Save the Children: 336mila casi di lavoro minorile in Italia

- di: Barbara Bizzarri
 
Una piaga globale che non risparmia nemmeno l’Italia: da un'indagine di Save the Children, emerge che nel nostro Paese 336 mila minorenni tra i 7 e i 15 anni abbiano avuto esperienze di lavoro, continuative, saltuarie o occasionali, il 6,8% della popolazione di quell’età, quasi 1 minore su 15. Tra i 14/15enni che dichiarano di svolgere o aver svolto un’attività lavorativa, un gruppo consistente (27,8%) ha svolto lavori particolarmente dannosi per i percorsi educativi e per il benessere psicofisico, perché avvenuti in maniera continuativa durante il periodo scolastico, oppure in orari notturni o, ancora, perché percepiti dagli stessi intervistati come pericolosi: dalle stime effettuate si tratta di circa 58mila adolescenti. La ricerca "Non è un gioco" certifica come sono ancora molti i ragazzi e ragazze coinvolti in attività lavorative prima dell'età consentita per legge (16 anni). Tra i 14-15enni, 1 su 5 lavora o ha lavorato e, tra questi ultimi, più di uno su 10 ha iniziato a lavorare a 11 anni o prima. Tra i ragazzi del circuito della giustizia minorile l’incidenza è ancora più alta: più di un intervistato su 3 lavorava prima dell’età consentita.

Save the Children: 336mila casi di lavoro minorile in Italia

Inoltre, secondo uno studio di Save the Children e Associazione Bruno Trentin, nel 2013 i minorenni tra i 7 e i 15 anni che avevano provato un lavoro prima dei 16 anni erano il 7% della popolazione di riferimento: circa 340mila; una seconda ricerca del 2014 in collaborazione con il Dipartimento della Giustizia Minorile e di Comunità riportava come il 66% degli adolescenti inseriti nel Circuito Penale aveva svolto già lavori.

"Il fenomeno rimane per lo più sommerso in assenza di rilevazioni statistiche ufficiali e investe in particolar modo nei settori della ristorazione, del commercio, i lavori agricoli e in cantiere - commenta Save The Children - Un circolo vizioso di povertà ed esclusione".

Pai dati desunti dal rapporto, le categorie più coinvolte nell’ambito del lavoro minorile sono la ristorazione (25,9%) e la vendita al dettaglio nei negozi e nelle attività commerciali (16,2%), seguiti dalle attività in campagna (9,1%), in cantiere (7,8%), dalle attività di cura di fratelli, sorelle o parenti (7,3%). Emergono, tuttavia, anche nuove forme di lavoro online (5,7%), come la realizzazione di contenuti per social e/o videogiochi, il reselling di sneakers, smartphone e pods per sigarette elettroniche. "Nel periodo in cui lavorano, più della metà degli intervistati lo fa tutti i giorni o qualche volta a settimana e circa 1 su 2 lavora più di 4 ore al giorno". 

Dall’indagine è anche emerso che tra i 14-15enni intervistati che lavorano o hanno lavorato durante l’anno precedente quasi 1 su 3 (29,9%) lo fa durante i giorni di scuola, e tra questi il 4,9% salta le lezioni per lavorare. Inoltre, dai dati è stato rilevato che la percentuale di minori bocciata durante la scuola secondaria di I o di II grado è quasi doppia tra chi ha lavorato prima dei 16 anni rispetto a chi non ha mai lavorato, e più che doppia la percentuale di minori con esperienze lavorative prima dell’età legale consentita che hanno interrotto temporaneamente la scuola secondaria di I o II grado, rispetto ai pari senza esperienze lavorative. Circa due terzi dei minorenni inoltre, che hanno sperimentato forme di lavoro sono di genere maschile (65,4%) e il 5,7% ha un background migratorio. Tra i motivi che li spingono a intraprendere percorsi di lavoro ci sono l’avere soldi per sé (56,3%), la necessità o volontà di offrire un aiuto materiale ai genitori (32,6%): non trascurabile è la quota (38,5%) di chi afferma di lavorare per il piacere di farlo. Il livello di istruzione dei genitori, in particolare della madre, è significativamente associato al lavoro minorile. La percentuale di genitori senza alcun titolo di studio o con la licenza elementare o media è significativamente più alta tra gli adolescenti che hanno avuto esperienze di lavoro, un dato che evidenzia, purtroppo, la trasmissione intergenerazionale della povertà e dell’esclusione. Nell'indagine risulta anche un forte legame tra esperienze lavorative precoci e il coinvolgimento nel penale: quasi il 40% dei minori presi in carico dai Servizi della Giustizia Minorile ha affermato di aver svolto lavori prima dell'età legale consentita.

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