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Trento prima per qualità della vita: la nuova mappa delle economie territoriali italiane

- di: Anna Montanari
 
Trento prima per qualità della vita: la nuova mappa delle economie territoriali italiane

Secondo la nuova edizione della “Qualità della vita” del Sole 24 Ore, Trento è la provincia italiana con il più alto livello di benessere complessivo, mentre Reggio Calabria chiude la graduatoria. Il riferimento iniziale serve solo a fissare il quadro: ciò che interessa, per un osservatorio economico, è capire quali dinamiche territoriali emergano e cosa la classifica riveli sulla struttura produttiva del Paese.

Trento prima per qualità della vita: la nuova mappa delle economie territoriali italiane

La presenza costante di province del Nord nei primi posti della graduatoria riflette un modello economico consolidato. Trento, Milano, Bologna, Brescia e Trieste guidano segmenti diversi per una ragione comune: dispongono di capitale umano qualificato, servizi moderni, infrastrutture adeguate e sistemi amministrativi capaci di attuare politiche pubbliche in tempi compatibili con le necessità delle imprese. Questi elementi rappresentano asset che generano competitività e attraggono investimenti. La qualità della vita, in questo senso, non è un indicatore “sociale”, ma un moltiplicatore economico: dove funziona la sanità, dove la mobilità è efficiente, dove il sistema formativo è solido, le imprese trovano condizioni favorevoli alla crescita.

Il ruolo dei poli metropolitani e delle economie diversificate
Milano, pur non in testa alla classifica generale, domina nei segmenti economici più sensibili: ricchezza, consumi, affari e lavoro. È la conferma della forza dei poli metropolitani, capaci di combinare servizi avanzati, alta produttività e attrattività internazionale. Brescia eccelle in ambiente e servizi perché beneficia della combinazione tra un’industria robusta e un’amministrazione locale che reinveste in infrastrutture e qualità urbana. Bologna mostra come un ecosistema di imprese innovative e una rete universitaria ramificata possano sostenere indicatori demografici e sanitari con impatto diretto sulla competitività. Trieste, leader nella cultura e nel tempo libero, dimostra come il settore della conoscenza, unito alla presenza di enti scientifici e centri internazionali, possa generare ricadute economiche misurabili.

Le criticità del Mezzogiorno: ostacoli strutturali che frenano lo sviluppo
La coda della classifica, occupata in larga maggioranza da province meridionali, non è il risultato di un arretramento recente, ma la fotografia di squilibri strutturali che la congiuntura economica ha amplificato. Il Mezzogiorno soffre un deficit multidimensionale: infrastrutture deboli, tempi amministrativi più lunghi, scarsa disponibilità di servizi essenziali, bassa partecipazione al lavoro delle donne e dei giovani, e una minore capacità di attrarre imprese esterne. Pur presentando vantaggi reali — costo della vita più basso, potenziale turistico elevato, patrimonio ambientale favorevole — queste province non riescono a trasformare tali asset in crescita stabile. Il divario non è quindi solo sociale o demografico, ma profondamente economico: territori meno competitivi generano meno investimenti, meno produttività e minor occupazione qualificata.

Il caso Siena e la variabile femminile: un indicatore economico, non solo sociale
Siena risulta al primo posto nella qualità della vita delle donne, parametro che include occupazione, istruzione, presenza nelle imprese e negli enti locali, gap retributivo e competenze. Questo dato indica una correlazione chiara: dove la partecipazione femminile al mercato del lavoro è elevata e la parità delle opportunità è più solida, l’economia locale risulta più dinamica e resiliente. La componente femminile non è un indicatore accessorio: è una variabile produttiva che incide sul Pil territoriale, sulla stabilità delle imprese e sulla qualità del capitale umano.

Una classifica che diventa una bussola per gli investimenti
L’analisi mette in luce un aspetto decisivo: la qualità della vita non è un indicatore di benessere isolato, ma un proxy della performance economica dei territori. Le province ai vertici sono quelle con maggiore attrattività per investimenti esterni, maggiore produttività e migliori condizioni per la crescita delle imprese. Quelle in coda sono territori dove la distanza tra potenziale e realtà continua a frenare lo sviluppo. Per investitori, amministratori e imprese, la classifica diventa una bussola: indica dove l’ecosistema economico è maturo, dove servono interventi correttivi e quali territori rischiano di rimanere fuori dalle grandi traiettorie di crescita del Paese. In altre parole, è la mappa non solo del benessere, ma della competizione territoriale italiana.

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