Anche Scarlett soffre di sindrome della "bella pentita"

- di: Barbara Bizzarri
 
Qualcuno prima o poi dovrà spiegare il misterioso arcano secondo cui tutte le attrici che si sono affermate anche per la bellezza, soprattutto per la bellezza, a un certo punto scoprano di essere state, loro malgrado, trattate da bonazze: era meglio essere brutte e gobbe e poter declamare l’Amleto su quattro assi malferme dell’ultimo teatrino off Broadway per dare la stura alla profondità della loro anima inquieta, piuttosto che stare a cavalcioni di Jonathan Rhys Myers sotto la pioggia in Match Point: o almeno è quello che vorrebbe farci credere Scarlett Johansson, ennesima pentita della gnoccaggine che, in pieno autodafè da podcast (di Dax Shepard), sembra non considerare l’amara eventualità per cui se fosse stata appena più brutta a Hollywood poteva continuare a sparecchiare i tavoli di qualche grill, non necessariamente Musso and Frank. 

Scarlett Johansson denuncia di essere stata ipersessualizzata

Macché, è un sistema malato, si tormenta l’Eleonora Duse d’oltreoceano: peccato che lo sfruttino tutti e in effetti sembra piacere meno verso la quarantina, ma è lo star system, bellezza (appunto). “Sono stata trattata come un oggetto e classificata solo in base alle mie forme” frigna senza ritegno Scarlett, raro caso di utensile milionario con centinaia di film all’attivo.  “Sentivo che non mi venivano offerti i ruoli che avrei voluto davvero fare. Ricordo che tra me e me mi dicevo, forse la gente pensa che abbia quarant’anni. Recitavo da molti anni, perciò la gente pensava che fossi più grande. Forse per questo sono stata iper sessualizzata”. Come se da quelle parti chi ha quarant’anni sia ancora vivo da un punto di vista artistico e non assimilabile a un reperto da museo, a parte poche fortunate eccezioni che conosciamo tutti: verrebbe da chiedersi perché dunque Johansson non abbia rifiutato ipersessualizzanti film e/o foto in guêpière e quant’altro di cui non fosse davvero convinta, a riprova del fatto che coerenza e buon senso ormai sono un binomio decisamente anacronistico e grazie alla memoria collettiva da pesce rosso che ci ritroviamo, si può sostenere un giorno una cosa e il giorno dopo l’esatto contrario, tanto nessuno lo noterà e se dovesse capitare tant pis per l’ingenuo colpevole, a cui daranno tutti addosso da quando il raziocinio è diventato il peggiore dei crimini. 

Non paga del suo sfogo, Scarlett insiste e si riproduce in un triplo carpiato, articolato così: ”Vedo gli attori che hanno vent’anni adesso e mi sembra che siano autorizzati ad essere tutto quello che vogliono, anche diversi da ciò che era imposto ai miei tempi. È un tempo nuovo. Non ci è più permesso di classificare gli attori come si faceva prima. È tutto molto più dinamico”, che suona come il corrispettivo, in questa attuale alba di una nuova era, come la chiama lei, di “vedo gente faccio cose mi muovo”. Evidentemente il minimo comune denominatore del vuoto pneumatico privo di senso è il movimento, purché si capisca che mi trovo esattamente nella parte giusta del coro. Oh yeah. Postilla: eppure io ti perdono questo scartavetramento post #metoo, Scarlett. Lo faccio perché, nonostante la ridicola genuflessione alle cretinate imperanti, tu, attrice più pagata di Hollywood, sei stata l’unica ad avere il coraggio di difendere Woody Allen dalle accuse che lo hanno infamato a causa delle smanie di vendetta della sua ex. Sola in mezzo a una pletora di attori pentiti e piagnucolosi che, poverini, non sapevano niente delle accuse lanciate ad Allen, perché trattasi di trogloditi che vivono nelle grotte, mica di star multimilionarie con gli occhi sempre sui social e circondate da pubblicists rapaci. Quindi onore a te, anche se con il delirio da podcast rappresenti un’industria che s’indigna soltanto per proteggere se stessa. È risaputo che gli hashtag sui social muovono più soldi dello sbigliettamento nelle sale.
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