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America in volo rallentato: lo shutdown atterra anche i cieli

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
America in volo rallentato: lo shutdown atterra anche i cieli

C’è un segnale preciso che racconta meglio di mille dichiarazioni cosa significhi oggi lo shutdown americano: il rumore degli aerei che si dirada nei cieli sopra New York, Atlanta o Los Angeles. Non è un effetto del meteo, ma della politica.

America in volo rallentato: lo shutdown atterra anche i cieli

Da oggi, la Federal Aviation Administration (FAA) ha ufficialmente ridotto del 10% la capacità dei voli in 40 aree di traffico intenso. È la conseguenza diretta della chiusura parziale del governo federale, la più lunga e grave dell’ultimo decennio.

La decisione è arrivata dopo giorni di trattative fallite tra Casa Bianca e Congresso. Il governo Trump II, ancora impantanato nella disputa sul bilancio, ha lasciato senza fondi parte dei servizi essenziali, tra cui il sistema di controllo del traffico aereo.

I cieli come simbolo della crisi
Gli Stati Uniti hanno sempre misurato la loro vitalità anche dalla velocità dei propri voli. Adesso, però, quella velocità è costretta a rallentare.
Nella notte, la FAA ha comunicato la misura d’emergenza: «Per garantire la sicurezza del traffico aereo, la capacità sarà ridotta del 10% nei principali hub».
Significa che circa 1.800 voli al giorno non decolleranno o verranno riprogrammati. Le aree più colpite sono quelle di New York, Chicago, Atlanta, Dallas e Los Angeles – lo scheletro della rete aerea americana.

A spiegarlo è il segretario ai Trasporti Sean Duffy, volto nuovo del gabinetto Trump: «La priorità è la sicurezza dei passeggeri. Ma non possiamo garantire l’operatività piena con personale stremato e stipendi sospesi».

Dietro quelle parole, la realtà: migliaia di controllori di volo lavorano da settimane senza paga, con turni tagliati e ferie bloccate. Il sistema non regge. Meglio rallentare, dicono, che rischiare un incidente.

Washington ferma, l’America si blocca
La riduzione dei voli è solo il sintomo più visibile del morbo che sta paralizzando Washington.
Lo shutdown, scattato per mancanza di un accordo sulla legge di spesa federale, si trascina ormai da settimane.
Gli uffici pubblici riducono l’orario, i parchi nazionali chiudono, i dipendenti federali scendono in piazza con cartelli che ricordano: “We serve the public — pay us”.

E mentre la politica si accapiglia, le infrastrutture vitali del Paese si inceppano.
Il cielo americano, una volta simbolo della potenza organizzativa, diventa la metafora perfetta di una nazione che si guarda dall’alto e non si riconosce più: frammentata, esausta, senza rotta.

Un effetto domino
Le compagnie aeree hanno già iniziato a tagliare voli e a ricalcolare orari. Si stima una perdita potenziale di oltre 200 milioni di dollari solo nelle prime settimane di limitazioni.
La US Airlines Association parla di “crisi annunciata”, e accusa il Congresso di “giocare con la sicurezza e l’economia come in una partita di poker politico”.

Le reazioni non si sono fatte attendere. Dalle coste occidentali arriva la voce dei governatori democratici, che denunciano la “follia di un blocco istituzionale capace di mettere a rischio i cittadini”.
Dalla Casa Bianca, invece, la linea resta quella dell’intransigenza: “Colpa del Congresso che non approva i fondi per la sicurezza dei confini”, tuona il portavoce di Trump.

L’America che aspetta

Negli aeroporti, i passeggeri guardano i tabelloni con la rassegnazione di chi si è abituato all’imprevisto. File più lunghe, voli cancellati, personale ridotto.
Un manager di Delta, citato dal New York Times, racconta che “la riduzione del traffico si sente fin dal primo mattino: meno aerei, più silenzio, più attesa”.
E in quell’attesa si riflette l’immagine di un Paese sospeso, dove la politica sembra più impegnata a combattere se stessa che a far funzionare ciò che serve ai cittadini.

La paralisi come nuovo normale
La storia americana conosce già diversi shutdown, ma mai uno così capace di penetrare nella vita quotidiana. Quando persino il cielo rallenta, è segno che la democrazia è in turbolenza.
Lo shutdown, che nel linguaggio tecnico significa la sospensione dei fondi federali, si traduce nella lingua del popolo con due parole semplici: “Nulla si muove”.

La riduzione dei voli non è soltanto un disagio logistico, è il simbolo fisico di un declino politico.
Mentre il mondo osserva, l’America sembra atterrata su se stessa.
E forse la vera emergenza non è più nei cieli, ma a Washington: dove il vento della democrazia, per riprendere quota, ha bisogno di una pista libera da rancori e calcoli di parte.

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