Cinque distretti creati su misura per i repubblicani. Proteste e accuse di autoritarismo dopo le minacce di arresto ai deputati democratici.
(Foto: il Parlamento del Texas).
Un ridisegno a senso unico
La Camera del Texas ha approvato una nuova mappa elettorale che vale molto più di una questione tecnica. È un progetto politico che punta dritto alle mid-term del 2026, con l’obiettivo di garantire fino a cinque seggi in più ai repubblicani a Washington. Un’operazione di gerrymandering allo stato puro, che ridisegna i confini elettorali in maniera chirurgica per rafforzare Donald Trump e il suo partito, riducendo al minimo le possibilità di competizione.
Il voto è stato schiacciante ma prevedibile: 88 favorevoli e 52 contrari, con il Senato statale che ora si appresta a ratificare il testo e il governatore Greg Abbott pronto a firmarlo.
Il volto autoritario del Texas trumpiano
Quello che colpisce non è solo il merito della riforma, ma anche il metodo con cui è stata imposta. Nei giorni precedenti al voto, diversi deputati democratici avevano tentato di bloccare l’iter uscendo dall’aula per impedire il quorum. Una protesta estrema, che ha spinto Abbott a minacciare — e in alcuni casi ordinare — l’arresto dei parlamentari assenti per costringerli a rientrare e votare. Un gesto che ha il sapore dell’abuso di potere e che mostra quanto poco resti dello spirito democratico nello Stato della stella solitaria.
“Questo non è un Parlamento, è un’arena controllata dal governatore.” ha dichiarato la deputata democratica Gina Hinojosa.
Una forzatura pericolosa
La nuova mappa non è altro che un tentativo manifesto di alterare il risultato elettorale. Il ridisegno cancella la naturale competitività di alcuni collegi urbani e mischia le comunità ispaniche e afroamericane in distretti più vasti e diluiti, con l’effetto di ridurne il peso politico. Gli esperti di diritto elettorale parlano già di “violazione flagrante del Voting Rights Act”, e le associazioni per i diritti civili hanno annunciato ricorsi immediati in tribunale.
I repubblicani hanno respinto in blocco tutti gli emendamenti democratici, rifiutando persino proposte minime di correzione. Il messaggio è stato chiaro: nessuna trattativa, solo imposizione.
Verso un’America sempre più divisa
Il caso texano è destinato a diventare un modello replicabile altrove. La California, guidata dal governatore Gavin Newsom, ha già annunciato che intende valutare modifiche alle proprie mappe federali per controbilanciare lo sbilanciamento texano. Una guerra di mappe che spinge gli Stati Uniti ancora più dentro una logica di divisione permanente, dove ogni Stato cerca di massimizzare il proprio vantaggio partigiano senza più un’idea di rappresentanza equilibrata.
L’ombra lunga di Trump
Dietro questa operazione c’è l’ossessione del trumpismo: garantire maggioranze blindate a ogni costo, anche sacrificando le regole del gioco democratico. È la stessa logica che negli ultimi mesi ha alimentato l’offensiva contro i media indipendenti, le università “scomode” e i tribunali che non si piegano alla Casa Bianca.
Il Texas diventa così un laboratorio politico e un avvertimento: se lo Stato più grande e simbolico dell’America repubblicana piega la legge elettorale ai voleri di Trump, quale barriera potrà resistere altrove?