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Abruzzo, l’ammazzabambi col tariffario

- di: Barbara Bizzarri
 
L’Abruzzo getta la maschera di regione paciosa e paradiso della fauna selvatica e si rivela per quello che è: la Giunta ha approvato un piano che consentirà l’abbattimento di 469 cervi in due aree montane dell’Aquilano dimostrando di essere un territorio dove i cervi sono venduti un tanto al chilo con annesso tariffario, ma il finto contrito Marsilio, che si appella alla scienza per giustificare una strage, una sorta di Fugatti ma che vuole salvare la faccia, dice che è una “dolorosa decisione” (sento odor d’arrosto di cervo, vorrei sbagliarmi) presa sulla base dei dati Ispra, come dire io non vorrei ma me lo chiede la scienza (caro presidente, dove e quando ci ha visti con l’anello al naso?), mentre gli esaltati autoctoni, dopo aver fatto man bassa di orsi, ora iniziano solerti, per compiacere le alte sfere, a investire cervi come accaduto a Castel di Sangro: i prodi in auto illesi, il cervo morto in strada per ore come accaduto pure a Juan Carrito con in più, in attesa che qualcuno intervenisse, sempre rigorosamente con calma olimpica perché tanto “è solo un animale”, il furto delle corna avvenuto in un contesto opaco su cui ovviamente si dice di voler far chiarezza: come sempre accade, a chiacchiere, giusto per placare la riprovazione del momento. Da domani non se ne parlerà più e l’impunito colpevole se ne vanterà con gli amici al bar. 

Un’altra storia raccapricciante dopo quella di Juan Carrito e degli altri orsi investiti quasi sempre con ferocia primitiva, di Amarena uccisa a fucilate da un criminale che ha pensato di procedere di sua sponte contro un bene dello Stato che al riguardo continua a dormire, o a far finta, per non compromettere il prezioso bacino dei voti dei cacciatori e compiacerli fino a quanto è possibile. Uno Stato che in effetti fa ben poco per la tutela degli animali: il 18 agosto era in scadenza la Legge delega che avrebbe progressivamente contribuito al superamento dell’uso di animali in spettacoli circensi, ma è stata accettata una proroga di un anno fino al 18 agosto 2025: quindi non ci si può stupire del lassismo che permea tutto quanto riguarda gli animali.  Torniamo in Abruzzo: regione che vanta il tristissimo primato degli abbandoni di cani e gatti, in cui gli animali devono essere commestibili oppure utili, altrimenti non hanno ragione di esistere e i pochi volontari lottano, come novelli Don Chisciotte, contro un’ignoranza radicata e diffusa, istituzioni inesistenti, scarsissime risorse e una forma mentis da Fontamara su cui si dovrebbe intervenire con seri programmi educativi  fin dalla più tenera età ma è dura quando ci sono ragazzini di sei anni che ridono raccontando dei nonni che uccidono i gattini col forcone “perché rovinano l’orto”. Non stupisce perciò la maturazione, in questo contesto, di un decreto che premia certi Big Jim armati fino ai denti con proiettili più grandi perfino del loro ego secondo cui si paga una tariffa in base all’età e al sesso degli erbivori abbattuti. Per i cuccioli di cervo con meno di 12 mesi 50 euro, per le femmine di tutte le età 100 euro, per i maschi giovani 150, per i maschi adulti 250. Inoltre, per i cacciatori non residenti in Abruzzo, le tariffe arriveranno fino a 600 euro. In pratica, accattonaggio sulla pelle degli animali, con quel quid in più da terzo mondo

Il WWF ha avviato una petizione online, mentre la questione sta diventando politica, creando fratture all’interno della maggioranza stessa (e per fortuna). Contro la caccia al cervo si è schierato il deputato di Forza Italia Nazario Pagano: “Non sono per principio contro il contenimento della specie, ma a mio giudizio andrebbe fatto con altri sistemi. Niente uccisioni, penso a recinti elettrificati o a un sistema di rimborso agli agricoltori per i danni subiti” al che Marsilio ha replicato: “Non è una questione politica, ma di sensibilità individuale”: sì, quella che a lui, evidentemente, manca.  Gli ambientalisti hanno rinnovato la richiesta alla Giunta regionale: “non si può far finta di non capire che la decisione presa non accoglie il favore dei cittadini abruzzesi, ma solo di un piccolo gruppo di cacciatori. È inutile, inoltre, esasperare la contrapposizione tra il mondo ambientalista e quello agricolo che non serve a risolvere un problema che è complesso e come tale va trattato e non ricorrendo alla scorciatoia dei fucili”, ha detto Filomena Ricci, delegata Wwf Abruzzo, mentre Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione, rimarca: “L’emergenza è un’invenzione. Se davvero ci fosse questa urgenza di limitare i lievi danni alle attività agricole o di evitare gli incidenti stradali perché la Regione dal 2012 non ha programmato un piano di interventi per la prevenzione di questi rischi?”. 

Intanto Gianni Chiacchia, vicesindaco di Scafa, con molta più lungimiranza propone di “realizzare un'area protetta per i cervi nel parco del Lavino per accrescere l’attrattiva turistica, convinti che il centro faunistico del Lavino potrà offrire ai visitatori del parco la possibilità di osservare da vicino il cervo, che è divenuto un simbolo della nostra regione, in condizioni di rispetto delle esigenze di tutela dell’animale”. Una soluzione certamente più in sintonia con la fortuna di vivere nel cuore verde d’Europa: evidentemente si deve pagare il fio di vivere in una regione tanto bella, dove però il turismo stenta a decollare come dovrebbe (chissà perché) e in cui, per citare una celebre battuta disneyana, in determinati frangenti si ha la netta sensazione di essere circondati da inetti. E da spazzatura, selvaggiamente disseminata per tutto il parco Sirente-Velino, a riprova di quanto chi ci vive non si renda conto della sua fortuna e faccia di tutto per distruggere un’oasi di bellezza che, senza la presenza umana, sarebbe in equilibrio perfetto. 
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