In un’Europa sempre più frammentata, i riflettori si sono accesi sul premier ungherese Viktor Orban, al termine del semestre di presidenza ungherese del Consiglio dell’Unione Europea. Durante il consueto briefing post-vertice europeo, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha riconosciuto gli "importanti risultati" ottenuti da Budapest.
Von der Leyen elogia Orban: "Presidenza ungherese un successo"
“La presidenza è arrivata durante una fase di transizione tra due cicli politici, una situazione sempre complessa”, ha dichiarato von der Leyen, che non ha mancato di evidenziare i successi raggiunti. Un elogio significativo, considerando i frequenti contrasti tra Bruxelles e Budapest su temi chiave come lo Stato di diritto, le politiche migratorie e l’indipendenza della magistratura.
Tra i traguardi più significativi menzionati dalla presidente, spiccano l’avanzamento delle trattative per l’adesione di Montenegro, Albania e Serbia all’Unione Europea, e la tanto attesa inclusione di Romania e Bulgaria nello spazio Schengen a partire dal 1° gennaio 2025. Non meno importante è stata l’organizzazione di un vertice della Comunità Politica Europea, definito da von der Leyen “un successo strategico”.
La Dichiarazione di Budapest e l’ombra delle tensioni interne
La presidenza ungherese ha anche visto la presentazione della Dichiarazione di Budapest, un documento ambizioso che mira a consolidare il ruolo dell’Europa in un contesto geopolitico globale sempre più instabile. Nonostante ciò, le tensioni tra Bruxelles e Budapest hanno continuato a serpeggiare.
Orban, noto per la sua retorica euroscettica e il suo avvicinamento alla Russia di Vladimir Putin, ha saputo capitalizzare il semestre europeo per rafforzare il proprio ruolo politico interno, presentandosi come un leader capace di dialogare con Bruxelles senza perdere la propria autonomia.
Una vittoria diplomatica dal sapore controverso
Gli elogi della von der Leyen, sebbene diplomaticamente significativi, non cancellano i nodi irrisolti che caratterizzano i rapporti tra Budapest e l’Unione Europea. Lo stesso avanzamento dei Balcani occidentali e l’inclusione di Romania e Bulgaria nello spazio Schengen rappresentano successi che arrivano in extremis, spesso frenati dagli stessi veti e dalle strategie dilatorie di Orban.
L’Europa, dal canto suo, si trova ora davanti a un bivio: rafforzare la coesione interna per affrontare le sfide globali, o continuare a essere ostaggio di equilibri politici sempre più fragili. La presidenza ungherese, nel bene e nel male, ha lasciato il segno, ma il futuro dell’Europa resta appeso a una domanda fondamentale: quanto ancora può tollerare le sue contraddizioni?