Dopo oltre trent’anni di sospensione, gli Stati Uniti si preparano a riprendere i test nucleari. Il presidente americano Donald Trump ha ordinato al Dipartimento della Difesa di “iniziare a testare” le armi nucleari statunitensi, ponendo fine alla moratoria in vigore dal 1992. L’annuncio, diffuso nella notte su Truth, il social network del presidente, arriva a pochi giorni dalle dichiarazioni di Vladimir Putin sul successo del test del missile da crociera a propulsione nucleare Burevestnik, definito “a gittata illimitata” e capace di eludere ogni sistema di difesa.
Trump ordina la ripresa dei test nucleari dopo trent’anni
“A causa dei programmi di test condotti da altri Paesi, ho dato ordine al Dipartimento della Difesa di iniziare a testare le nostre armi nucleari su un piano di parità. Questo processo inizierà immediatamente”, ha scritto Trump. “Gli Stati Uniti hanno più armi nucleari di qualsiasi altro Paese. La Russia è al secondo posto e la Cina è molto indietro, al terzo, ma raggiungerà il traguardo entro cinque anni.”
La fine di un tabù
L’annuncio segna la rottura della moratoria sui test nucleari che Washington rispettava dal 1992, quando l’amministrazione Bush senior pose fine ai test nel Nevada Test Site. Gli Stati Uniti avevano aderito nel 1996 al Trattato per la messa al bando complessiva degli esperimenti nucleari (CTBT), mai ratificato dal Senato, ma rispettato de facto da tutte le amministrazioni successive, democratiche e repubblicane.
La decisione di Trump rappresenta dunque un cambio di paradigma, che rischia di aprire una nuova fase della competizione strategica globale. Il Cremlino ha finora sospeso la propria adesione al CTBT, mentre Pechino non ha mai interrotto del tutto le attività di ricerca e sviluppo su nuovi vettori e test subcritici.
Il contesto geopolitico
Il ritorno dei test avviene in un clima di crescente tensione internazionale. Le relazioni tra Washington e Mosca si sono ulteriormente deteriorate dopo l’ultimo test russo del missile Burevestnik, che Putin ha presentato come “un’arma in grado di garantire la deterrenza strategica per decenni”. L’annuncio di Trump sembra dunque una risposta diretta alla sfida russa e, in parte, un messaggio a Pechino, impegnata ad ampliare il proprio arsenale nucleare e a modernizzare i missili balistici intercontinentali.
Fonti del Pentagono, citate da media statunitensi, parlano di una prima fase di test subcritici, condotti per verificare la stabilità e l’affidabilità delle testate senza ricorrere a esplosioni atomiche vere e proprie. Tuttavia, l’ordine presidenziale autorizza anche la pianificazione di test “pieni” nel caso di escalation competitiva con altre potenze.
Reazioni internazionali e allarme degli esperti
Le reazioni della comunità internazionale non si sono fatte attendere. Le organizzazioni per il disarmo e la non proliferazione nucleare hanno definito la decisione “un passo indietro storico” rispetto ai progressi ottenuti in trent’anni di contenimento. L’ONU ha ricordato che gli Stati Uniti, pur non avendo ratificato il CTBT, hanno sempre svolto un ruolo di riferimento per la stabilità del regime di non proliferazione.
Secondo gli analisti, la mossa di Trump potrebbe riaccendere la corsa agli armamenti in un contesto già segnato dal riarmo convenzionale e dalla proliferazione tecnologica. La Cina, che secondo le stime possiede oltre 500 testate, punta a raddoppiare il proprio arsenale entro il 2030; la Russia mantiene circa 6.000 testate operative o in riserva, mentre gli Stati Uniti ne controllano circa 5.400.
L’impatto politico
Sul piano interno, la decisione rilancia l’immagine del presidente come difensore della supremazia militare americana in vista della campagna elettorale. Trump presenta la scelta come una “necessità di sicurezza nazionale” e come parte della strategia per riaffermare la “leadership tecnologica degli Stati Uniti”. Tuttavia, diversi membri del Congresso – sia democratici sia repubblicani – hanno chiesto chiarimenti sulle implicazioni di sicurezza ambientale e sui costi del programma.
Il Nevada National Security Site, dove si erano svolti gli ultimi test nel 1992, potrebbe tornare operativo in tempi brevi. Le stime del Dipartimento dell’Energia indicano che la riattivazione dei laboratori di test richiederà tra 12 e 18 mesi, con un costo iniziale di circa 5 miliardi di dollari.
Verso una nuova stagione nucleare
L’ordine di Trump segna di fatto l’avvio di una nuova stagione nucleare, in un mondo dove la deterrenza strategica torna al centro delle relazioni internazionali. Se attuata, la ripresa dei test americani potrebbe spingere altre potenze a fare lo stesso, cancellando trent’anni di equilibrio imperfetto fondato sulla prudenza reciproca.
Come trent’anni fa, il deserto del Nevada potrebbe tornare a tremare. Ma stavolta, osservano gli esperti, il vero campo di battaglia sarà anche digitale: l’intelligenza artificiale, la simulazione quantistica e i nuovi vettori ipersonici renderanno la competizione nucleare più sofisticata e meno prevedibile che in passato.