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Briatore vs haters: invidia o questione di feeling?

- di: Barbara Leone
 
Provare invidia è umano, assaporare la gioia per il danno altrui è diabolico. Lo disse in tempi lontani Arthur Schopenhauer, ed è una massima che sposiamo in toto e senza condizioni. Perché godere delle sventure degli altri è veramente ignobile. Anzi, detto chiaro chiaro: fa veramente schifo. Anche se l’altro in questione fa di tutto per apparire sgradevole ed anche alquanto superbo. E la superbia, si sa, con l’invidia ci va a nozze. Forse su questo dovrebbe riflettere il buon Flavio Briatore, vittima degli immancabili haters del web i quali hanno vigliaccamente esultato per i danni subiti dal suo locale a seguito della tromba d’aria che nei giorni scorsi ha investito l’intera Versilia. I commenti sono sicuramente stati odiosi ed esecrabili. Su questo non vi è dubbio alcuno. E però… Sì, caro Flavio, c’è un però. E se per un attimo scendi dal tuo piedistallo dorato non ti sarà difficile comprenderne il senso. Che è molto semplice: questione di feeling, per dirla con la canzone. Si chiama empatia. Una parolina oggi sconosciuta ai più. Briatore compreso, perlomeno stando a ciò che traspare dalle sue numerose incursioni mediatiche.

Che sono sempre, perennemente del medesimo tenore: siete dei poveracci, degli sfigati, delle cacchine di mosca che respirano levando prezioso ossigeno a me. Non così, ovvio, perché le sue parole di sono a volte più soft ed a volte, invece, ben più impetuose. Ma il senso è più o meno questo. Che sia il rispetto delle regole covid, che sia la pizza o le tasse da pagare è sempre il solito refrain. Con l’ovvia conseguenza che poi si scatena il putiferio perché, come si dice, anche le formiche nel loro piccolo si incacchiano. E non è una questione di soldi, perché di imprenditori bravi e ricchi ma che non stanno sulle balle alla gente comune ce ne sono moltissimi. Uno su tutti il compianto Leonardo Del Vecchio, che iniziò come garzone della Johnson e finì per metter su un vero e proprio impero. Tanto da diventare uno degli uomini più ricchi del mondo, il secondo in Italia dopo Ferrero. Ma lo fece con discrezione, senza arroganza alcuna e senza mai sputare veleno su quel popolo che, peraltro, ha contribuito al suo successo. Sicuramente anche il padre di Luxottica ha subìto l’umana, umanissima invidia che in molti nutrono per le fortune altrui. Ma non ricordiamo una sola parola contro di lui, perché aveva un modo di porsi garbato e gentile. Era, o perlomeno appariva, empatico con tutti. Senza distinzione di sorta tra l’operaio ed il grande manager. Est modus in rebus. E vale sempre, caro Briatore.

Che qualche volta dici pure delle cose condivisibili. Ma è l’atteggiamento che fa la differenza. Tu poi sei talmente bravo da riuscire ad annullare con la tua tracotanza finanche i contenuti giusti delle cose che dici. Ciò traspare, e magari sarai l’esatto contrario. Ma da personaggio pubblico quale sei, dovresti ben sapere che in certi casi la forma è sostanza. E se le infiocchetti male, anzi malissimo, finanche una rosa bellissima può sembrare un orrendo carciofo. Purtroppo si raccoglie sempre quel che si semina. E a livello mediatico la santa verità è che Briatore ha seminato malissimo. E no, la gente non lo odia. Perché ha ben altro a cui pensare. E proprio per questo poi s’indispettisce davanti agli infondati piagnistei e/o pretese di chi non ha esattamente il problema di mettere insieme il pranzo con la cena come tanti e tanti italiani. Laddove lui, vivaddio, riesce a rimetter su un locale semidistrutto in poco più di ventiquattr’ore. Come nel caso del Twiga. E siamo tutti felici, hip hip hurrà. Ma ci si permetta di riservare il nostro dispiacere più per l’anonimo calzolaio di Viareggio che in poche ore si è ritrovato col sederino per terra piuttosto che per uno come Briatore.

Il cui attuale cruccio è quello di richiedere allo Stato italiano dodici milioni di euro come risarcimento danni per la messa all’asta del suo yacht Force Blue. Una richiesta legittima, per carità. Dal momento che la Cassazione lo ha assolto dall’accusa di evasione fiscale annullando quindi anche la confisca dello yacht in questione, che evidentemente non doveva esser venduto prima del terzo grado di giudizio. Se Stato e magistratura hanno sbagliato è giusto che lui pretenda il dovuto, come qualsiasi cittadino italiano. Poi vabbè, ci sarebbe il dettaglio che ha la residenza a Monaco e paga le tasse a Londra ma sono quisquilie irrilevanti. Si fa per dire. Insomma, come la giri la giri quando c’è di mezzo Briatore ce n’è per tutti i gusti e si finisce sempre per far un gran minestrone. Col rischio poi di pagarlo venti euro al chilo. Di pura invidia, of course.
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