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Siria in stallo tra tregua e sangue: oltre mille morti a Sweida, si attende lo scambio di ostaggi

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Siria in stallo tra tregua e sangue: oltre mille morti a Sweida, si attende lo scambio di ostaggi

Mentre il sud della Siria continua a essere teatro di scontri armati e instabilità crescente, l’inviato speciale degli Stati Uniti ha annunciato che la tregua negoziata nelle scorse settimane è entrata ufficialmente in vigore. Il cessate il fuoco, frutto della mediazione congiunta tra USA, Russia e alcune potenze regionali, mira a porre fine agli scontri nella provincia di Sweida, dove si sono registrate violenze su vasta scala e un bilancio che supera i 1.100 morti. La tregua è considerata fragile ma necessaria per facilitare il prossimo passo del piano negoziale: lo scambio di ostaggi tra le parti in conflitto.

Siria in stallo tra tregua e sangue: oltre mille morti a Sweida, si attende lo scambio di ostaggi

La provincia meridionale di Sweida, storicamente a maggioranza drusa, è diventata il nuovo epicentro della crisi siriana. Negli ultimi mesi, milizie locali, gruppi jihadisti e truppe fedeli a Damasco si sono affrontati in uno scenario di violenze incontrollate. Secondo l’ONU, oltre 128.000 civili sono stati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni, dando vita a un nuovo flusso di profughi interni che aggrava ulteriormente l’emergenza umanitaria. I convogli di aiuti internazionali, partiti dalla Giordania e dal Libano, sono riusciti ad arrivare in alcune zone isolate, portando acqua, viveri e medicine, ma le condizioni restano critiche.


Lo scambio di ostaggi come primo test della tregua

Fonti diplomatiche a Ginevra confermano che uno dei primi effetti tangibili della tregua sarà lo scambio di prigionieri e ostaggi tra le forze governative e i gruppi armati presenti nella zona. Si tratterebbe di un segnale politico importante, in grado di consolidare il fragile cessate il fuoco. Secondo quanto riferito da fonti statunitensi, lo scambio dovrebbe avvenire entro pochi giorni e sarà monitorato da osservatori internazionali. L’inviato dell’Onu per la Siria, Geir Pedersen, ha definito questo passaggio “essenziale per costruire la fiducia tra le parti e aprire un nuovo capitolo di dialogo”.

La diplomazia si muove: Iran pronto ai colloqui sul nucleare

Parallelamente alla questione siriana, si riaccende la diplomazia internazionale su un altro fronte mediorientale. L’Iran ha annunciato per venerdì un nuovo ciclo di colloqui sul proprio programma nucleare, in un incontro previsto con rappresentanti di Francia, Germania e Regno Unito. L’appuntamento, che si terrà a Teheran, rappresenta un momento cruciale per comprendere se l’accordo sul nucleare iraniano, disattivato da anni, possa avere nuova vita. La comunità internazionale, preoccupata per l’eventualità di un’escalation atomica nella regione, guarda con attenzione a ogni apertura diplomatica della Repubblica Islamica.

Trump monitora da vicino, Washington rafforza la sorveglianza

Il presidente Donald Trump ha seguito gli sviluppi siriani con la massima attenzione, in costante contatto con il Dipartimento di Stato e il Pentagono. Secondo fonti della Casa Bianca, Washington intende mantenere alta la sorveglianza militare nell’area per evitare che la tregua venga violata. Trump ha sottolineato in un comunicato ufficiale che “la stabilità della Siria è essenziale per la sicurezza globale e la lotta al terrorismo internazionale”, ribadendo che ogni violazione della tregua sarà “oggetto di risposta decisa”. Gli Stati Uniti hanno anche stanziato un nuovo pacchetto di aiuti da 150 milioni di dollari per i rifugiati siriani.

Uno scenario instabile, tra guerra civile e logiche regionali

Nonostante la tregua, la Siria resta un Paese profondamente frammentato. I fronti di conflitto si moltiplicano: al nord, le milizie curde continuano a fronteggiare le forze turche; al centro, gruppi residuali dell’ISIS approfittano del vuoto di potere per compiere attentati e sequestri. Il regime di Assad, seppur ancora formalmente al potere, fatica a esercitare il controllo effettivo su gran parte del territorio nazionale. Le potenze regionali – Russia, Iran, Turchia – e internazionali – Stati Uniti e Unione Europea – cercano di orientare gli equilibri siriani secondo le rispettive agende geopolitiche, ma la pace resta lontana.

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