La sfiducia non basta più: il governo blinda Nordio e mostra i muscoli per la 17esima volta
- di: Redazione

La mozione di sfiducia presentata contro il ministro della Giustizia Carlo Nordio si è rivelata l’ennesimo colpo a vuoto per le opposizioni. Con 215 voti contrari, 113 favorevoli e 5 astenuti, la Camera ha respinto la richiesta di dimissioni avanzata da Movimento 5 Stelle e Partito Democratico. Ma questa volta, più che una semplice difesa d’ufficio, il voto si è trasformato nell’ennesima dimostrazione di forza di un governo che, a ogni sfiducia, sembra rafforzare la propria posizione. Giorgia Meloni, ancora una volta, ha mostrato che la sua maggioranza non solo tiene ma reagisce con compattezza, chiudendo ogni spiraglio a eventuali cedimenti interni.
La sfiducia non basta più: Meloni resiste, il governo blinda Nordio
Dall’inizio della legislatura, il governo ha già affrontato e superato 17 mozioni di sfiducia: nessun ministro è stato costretto alle dimissioni, nessuna crisi interna è esplosa, nessun cedimento è stato registrato tra le fila del centrodestra. Una resistenza che non ha precedenti nella storia recente della politica italiana, spesso segnata da governi tecnici, transizioni traballanti e maggioranze ballerine. Meloni guida un esecutivo che sembra impermeabile non solo agli attacchi dell’opposizione, ma anche alle onde mediatiche e ai dissensi occasionali nella società civile.
Il caso Almasri e il pretesto politico
La mozione contro Nordio prendeva le mosse dalla gestione del caso Almasri, ma era, nei fatti, una contestazione più ampia. Il Pd e il M5S hanno accusato il ministro di aver fallito nella tutela dei diritti fondamentali, di aver mantenuto un atteggiamento opaco nei confronti della magistratura e di aver mostrato scarsa sensibilità istituzionale. Ma il centrodestra ha chiuso i ranghi. Il caso, come altri in passato, è servito all’opposizione per accendere i riflettori, ma si è scontrato con un blocco parlamentare compatto e determinato a non offrire nemmeno un centimetro di cedimento.
Nordio non arretra: “Riforme avanti senza esitazioni”
Nel suo discorso alla Camera, il Guardasigilli ha difeso il proprio operato con toni netti, parlando di “attacchi strumentali” e “pressioni ideologiche”. Ha rilanciato il programma di riforme: separazione delle carriere, revisione delle intercettazioni, modernizzazione del CSM. Per Nordio, il sostegno ricevuto non è solo una garanzia di continuità, ma un mandato rinnovato a proseguire senza tentennamenti. “Non ci fermeremo davanti al rumore della polemica – ha detto – il Paese ha bisogno di una giustizia giusta, non di battaglie politiche”.
Una Meloni in assetto da guerra politica permanente
Il dato politico più rilevante non riguarda Nordio, ma la figura della presidente del Consiglio. Giorgia Meloni ha scelto di affrontare ogni mozione di sfiducia come un banco di prova personale. Il suo controllo sulla maggioranza è totale: nessuna fronda, nessuna diserzione, nessuna ambiguità. Il segnale è chiaro: il governo non è in discussione, e chi prova a minarne la tenuta deve fare i conti con un blocco politico saldamente in sella. Meloni ha costruito un metodo – governare sotto pressione e restare intatta – e finora le ha dato ragione.
Una sfiducia che si svuota di senso
Il rituale della mozione parlamentare, concepito per controllare e riequilibrare, rischia di diventare, in questo contesto, uno strumento inefficace. Se ogni attacco si trasforma in un boomerang per chi lo lancia, l’opposizione è chiamata a interrogarsi su nuove modalità di azione. Per ora, la sfiducia non basta più. E ogni tentativo sembra rinsaldare non solo la figura di Meloni, ma l’architettura intera del suo esecutivo. In un’Italia politicamente instabile, il governo attuale continua a presentarsi come un corpo granitico, impermeabile agli urti, pronto a governare il tempo lungo.