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Trump annuncia la tregua a Gaza, ma i raid non si fermano

- di: Bruno Coletta
 
Trump annuncia la tregua a Gaza, ma i raid non si fermano
Israele dice sì a un cessate il fuoco di 60 giorni. Hamas prende tempo. Raid e morti proseguono mentre oltre 150 ong denunciano la “farsa umanitaria” della Gaza Humanitarian Foundation.

Una tregua sul filo: la mossa di Trump e le bombe che non si fermano

Con un annuncio teatrale su Truth Social, Donald Trump ha proclamato nella notte del 1° luglio 2025 che “Israele ha accettato le condizioni per un cessate il fuoco di 60 giorni a Gaza”. A meno di una settimana dall’incontro con Benjamin Netanyahu a Washington, l’ex tycoon ha giocato d’anticipo, cercando di rivendicare il ruolo di pacificatore globale. “Ora Hamas deve accettare, perché altrimenti la situazione peggiorerà”, ha detto senza mezzi termini, trasformando la tregua in un ultimatum.

Ma mentre Trump si auto-incorona mediatore, sul campo si continua a morire. Secondo l’ospedale Nasser di Khan Younis, almeno 37 persone sono rimaste uccise nel sud della Striscia nella sola giornata del 1° luglio. Altre 39 hanno perso la vita nel bombardamento di un internet cafè sulla costa nord, tra cui il fotoreporter palestinese Ismail Abu Hatab.

“Una proposta finale”: la diplomazia tra ricatti e ambiguità

Il piano è stato costruito in incontri tra il ministro israeliano Ron Dermer e figure chiave dell’amministrazione americana: il vicepresidente J.D. Vance, il segretario di Stato Marco Rubio e l’inviato speciale Steve Witkoff. Saranno Egitto e Qatar a presentare ad Hamas la “proposta finale”, ma resta da capire quanto di quel piano sia frutto di reali concessioni*e quanto sia una cortina di fumo per alleggerire la pressione internazionale.

Trump ha ribadito in conferenza stampa da Palm Beach che Netanyahu era “pronto a firmare”, che la pace era “a un passo”. Ma nei fatti, le condizioni a Gaza restano disumane: mancano cibo, elettricità, acqua potabile e medicinali. Non si intravede *un piano serio per la ricostruzione*. E soprattutto, *nulla è stato ancora ufficialmente accettato da Hamas*.

La guerra delle ong: “Stop alla Gaza Humanitarian Foundation”

Nelle stesse ore dell’annuncio presidenziale, oltre 150 organizzazioni umanitarie — tra cui Oxfam, Save the Children, Médecins Sans Frontières e Amnesty International — hanno firmato un appello congiunto, chiedendo lo smantellamento della Gaza Humanitarian Foundation (GHF), un’istituzione sponsorizzata da Israele e Stati Uniti.

La dichiarazione denuncia “un paravento ipocrita che non risponde ai bisogni reali della popolazione palestinese e serve solo a legittimare l’occupazione”. Nel testo si legge: “GHF non è indipendente, non è neutrale e non è efficace. È una maschera diplomatica che consente a Israele di controllare gli aiuti e punire Gaza con la carestia”. Secondo i firmatari, servono canali di distribuzione alternativi, garantiti dalle Nazioni Unite o da un consorzio di Stati non coinvolti nel conflitto.

50 ostaggi e milioni di vite appese a un filo

Nella proposta americana si parla anche della liberazione dei 50 ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas. Il gruppo palestinese, dal canto suo, chiede un cessate il fuoco permanente, il ritiro delle truppe israeliane e il ritorno dei profughi nel nord della Striscia. Condizioni che, al momento, né Tel Aviv né Washington sembrano disposte ad accettare.

La tregua di 60 giorni appare quindi più come una pausa tattica che un vero passo verso la pace. Nessuna parola su un piano politico per la Striscia, nessun riferimento a un processo negoziale strutturato. La sensazione è che Trump stia giocando la carta della diplomazia mediatica per placare le critiche, senza risolvere davvero nulla.

Un’America che media con l’ascia in mano

Il tono dell’amministrazione è quello dell’aut aut: se Hamas non accetta, le bombe continueranno. “La situazione può solo peggiorare”, ha detto Trump. Un linguaggio che allontana la diplomazia e avvicina la logica dell’imposizione. E intanto, anche nel Congresso americano crescono le voci critiche. La senatrice Elizabeth Warren ha parlato di “una tregua condizionata che rischia di essere solo propaganda”, mentre il deputato Jamaal Bowman ha accusato Trump di “giocare a Risiko con vite umane”.

Tregua o teatro?

Israele, sotto la spinta americana, ha detto sì. Hamas prende tempo. Trump festeggia, mentre a Gaza i funerali si susseguono senza sosta. La tregua esiste, ma solo nei comunicati. Sul campo, la guerra continua. E l’illusione della pace rischia di essere solo una parentesi elettorale, utile per un presidente in cerca di legittimazione ma priva di una vera strategia per il futuro della regione.

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