Ucraina: l'Italia, sotto scacco energetico, corre ai ripari e Draghi ripensa al carbone

- di: Redazione
 
Quanto sta accadendo in Ucraina, com'era già dato per scontato quando ancora i cannoni non facevano sentire la loro voce, avrà delle ripercussioni per chi, dipendente per gran parte del suo fabbisogno energetico dall'estero, rischia di ritrovarsi col suo apparato produttivo in ginocchio, così come la sua popolazione. Un pericolo che per l'Italia è gigantesco, anche per le scelte ambientali fatte in passato, quando non si pensava certo all'insorgere di scenari di guerra in Europa.

Ucraina: Draghi pensa all'uso del carbone a causa della crisi energetica

Ne siamo coscienti tutti, ne è cosciente soprattutto il governo, come testimoniato dall'intervento alla Camera del presidente del Consiglio, Mario Draghi, che, fornendo una informativa sullo stato della situazione in Ucraina (l'avanzata dei soldati russi ha avuto la strada spianata dai bombardamenti indiscriminati su obiettivi civili), ha tracciato anche un quadro del futuro che ci attende, stante una condizione di guerra che potrebbe durare parecchio.

Perché, se come pare le difese ucraine stanno cedendo ovunque, non ci sono certezze che il ''post guerra'' non possa dimostrarsi parecchio complicato per i russi che, vinto sul campo in virtù della strabordante superiorità militare, dovranno vestire i panni dell'esercito occupante di un Paese che ha un fortissimo senso patriotico. Poi a quell'esercito di occupazione toccherà anche il compito ''ufficiale'' (sempre che se ne voglia fare carico) di evitare che, imposta la pace sul filo delle armi, non si scateni quel bagno di sangue con il quale i russofoni d'Ucraina vogliono saziare la loro sete di vendetta.

Draghi, parlando delle ripercussioni per la nostra economia, ha detto parecchie cose, anche se solo una, probabilmente, ha fatto effetto, ma non più di tanto. l'ipotesi di rimettere in funzione le centrali a carbone che, in assenza del gas russo, diverrebbero vitali per fare marciare la macchina industriale del Paese. Non ci sono ancora reazioni ufficiali degli ambientalisti, e comunque non potrebbero arrivare perché l'annuncio di Draghi non è effetto di una mutata direttrice anti-ambientalista del Governo, ma la naturale contromossa davanti alla follia di Putin, che sapeva benissimo che il ricatto energetico era l'arma che poteva brandeggiare per intimorire l'Occidente e, quindi, indurlo a prendere atto dell'invasione e non fare più di tanto.

Il ricorso al carbone diventa quindi una opzione da praticare, in attesa (ma i tempi sarebbero necessariamente medio-lunghi) che il Paese riesca ad avere accesso ad altri fonti energetiche accantonate o utilizzate non al massimo della loro potenzialità (come i gasdotti dal Nordafrica - il TransMed dall'Algeria e dalla Tunisia, il GreenStream dalla Libia - e quello - il Tap - dall'Azerbaijan).
''Il Governo" - ha detto Draghi - "è comunque al lavoro per approntare tutte le misure necessarie per gestire al meglio una possibile crisi energetica. Ci auguriamo che questi piani non siano necessari, ma non possiamo farci trovare impreparati. Le misure di emergenza includono una maggiore flessibilità dei consumi di gas, sospensioni nel settore industriale, e regole sui consumi di gas nel settore termoelettrico, dove pure esistono misure di riduzione del carico''.

Draghi comunque ha fatto chiaro riferimento a quanto il governo sta facendo per procedere spediti ''nella direzione di un maggiore sviluppo delle fonti rinnovabili, anche e soprattutto con una maggiore semplificazione delle procedure per l'installazione degli impianti. Ma il gas resta essenziale come combustibile di transizione''.
Dobbiamo quindi, ha aggiunto, ''rafforzare il corridoio sud, migliorare la nostra capacità di rigassificazione e aumentare la produzione nazionale a scapito delle importazioni. Perché il gas prodotto nel proprio Paese è più gestibile e può essere meno caro''.

Insomma il governo non sembra più disposto a dare condizionare le proprie scelte dalla palude di norme e regolamenti che rendono una impresa avviare qualsiasi iniziativa che, metta l'una accanto all'altro, la necessità di dare risposta al fabbisogno energetico e un ambientalismo rigoroso e chiuso al dialogo.
Certo il ritorno al carbone, anche solo come estrema risorsa, può apparire una contraddizione con le tante proposizioni del governo verso la sostenibilità, ma qui a dettare i tempi non sono le solite considerazioni, ma un pericolo reale e, purtroppo, imminente.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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