio. Che poi, che brutta uscita, con tutte le violenze che quotidianamente subiscono gli animali per mano dell’uomo. Ma anche bastaaa! Questa si chiama ossessione, o Alzheimer. Siccome so’ cristiana, io, spero che sia la prima. Perché è chiaro che il Santo Padre abbia una vera e propria fissazione per i nostri amici a quattro zampe. Per lui, ogni pastore tedesco che scodinzola e ogni micio che si fa le unghie sul divano rappresentano la fine della civiltà umana. L’equazione, per lui, è semplice: più cani e gatti = meno bambini = apocalisse imminente. Fare un’analisi un po’ più profonda, no, eh? Troppa fatica!
Invece di prendersela con i cani e i gatti, Francesco dovrebbe rivolgere la sua santa ira verso istituzioni e politiche che rendono quasi impossibile per una coppia media mettere al mondo un figlio. Per non parlare delle adozioni, complicatissime e costosissime per i poveri cristi. Perché diciamocelo chiaramente, Santo Padre: non è che la gente non vuole fare figli perché preferisce il cocker spaniel. È che, una volta pagato l’affitto o il mutuo, è già tanto se rimane qualche spicciolo per comprarsi una scatoletta di tonno (e no, non per il gatto, ma per sé stessi!). In una città come Roma, ad esempio, una giovane coppia che sogna di mettere su famiglia deve sborsare almeno mille euro al mese solo per avere un tetto sopra la testa. Mille euro! Ma come fanno a pensare di avere figli, con un mutuo che ti mangia vivo o con affitti che sono una rapina a mano armata?
E poi c’è tutto il resto. Parliamo del welfare, che in Italia sembra più un miraggio nel deserto. Non è che uno si sveglia la mattina e decide di fare un figlio come se fosse un capriccio. Prima devi fare i conti con un sistema che non ti aiuta per niente. Asili nido? Introvabili, costosissimi. Congedi parentali? Una chimera per molti. E il lavoro? Oh, il lavoro! Soprattutto per le donne, che se osano anche solo accennare all’idea di un figlio, si vedono chiudere le porte in faccia dalle aziende come se avessero chiesto la luna. Ma tutto questo, sembra che non entri mai nel discorso quando parli di denatalità, Francesco. No, per te è sempre colpa dei cani e dei gatti. Forse dimentichi che porti il nome di un santo che predicava l’amore per tutte le creature. Francesco d’Assisi parlava ai lupi e coccolava i passeri. Forse, con tutto il rispetto, dovresti prendere esempio dal tuo omonimo e lasciare un po’ in pace i nostri figli pelosi. Sì: figli. Perché l’amore include, e non esclude, caro il mio Sano Padre, che padre non sei. Cerca di capirlo una volte per tutte: il problema della denatalità in Italia non è una questione di “preferenze”. È una questione di sopravvivenza, economica e sociale. Vogliamo parlare del costo della vita, Santo Padre? Una famiglia media fa i salti mortali per arrivare a fine mese. La spesa, le bollette, l’assicurazione, la scuola… ogni giorno è una lotta. E ci vuoi dire che tutto questo non ha nulla a che fare con la scelta di non fare figli? No, la soluzione non è lasciare il gatto al rifugio e prendere un neonato al suo posto. La soluzione è un sistema che sostenga le famiglie, che renda meno angosciante il pensiero di mettere al mondo un bambino. E farlo in una società arida e spietata come quella di oggi. Ma poi: io a chi faccio male se adotto uno, due o tre cani e gatti? Tolgo il pane dalla bocca a qualcuno? Avere animali domestici è una scelta di amore, di cura, di attenzione. Se una persona preferisce prendersi cura di un amico peloso invece di fare figli, perché dovrebbe essere messa alla gogna? Non stiamo parlando di un crimine, stiamo parlando di scelte personali. Io, ad esempio, voglio essere libera di preferire i cani e i gatti ai bambini. Sì, hai capito bene, preferire. E che c’è di male?
Non tutti vogliono, o possono, avere figli. E questo non significa che siano egoisti o che manchino di amore verso il prossimo. Forse, invece di bastonare chi ama gli animali, sarebbe il caso di riflettere sulle vere ragioni per cui in Italia nascono sempre meno bambini. E no, non è colpa di Fido o di Micio. È colpa di un sistema che non aiuta chi vorrebbe fare figli e si trova a combattere ogni giorno con mille difficoltà. E così, caro Papa Francesco, ti chiedo: la prossima volta che ti viene voglia di tirare fuori la storia dei cani e dei gatti, magari fermati un attimo e conta fino a tre. Perché con questa storia ci hai leggermente scassato gli zebedei. Sì, ci sono tanti cagnolini e micini nelle case degli italiani, ma ci sono anche affitti da incubo, politiche sociali inesistenti e un futuro incerto che rendono sempre più difficile la scelta di fare figli. Prendersela con chi dona amore agli animali non serve a nulla, se non ad allontanarci dalla Chiesa. Non siamo noi i colpevoli, Francesco caro. Guarda altro, e oltre.