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Scontro in alta finanza: Nagel e Caltagirone al calor bianco

- di: Bruno Coletta
 
Scontro in alta finanza: Nagel e Caltagirone al calor bianco

Tra accuse incrociate e conti alla mano, si infiamma la battaglia per Mediobanca. Intanto Mps, Delfin e Generali ridisegnano la mappa del potere finanziario italiano.

(Foto: Francesco Gaetano Caltagirone).

I protagonisti non si parlano più

È guerra aperta tra i vertici dell’alta finanza italiana. Da una parte Alberto Nagel, storico amministratore delegato di Mediobanca, dall’altra Francesco Gaetano Caltagirone, imprenditore e azionista di peso in una partita sempre più politica oltre che industriale. Al centro dello scontro, le accuse di “falsità” che il gruppo romano ha rivolto al banchiere dopo una serie di dichiarazioni esplosive, rese da Nagel il 14 luglio 2025 durante la presentazione dei conti di Piazzetta Cuccia. Dichiarazioni che hanno gettato nuova benzina sul risiko bancario in corso tra Mps, Mediobanca e Generali, in un intreccio di operazioni finanziarie e manovre di potere destinato a segnare un passaggio epocale nel capitalismo italiano.

Le accuse di Nagel accendono la miccia

Nagel ha evocato “anomalie” nel comportamento di alcuni soci rilevanti — e il riferimento era tutt’altro che velato — nei mesi che hanno preceduto l’assemblea straordinaria di Mps del 17 aprile. Secondo Nagel, il gruppo Caltagirone avrebbe effettuato “acquisti significativi” del titolo Montepaschi tra fine 2024 e inizio 2025, portando la sua partecipazione a ridosso del 10% proprio alla vigilia dell’assemblea.

Ma l’altra freccia scoccata da Nagel è ancora più tagliente: avrebbe definito “un’anomalia” la coincidenza tra i premi offerti dalle diverse cordate — Caltagirone, Delfin, Banco Bpm e Anima — nell’operazione di Accelerated Book Building (ABB) dello scorso 13 novembre, in cui fu collocato il 15% del capitale di Mps detenuto dal Tesoro. Un’operazione che, secondo Piazzetta Cuccia, ha avuto tratti perlomeno discutibili sul piano della trasparenza.

La risposta di Caltagirone è durissima

La replica del gruppo Caltagirone non si è fatta attendere. L’imprenditore romano, attraverso due note molto circostanziate, ha accusato Nagel di aver pronunciato “due oggettive falsità”. Primo punto: Caltagirone nega categoricamente di aver effettuato acquisti significativi di azioni Mps in prossimità dell’assemblea di aprile. Al contrario, sostiene che già due mesi prima — ovvero a metà febbraio — la sua partecipazione era salita al 9%.

Secondo punto: è “falso” che il gruppo abbia presentato la stessa offerta degli altri soggetti coinvolti nell’ABB. Caltagirone afferma infatti che il prezzo da lui offerto era superiore rispetto a quello di aggiudicazione, a dimostrazione che non vi fu alcuna intesa né comportamento coordinato.

Mediobanca non fa marcia indietro

Nel tardo pomeriggio dello stesso giorno, Mediobanca ha risposto con una nuova nota ufficiale, rivendicando la piena aderenza al vero delle dichiarazioni di Nagel. Secondo la banca, il rafforzamento della partecipazione del gruppo Caltagirone è documentato: dal 5% di dicembre 2024, all’8% di febbraio, fino al 9,96% con cui il gruppo ha votato nell’assemblea di aprile.

Inoltre, Mediobanca ha sottolineato come nel frattempo siano entrati nel capitale anche Enpam ed Enasarco, rispettivamente con il 2% e l’1,8%. Sulla questione dell’ABB, Piazzetta Cuccia ha preso invece le distanze, precisando che Nagel “non ha mai effettuato alcun commento” sul prezzo dell’operazione.

In gioco c’è il controllo di Generali

La battaglia tra Nagel e Caltagirone è solo la superficie di una guerra ben più ampia: il controllo dell’asse Mediobanca–Generali. L’offerta pubblica di scambio lanciata da Mps per conquistare Piazzetta Cuccia — formalizzata lo scorso 8 luglio — rappresenta la mossa più audace del piano targato Delfin-Caltagirone, che mira a ridisegnare l’intera architettura finanziaria del Paese.

L’offerta prevede il trasferimento di 2,533 azioni Mps per ogni azione Mediobanca, con una valorizzazione che l’istituto guidato da Nagel ha già definito “sottostimata del 32%” rispetto al fair value.

Un risiko che coinvolge anche la politica

Non si tratta solo di finanza. Il risiko che si sta giocando attorno a Mps, Mediobanca e Generali ha forti implicazioni politiche. Il governo Meloni, tramite il Mef, ha già effettuato una prima importante mossa con la cessione del 15% del capitale Mps lo scorso novembre. E ora osserva con attenzione lo scontro in atto, consapevole che l’esito della battaglia potrebbe avere riflessi sull’intero sistema bancario nazionale.

Il ruolo di Lovaglio, ad di Mps, si fa sempre più centrale: è lui ad aver dichiarato che una volta chiusa l’OPS — prevista per l’8 settembre — l’attuale ad di Mediobanca verrà sostituito.

La procura di Milano osserva e indaga

Nel frattempo, c’è un altro attore che osserva con attenzione quanto sta accadendo: la Procura di Milano. In seguito a un esposto presentato da Mediobanca, sono partite delle verifiche sull’operazione di novembre, con l’ipotesi che ci possano essere state anomalie nella gestione del collocamento da parte del Mef. Non ci sono ancora contestazioni ufficiali, ma il semplice fatto che si indaghi aggiunge un ulteriore elemento di tensione a una vicenda già rovente.

Le mosse future degli azionisti

Sul fronte delle partecipazioni, la geografia degli azionisti di Mediobanca si sta modificando: Lucchini e Gavio hanno iniziato a ridurre le loro quote all’interno del Patto di consultazione. Delfin e Caltagirone, da parte loro, continuano a rafforzarsi, determinati a portare avanti una nuova visione industriale per Mediobanca. Visione che guarda meno al wealth management e più a un ruolo da protagonista nel consolidamento bancario italiano, con Generali come asset strategico nel perimetro.

Il contesto internazionale pesa

Nagel, nel frattempo, continua il suo tour tra gli investitori esteri. Dopo Londra, volerà a Parigi e Francoforte per spiegare le ragioni della difesa di Mediobanca, chiedendo agli investitori di non aderire all’offerta di Mps. Un tour che ricorda le grandi campagne difensive delle public company anglosassoni, e che mostra quanto la battaglia in corso non sia soltanto italiana, ma abbia riflessi anche nei mercati finanziari internazionali.

Cosa c’è in ballo

La guerra di parole tra Caltagirone e Nagel è solo un frammento della lotta per il controllo di uno degli snodi strategici della finanza europea. In ballo non ci sono solo azioni e dividendi, ma la visione stessa del capitalismo italiano: tra una finanza più indipendente, come quella disegnata da Nagel, e una finanza “di sistema”, come quella che Delfin, Mps e Caltagirone sembrano voler costruire. La posta è altissima. Una cosa è certa: non siamo davanti a un semplice scontro tra due stili manageriali. Questa è una vera guerra per il potere.

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