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Valore aggiunto Italia: Sud sprint e Nord in rallentamento

- di: Matteo Borrelli
 
Valore aggiunto Italia: Sud sprint e Nord in rallentamento
Dal boom agricolo alle difficoltà dell’industria, la crescita 2024-25 svela una geografia produttiva sempre più spaccata; il Mezzogiorno corre ma resta lontano per ricchezza pro-capite.

L’economia italiana nel 2024 mostra un quadro sorprendente: mentre il Sud registra un tasso di crescita del valore aggiunto nettamente più elevato rispetto al Nord, il divario sulla ricchezza prodotta per abitante resta enorme, segno che il recupero meridionale non basta ancora a colmare la distanza storica.

Uno sprint al Sud, ma con la riserva del divario

Secondo l’indagine del Centro Studi Guglielmo Tagliacarne con Unioncamere, nel 2024 il Mezzogiorno ha segnato un aumento del valore aggiunto del +2,89%, contro il +1,77% del Settentrione e il +2,14% della media nazionale. In pratica, il Sud è cresciuto a un ritmo una volta e mezza superiore rispetto alle regioni del Nord.

Ma la ricchezza pro-capite racconta un’altra storia: il Nord-Ovest raggiunge i 40.158 euro per abitante, mentre il Sud si ferma a 22.353 euro. Milano svetta con 65.721 euro a testa, quasi il doppio della media nazionale.

“I dati del valore aggiunto dipingono un quadro in chiaroscuro. Il Sud conferma segni positivi di dinamicità… ma il gap con il Nord resta ampio”, ha commentato il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, aggiungendo che “è quanto mai urgente una vera politica industriale capace di valorizzare le specificità territoriali e di rimuovere gli ostacoli alla competitività, a partire dal costo dell’energia”.

L’agricoltura vola, la manifattura inciampa

Il salto più sorprendente arriva dal settore agricolo, che nel 2024 segna un balzo del +10,25%, portando la ricchezza prodotta a circa 40 miliardi di euro: il livello più alto mai registrato. Tuttavia, l’agricoltura rappresenta appena il 2,23% del totale. All’estremo opposto, la manifattura – che incide per quasi il 19,04% – arretra del -4,10%, interrompendo un ciclo positivo iniziato nel 2015.

Le regioni più dinamiche sono la Sardegna (+3,74%), la Puglia (+3,13%) e la Calabria (+3,12%). Sul piano provinciale, la vera “gazzella” d’Italia è Viterbo con un incremento del +4,85%, seguita da Imperia (+4,29%) e Foggia (+4,22%).

Nord in affanno: industria paga il conto

Nel 2024 il Nord mostra segni di affaticamento. L’Emilia-Romagna cresce solo dello +0,95%, il Veneto dell’+1,20% e il Friuli-Venezia Giulia dell’+1,35%. Diverse province industriali – come Modena, Vicenza, Reggio nell’Emilia, Bergamo e Parma – restano ferme sotto l’1%, pagando il prezzo della crisi manifatturiera.

Un dato che preoccupa: l’industria, motore storico del Paese, sta perdendo spinta proprio nel momento in cui le sfide internazionali richiedono innovazione, digitalizzazione e transizione energetica.

Quali scenari e quali politiche?

Il quadro che emerge è duplice: il Sud si muove, ma da una base ancora debole; il Nord mantiene livelli più alti, ma rallenta. In entrambi i casi, la crescita appare fragile. Per invertire la rotta, servono azioni coordinate e coraggiose.

  • Una politica industriale che valorizzi le filiere locali e sostenga l’innovazione;
  • Investimenti nella green economy e nel turismo sostenibile, per ampliare la base produttiva del Sud;
  • Un deciso abbattimento dei costi energetici, oggi ancora superiori alla media europea;
  • Una reale attenzione alla coesione territoriale, per ridurre il divario strutturale tra province e regioni.

In sintesi, l’Italia del 2024 appare come un Paese che cresce ma si divide: il Sud accelera, il Nord rallenta, l’agricoltura sorprende e la manifattura arranca. Se non si adotteranno politiche mirate, la distanza tra le due Italie rischia di diventare un solco permanente.

La sfida è chiara: crescere non basta più. Serve crescere meglio e in modo più equo.

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