È cominciata questa mattina, nella corte d’appello della capitale francese, l’udienza decisiva per la richiesta di libertà di Nicolas Sarkozy, l’ex presidente della Repubblica francese detenuto dal 21 ottobre scorso. L’ex capo dello Stato è collegato in videoconferenza dal carcere, dove si trova in seguito alla “esecuzione provvisoria” della condanna a cinque anni per la vicenda dei fondi libici, una delle pagine giudiziarie più controverse della storia politica recente di Francia.
Sarkozy davanti ai giudici: cominciata l’udienza
In un’aula gremita e sotto alta attenzione mediatica, il magistrato relatore ha ricostruito i passaggi centrali del caso: la condanna per corruzione e finanziamento illegale della campagna elettorale del 2007, e la decisione, adottata nel mese di ottobre, di applicare immediatamente la misura detentiva “in considerazione della gravità dei reati contestati”.
Sarkozy, collegato in remoto, ha ascoltato senza interrompere, annuendo più volte mentre il giudice riepilogava le motivazioni. Al suo fianco, visibilmente concentrato, l’avvocato Jean-Michel Darrois, uno dei legali che guidano la difesa dell’ex presidente.
L’udienza proseguirà con la discussione delle argomentazioni dei difensori, che puntano a ottenere la liberazione immediata o, in subordine, la conversione della detenzione in arresti domiciliari.
Il contesto politico e giudiziario
L’arresto di Sarkozy, ex leader della destra gollista e presidente dal 2007 al 2012, ha scosso profondamente l’opinione pubblica francese. È la prima volta nella storia della Quinta Repubblica che un ex capo dello Stato sconta una pena detentiva effettiva, non sospesa.
La vicenda ruota attorno alle presunte tangenti provenienti dal regime di Muammar Gheddafi, che avrebbero finanziato la campagna elettorale del 2007. L’ex presidente ha sempre respinto le accuse, parlando di persecuzione politica e denunciando un uso “strumentale” della giustizia.
La decisione di eseguire la pena in via provvisoria, prima dell’esito definitivo dei ricorsi, è stata letta da molti come una scelta di fermezza della magistratura francese, ma anche come segnale di una tensione crescente tra potere politico e potere giudiziario.
Un Paese diviso
Fuori dal tribunale, alcuni sostenitori dell’ex presidente hanno espresso solidarietà, parlando di “giustizia a due velocità”. Dall’altra parte, non sono mancati i commenti di chi vede in questa vicenda la prova della solidità dello Stato di diritto francese, dove nessuno – neppure un ex capo di Stato – è al di sopra della legge.
La Francia assiste così a una scena senza precedenti: un ex presidente in collegamento video da una cella, intento ad ascoltare il proprio destino giudiziario, mentre il Paese si interroga sui confini del potere e sulla fragilità delle istituzioni.
Le prossime mosse
La decisione della corte d’appello è attesa nei prossimi giorni. In caso di esito negativo, la difesa ha già annunciato di voler presentare ricorso alla Corte di Cassazione, e, se necessario, alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Per Sarkozy, 70 anni, questa è solo una delle vicende giudiziarie aperte. Restano infatti pendenti altri procedimenti, tra cui quello relativo al caso “Bygmalion” sui falsi rimborsi della campagna del 2012.
Ma l’udienza di oggi ha un significato che va oltre il caso personale: è un test per la credibilità della giustizia francese, che deve bilanciare il principio di uguaglianza davanti alla legge con il rispetto delle garanzie individuali.
Mentre il giudice conclude la ricostruzione dei fatti, l’ex presidente mantiene la compostezza che l’ha sempre contraddistinto nei momenti di crisi. Nessuna parola di sfida, solo un gesto, piccolo ma eloquente: un cenno del capo, come a dire che la battaglia, anche stavolta, non è finita.