Anche il covid ha scheletri nell’armadio...le bottigliette di pipì
- di: Barbara Leone
Le voci si sono rincorse per settimane nel Palazzo di giustizia di piazza Verga, a Catania. A innescare il tutto, l’arrivo in città dei nuovi funzionari dell’Ufficio per il processo. La ricerca spasmodica di stanze e scrivanie in cui sistemare i nuovi addetti ha messo in moto, infatti, una sorta di trasloco continuo. Tra uno scatolone e un altro la macabra, imbarazzante scoperta. Perché svuota di qua e svuota di là ecco che i dipendenti hanno trovato in un armadio decine e decine di bottiglie da mezzo litro piene di un liquido di colore giallo paglierino, dal contenuto incerto seppur immaginabile. Tempo qualche giorno, e arriva la conferma: quelle bottigliette erano piene di urina di un giudice che, in piena pandemia, per la paura del covid non è mai andato in bagno considerato, in capa a lui, a rischio promiscuità. E così ha ben pensato di farla nelle bottiglie trasformando il suo armadio in una sorta di water privato ed esclusivo. Ma non finisce qui: perché una volta colto con le mani nella patta, più che nel sacco, il giudice in questione si è trovato costretto ad ammettere il fattaccio e ad aprire un altro armadio privato ove erano gelosamente conservate altre bottigliette da mezzo litro piene fino all’orlo della sua magistrale, eminentissima pipì.
Il giudice ovviamente è finito sotto indagine, e forse andrà incontro ad un provvedimento disciplinare. Anche se, per dirla tutta, è pure difficile ipotizzare il reato. Perché a naso dovrebbe essere la prima, e speriamo ultima, volta che accade una cosa simile. E quindi che reato gli vai a contestare al povero giudice? Uso improprio d’ufficio? Atti osceni in luogo pubblico? O magari abbandono di rifiuti? Non è dato da sapere. Che poi ci domandiamo: ma quanta paura doveva avere per arrivare ad un punto di non ritorno simile? Ok il virus, ma addirittura non andare in bagno ci pare un po’ eccessivo. Anche perché poi bastava bardarsi di guanti, mascherine e quintalate di igienizzanti vari per farla in santa pace senza dover ricorrere a tali ridicoli, e pure un po’ disgustosi, sotterfugi. Tra l’altro parliamo di un uomo, manco a dire una donna che è costretta a far contorsioni ed equilibrismi d’ogni sorta per non appoggiarsi alla tazza del water. Per l’uomo, lo sappiamo tutti, è più facile. Doveva essere proprio in stato confusionale il povero magistrato, o molto più banalmente era terrorizzato. Del resto ce l’hanno instillata ben bene la paura, e infatti ancor oggi non è raro imbattersi in persone che guidano da sole in macchina con la mascherina. Rigorosamente ffp2, così, giusto per essere sicuri. In molti casi purtroppo la paura è diventata una seconda pelle, e ha fatto pure più danni del covid stesso. Senza voler sminuire alcunché, ci mancherebbe. E però questa storia ci fa pensare, e non poco. Perché se un magistrato, mica uno qualunque, si è ritrovato intrappolato nella sua stessa paura al punto da agire in maniera così illogica allora vuol dire che forse, ma proprio forse… Houston, abbiamo un problema. E quel problema non è, solo, il covid. Non osiamo pensare a dove avrà espletato l’atto più grande. Ma la domanda delle domande è: perché ha conservato tutte quelle bottigliette piene di pipì per ben due anni?