Caracas torna al centro della scena internazionale. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, in un’intervista alla Cbs, ha annunciato che “Maduro ha i giorni contati”, confermando la linea dura di Washington verso il regime venezuelano.
Venezuela, la tensione cresce: la mossa di Trump scuote l’economia di Caracas
Nelle stesse ore, la portaerei Gerald R. Ford — la più grande e tecnologica della flotta americana — è entrata nel Mar dei Caraibi per esercitazioni con i Marines. Un segnale di forza che scuote non solo il quadro politico, ma anche quello economico: il bolívar ha perso in poche ore oltre il 15% sul mercato parallelo, mentre il prezzo del greggio venezuelano, principale risorsa del Paese, ha registrato forti oscillazioni.
Per un Paese già piegato da un’inflazione a tre cifre e da un debito estero insostenibile, il linguaggio militare di Washington rischia di tradursi in un ulteriore isolamento. Le banche regionali hanno sospeso parte delle transazioni in dollari verso Caracas, temendo nuove sanzioni. L’ombra di un embargo totale sul petrolio venezuelano torna così a pesare su un’economia che sopravvive tra razionamenti e contrabbando.
Le mosse del governo e il fronte interno
Nicolás Maduro, in un discorso serale trasmesso dalla televisione di Stato, ha invitato i cittadini a mantenere “nervi saldi” e a “difendere la patria da un’aggressione straniera”. Le sue parole, rivolte più alla popolazione che alla comunità internazionale, hanno l’obiettivo di rafforzare l’immagine di un potere assediato ma saldo.
Dietro le quinte, tuttavia, cresce la tensione anche dentro le file del chavismo. Una parte del Partito socialista unito del Venezuela teme che l’inasprimento delle sanzioni americane — soprattutto sul commercio di oro e petrolio — possa spingere nuovi settori industriali al collasso. Le imprese pubbliche denunciano già difficoltà nel reperire pezzi di ricambio e componenti elettronici importati.
Fonti diplomatiche sudamericane, citate dal quotidiano argentino Clarín, descrivono un Paese sempre più polarizzato, dove i vertici militari rappresentano ormai l’unica vera garanzia di sopravvivenza del regime. Molti ufficiali, però, sarebbero preoccupati per l’effetto domino che un intervento americano — anche solo simbolico — potrebbe scatenare nelle strade.
Tra inflazione e fuga di capitali
Negli ultimi mesi l’economia venezuelana ha registrato una nuova ondata di fuga di capitali. Le restrizioni imposte dal governo sul cambio e sui movimenti bancari interni hanno spinto migliaia di piccoli risparmiatori a trasferire fondi verso conti offshore, soprattutto a Panama e nelle Antille olandesi.
La Banca centrale del Venezuela ha cercato di frenare la caduta del bolívar con emissioni straordinarie e controlli sui prezzi, ma l’effetto è stato opposto: nuovi picchi inflazionistici e un crollo del potere d’acquisto. Nei quartieri popolari di Caracas e Maracaibo si moltiplicano le proteste per la carenza di generi alimentari e di carburante, nonostante il Paese disponga delle più grandi riserve petrolifere al mondo.
Secondo l’Universidad Católica Andrés Bello, oltre il 70% delle famiglie vive oggi sotto la soglia di povertà e il 60% dei giovani tra i 18 e i 30 anni sta valutando di emigrare. “Ogni nuova minaccia esterna – spiega l’economista Ricardo Hausmann – alimenta il panico interno e la speculazione. Caracas non regge più un’altra ondata di incertezza”.
Equilibri regionali e timori di escalation
Le cancellerie latinoamericane osservano con crescente apprensione la nuova postura di Washington. Colombia e Brasile, pur sostenendo la transizione democratica in Venezuela, temono che l’arrivo della Ford nei Caraibi possa spingere Maduro a chiudere del tutto i confini o a bloccare i flussi commerciali. Le esportazioni di energia elettrica verso i Paesi confinanti sono già ridotte ai minimi storici.
Dagli Stati Uniti, il messaggio di Trump appare chiaro: nessuna trattativa, nessuna apertura. Ma dietro la retorica si intravedono anche motivazioni interne, legate alla pressione del Congresso e agli interessi delle compagnie petrolifere americane. Per il Venezuela, intanto, la prospettiva resta la stessa: un’economia sospesa tra minacce esterne e collasso interno, con un popolo che cerca ancora una via d’uscita da una crisi senza fine.