Dopo venti giorni dietro le sbarre del carcere parigino di La Santé, Nicolas Sarkozy torna libero. La Corte d’appello di Parigi ha accolto la richiesta di libertà vigilata presentata dai suoi avvocati, ponendo fine alla prima detenzione effettiva di un ex capo di Stato dell’Unione Europea. La decisione è arrivata nel primo pomeriggio, consentendo a Sarkozy di lasciare già oggi l’istituto penitenziario dove era rinchiuso dal 21 ottobre scorso, in seguito alla condanna a cinque anni di reclusione per il caso dei presunti fondi libici alla campagna presidenziale del 2007.
Concessa la libertà vigilata a Sarkozy: “Il carcere è un incubo”
La procura stessa, pur sottolineando la “gravità eccezionale dei fatti”, aveva chiesto la scarcerazione con l’applicazione di un rigido controllo giudiziario, che vieta all’ex presidente di avere contatti con altri imputati e testimoni della vicenda. Il tribunale ha accolto la linea, escludendo la necessità di una detenzione preventiva: secondo l’articolo 144 del codice di procedura penale, questa è giustificata solo se c’è rischio di inquinamento delle prove, manipolazione dei testimoni o pericolo di fuga.
“Un incubo che non dimenticherò”
Durante l’udienza, Sarkozy è apparso teso ma lucido. Ha parlato in videoconferenza, con parole misurate ma intrise di amarezza. “Non ho mai avuto l’idea folle di chiedere al signor Gheddafi qualsiasi finanziamento. Mai riconoscerò qualcosa che non ho commesso”, ha dichiarato. Poi ha aggiunto: “Non avrei potuto immaginare di raggiungere i 70 anni per conoscere il carcere. È stata una prova dura, molto dura. È estenuante. Un incubo.”
L’ex presidente ha voluto ringraziare il personale penitenziario della Santé: “Hanno dimostrato un’umanità eccezionale e hanno reso sopportabile questo incubo”.
Le sue parole, pronunciate con la voce incrinata, hanno segnato uno dei momenti più intensi di un caso che, in Francia, continua a dividere opinione pubblica e classe politica.
Un simbolo politico e giudiziario
Sarkozy, che ha guidato l’Eliseo dal 2007 al 2012, è accusato di aver ricevuto finanziamenti dal regime di Muammar Gheddafi per la sua campagna elettorale. A settembre, un tribunale di primo grado lo ha condannato, definendo la sentenza “esemplare” per l’“eccezionale gravità” dei reati. Ma con il ricorso in appello, l’ex presidente è tornato tecnicamente presunto innocente, aprendo la strada a un riesame completo del procedimento.
Il suo arresto aveva provocato un terremoto politico in Francia. Immagini di Sarkozy che varcava i cancelli della prigione erano finite sulle prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo. Per i suoi sostenitori, era la prova di un accanimento giudiziario; per i suoi detrattori, il segno che nessuno – nemmeno un ex capo di Stato – è al di sopra della legge.
Il ritorno di un protagonista
Ora Sarkozy, libero ma sotto stretta sorveglianza giudiziaria, potrà tornare nella sua residenza di Parigi, dove resterà monitorato con braccialetto elettronico.
La libertà vigilata non è un’assoluzione, ma un sollievo temporaneo. Tuttavia, la decisione della Corte d’appello ridà ossigeno a un uomo che da anni tenta di difendere la propria eredità politica.
“Voglio che ci si convinca di una cosa,” ha ripetuto davanti ai giudici, “non mi arrenderò finché non verrà ristabilita la verità.”
Nel frattempo, il processo d’appello si annuncia lungo e complesso, con nuove audizioni e l’esame di centinaia di documenti e testimonianze raccolte in più di un decennio di indagini.
La Francia che osserva
La vicenda Sarkozy resta uno spartiacque nella storia politica francese. Per la prima volta, la giustizia ha imposto a un ex presidente una vera detenzione. Ma la sua liberazione, oggi, rilancia il dibattito sul rapporto tra potere, responsabilità e giustizia in una democrazia occidentale.
Un equilibrio fragile, che la Francia continua a misurare ogni volta che un processo tocca il cuore delle sue istituzioni.
Per Nicolas Sarkozy, l’incubo del carcere finisce oggi. Ma quello giudiziario è tutt’altro che chiuso.