Dalla pandemia all'Ucraina: le parole di Papa Francesco riaccendono la fede e rilanciano la speranza nel mondo

- di: Redazione
 
“È il tempo del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni’’.
Mai parole furono pronunciate in un luogo tanto più deserto, come quella piazza San Pietro, eppure tradizionale crogiuolo di fede, cuori, preghiere e speranze; eppure mai parole hanno avuto tanta eco e attualità perché, pronunciate da Papa Francesco il 27 marzo di due anni fa, per mostrare al mondo che davanti alla pandemia non si poteva perdere la fede in Dio, hanno scosso le coscienze di chi, troppo presto, ha guardato a quella emergenza sanitaria come a un accadimento davanti al quale si poteva solo chinare il capo.

Papa Francesco ha parole di speranza su pandemia e conflitto in Ucraina

Queste parole hanno un sapore di perenne attualità, perché l’Uomo troppo spesso dimentica per cosa calpesta la Terra e il fatto che ciascuna azione - soprattutto se prevarica o, peggio, procura dolore - non può essere cancellata da una qualsivoglia motivazione, perché nella violenza non alberga l’etica.
Anche in queste ore Papa Francesco ha fatto sentire la sua voce che, appena sussurrata, è però stata tonante quando si è scagliato contro la guerra - in fondo contro tutte le guerre - e contro chi, da essa, dall’uomo che vuole sopraffare l’uomo, lucra.

Il filo rosso che lega il 27 marzo di due anni fa agli ultimi giorni avrebbe potuto essere resecato se la ragionevolezza fosse riuscita a prevalere, se la follia che arma la mano si fosse fermata pensando a quanto dolore stava per scatenare. Così non è stato e da oltre un mese il male banchetta sulle spoglie di un Paese aggredito.
Due anni fa Francesco, rivolgendosi al nulla di quella immensa piazza, sferzata dalla pioggia e che aveva attraversato, col suo passo malfermo, disse: ‘’L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai’’.

Parole di ieri e che mantengono ancora intatto il forte messaggio di cui si sono fatte portatrici. Perché ‘’saperci bisognosi di salvezza’’ è ammettere i nostri limiti, è sottolineare comunque che, anche nei momenti del buio, sappiamo quale sia la strada da percorrere. E quelle tempeste che, disse Francesco, due anni fa si erano abbattute sull’Umanità tornano a fare sentire oggi il loro cupo ruggito, quasi che la lezione della pandemia non sia bastata. Mai come in questi giorni sentiamo il martellante ricorso alla pace e forse mai come oggi ci rendiamo conto che aneliamo ad una cosa che dovrebbe essere nell’ordine delle cose e che invece l’insensatezza dell’Uomo sfregia per brama di potere, perché non ci può essere altra motivazione. Davanti alla guerra - quale che sia la sua veste - non si può restare inermi perché essa non si riduce a uccidere il presente, ma a porre le basi affinché il mondo non si affranchi dal suo giogo per tanto tempo.

Papa Francesco lo ha ripetuto appena poche ore fa quando, all’Angelus, ha lanciato lo sguardo verso il futuro dell’Umanità ammonendo che ‘’la guerra non devasta solo il presente, ma anche l’avvenire della società. Un bambino su due" - ha detto il pontefice riferendosi all’Ucraina - "è stato sfollato dal Paese, significa distruggere il futuro e provocare traumi tra i più piccoli e innocenti. Ecco la bestialità della guerra, atto barbaro e sacrilego’’. Guai, ha detto, a considerare a guerra come un passaggio normale della Storia dell’Uomo, al quale non ci si può sottrarre. ‘’Non può essere - ha detto Francesco - qualcosa di inevitabile, non dobbiamo abituarci e dobbiamo convertire lo sdegno di oggi nell’impegno di domani. Se da questa vicenda usciremo come prima saremo in qualche modo tutti colpevoli’’.
‘’Di fronte al pericolo di autodistruggersi, l’umanità" - ha detto il pontefice, davanti ad una folla colpita e, insieme, commossa dalle sue parole - "comprenda che è giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’uomo prima che sia lei a cancellare l’uomo dalla Storia”.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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