Altro che TikTok, qui ci vuole una tac!

- di: Barbara Leone
 
Il pioniere è stato Salvini, sbarcato su TikTok addirittura nel 2019. E non stupisce, dal momento che il buon Matteo ha sempre usato i social in modalità teenager, con tanto di panino e mortazza in bella vista. L’ultimo assalto alla piattaforma di Pechino è stato invece quello del Pd, con un profilo inaugurato lo scorso primo settembre. Anche se Letta non ci ha messo la faccia, preferendo quella più giovanile di Alessandro Zan. Mister ddl: quello dei diritti negati, che sicuramente acchiappa cuoricini e like più di enricostaisereno che nei suoi video pare sempre che ha passato un guaio. Nel mezzo tutti gli altri profili. Da Giorgia Meloni, altra veterana del social più amato dai ragazzi, a Peppiniello Conte, che in maniche di camicia ed improbabile musichetta di sottofondo gioca a fare il simpatico non disdegnando qualche sguardo sexy.

E ancora sonno profondo Calenda, che candidamente ammette di non saper ballare e di non capire una mazza di make-up (che delusione!) promettendo di parlare solo di cose serie. E poi c’è lui, quello che su TikTok davvero non ti aspetti, non foss’altro che per ovvie ragioni anagrafiche. Uno che su questo social c’azzecca come la panna nella carbonara: illo, l’innominato, il nonnetto che tutti gli adolescenti vorrebbero avere per spillargli per beneficiare di una paghetta come si deve. Uno che c’ha più vite politiche che certificati medici. Un nome, una (avviso di) garanzia: Sua Emittenza il Cavaliere disarcionato d’Arcore. La sua discesa in campo su TikTok è stata a dir poco esilarante. A guardare i suoi video ci percorre un brivido lungo la schiena: un mix di incredulità, inquietudine e imbarazzo. La sua è una comicità innata e surreale, degna del miglior Drive in. E la cosa che ci manda ai matti è che ci crede proprio. Sta lì, imbalsamato nello stesso doppiopetto del 1994, a dire le stesse identiche cose di allora. Sembra il Joker interpretato da Nicholson nel primo “Batman” di Tim Burton. Che poi vorremmo pure sapere chi cavolo gli ha consigliato di parlare come Oreste di RaiYoyo.

Forse dovevano spiegarglielo che su TikTok (che lui simpaticamente chiama tik tok tak, con tanto di ritmica mossa del capino santo a mo’ di campana) ci sono gli adolescenti e non i neonati a cui dici ma-m-ma. E poi la ciliegina sulla torta: l’immancabile barzelletta. Ora va bene tutto: le barzellette sono degli evergreen che piacciono a tutti, dai bimbi agli anziani e in maniera completamente bipartisan. Ma era proprio necessaria? Poi vabbè, stendiamo un velo pietoso sul dubbio gusto della barzelletta in questione, che lo vede protagonista insieme al Papa, Biden... e Putin. Che in questo periodo non è che sia proprio una barzelletta quello che sta a combinà. E comunque ha riso solo lui. Qualcuno glielo dica che non è cosa sua. Meglio se parla di Dudù, che sui social cani e gatti funzionano sempre. Da che ha aperto il suo profilo, il Silvione nazionale fa più video della Ferragni. Tempo due giorni e ce lo ritroviamo a parlare in corsivo: “l’Italia è il Paese che amiiooo”. Meno male che il 25 settembre è dietro l’angolo.
Scherzi (e barzellette) a parte, ciò che va detto ai nostri cari politici italiani tutti è che possono pure fare il pieno di follower e like. Ma vi diamo una news: quei numeri non sono voti. Primo perché la maggior parte degli utenti di TikTok sono comunque ancora minorenni. E giuro: nessuno è nipote di Mubarak. Ma soprattutto dovete capire che se io clicco segui non è sempre e comunque per vero interesse. Né tantomeno per condivisione di idee. Ma per banale, banalissima curiosità.

Un principio elementare che vale un po’ per tutti i social, perché tutti noi seguiamo tante e tante pagine solo per farci i fatti degli altri. O quattro risate. Ecco, nel caso di TikTok ciò che attira i giovani e giovanissimi follower è soprattutto la voglia di prendere in giro questi sepolcri imbiancati che pensano di essere fighi facendo i gggiovani. E invece sono solo tanto, ma tanto, patetici. E difatti a giudicare dai commenti e dal livello di engagement la mossa non sembra aver dato i frutti sperati. Insomma, per dirla nel linguaggio di moda fra gli adolescenti di oggi i politici su TikTok appaiono cringe. Che vuol dire imbarazzanti. Tant’è vero che i vari influencer, quelli veri e realmente seguiti dai ragazzi, li invitano senza troppi giri di parole a sloggiare. E così Emma Galeotti, la creator seguita da 700mila follower, dice in un video diventato immediatamente virale: “Politici sparite da questo social, avete già Instagram e Facebook, qui non c’entrate niente, fate brutta figura: pensate che la gente vi metta like perché vi supporta? No, è perché vi prendiamo tutti per il cu*o, carissimi”. Mentre l’ormai famosa prof del corsivo Elisa Esposito dice più diplomaticamente: “I giovani su TikTok non li stanno a guardare, lo usano solo per intrattenimento.

Tornino alla televisione. Discutere di cose serie non funziona. Gli unici video che vanno virali su TikTok sono balletti e canzoni, oltre alle categorie, come la cucina. O il make up. La politica proprio no. È una battaglia persa”. Insomma, se l’intento è quello di fare il pieno di voti i tiktoker de’ noantri hanno decisamente fatto male i conti. Forse qualcuno lo convinceranno pure. Ma il gioco vale la candela? Ovvero: vale la pena rendersi ridicoli per un pugno di voti in più? Vabbè, è vero è che lo fanno da una vita. Ma tutto quest’affannarsi sui social fa veramente ridere i polli. E pure pena, pietà e misericordia. Ma evidentemente tiktok dev’essere il rumore di quell’unico neurone che sbatacchia a destra e a sinistra nelle capoccette dei nostri politici. Parafrasando un meme che sta spopolando in rete… altro che TikTok, qui ci vuole una tac!
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