Cronache dai Palazzi - Salvini come Paolo (quello di Francesca): "Galeotto fu il chiodo e chi lo infisse"

- di: Redazione
 
Per chi guarda con occhio perennemente assolutorio quel che fa il segretario leghista, la bufera che, dopo la devastante paralisi della stazione di Termini (con ripercussioni in tutto il Paese), si è scatenata addosso a Matteo Salvini, è semplicemente ingenerosa. Anche se lui, da ministro dei Trasporti, ha in capo alle sue competenze anche la rete ferroviaria nazionale.
Quasi che, dicono i suoi difensori ad oltranza, lui abbia colpe dirette per il fatto che un improvvido intervento materiale su una cabina, causato da un chiodo (costo unitario: 0,000000001 euro), abbia provocato l'iradiddio che si è abbattuto su decine e decine di migliaia di passeggeri, soprattutto pendolari, ma anche sbalorditi turisti, uniti dalla rabbia soprattutto perché nessuno li informava di quanto stava accadendo.
Un operaio infila un chiodo nel punto sbagliato e Salvini ne è colpevole?

Salvini come Paolo (quello di Francesca): "Galeotto fu il chiodo e chi lo infisse"

Non scherziamo, dicono i suoi sostenitori, anche se il ministro sta cercando disperatamente di accreditarsi come spettatore - seppure interessato - dell'accaduto e non certo responsabile, addebitando ad altri le colpe. Ma in questo modo dimentica uno dei cardini del contratto che, da elettori, stipuliamo con chi chiamiamo a rappresentarci: la responsabilità politica. È invece vero che, sin da quando ha preso possesso del Ministero ed ha cominciato a tessere la sua rete di relazioni e contatti, Salvini ha mostrato più interesse ad apparire, in qualsiasi occasione o evento gli sembrasse utile, che non ha fare quel per il quale ha giurato davanti al presidente Mattarella: vegliare, cercando di migliorarla, sulla rete delle comunicazioni in Italia.

Così non è stato, almeno agli occhi di chi - e sono tantissimi - assiste ai suoi interventi, ai tagli del nastro in innumerevoli inaugurazioni, ai suoi pistolotti (con la gestualità che scandisce i numeri del suo disquisire), vedendolo distante dagli obblighi di istituto. Per che lui, come ama dire e ripetere, comportano "oneri e onori".
Comunque nessuno gli perdona l'ossessivo ricorso a video, post, "like" che sembrano scandire, con la monotonia del pendolo di un orologio, ogni istante della sua vita.

Anche quando, magari, un pizzico di senso pratico consiglierebbe il contrario. Come è sembrato a tutti - ad eccezione della stretta cerchia leghista che ne incensa ogni mossa - il fatto che abbia voluto celebrare i suoi nonni, e quelli di tutti, mentre i passeggeri sequestrati a Termini e in mezza Italia sacramentavano, dando fondo ad ogni recondita conoscenza dei santi del calendario.
Benedetto uomo: se sei arrivato lì, a governare, a fare e disfare, possibile che tu non riesca a tenere a bada la tua irrefrenabile voglia di essere sempre al centro del palcoscenico, la tua bulimia di apparire, anche a rischio di figuracce?

No, non crediamo che ne sia consapevole, fermo restando che ha alle spalle una macchina di comunicazione che, piuttosto che fermarlo, lo spinge a parlare e a postare, oggi domani e sempre.
Eppure quell'innocente peana ai suoi nonni, tutti e quattro ritratti in una foto quasi adoranti davanti a quel bimbo che si sarebbe fatto Salvini, gli ha causato un danno enorme, perché è stato coperto di insulti e improperi. Tutto colpa di un chiodo: se non fosse stato infisso dove ha fatto un danno enorme, quel melenso appello a celebrare i nonni sarebbe passato inosservato.
Ma, quando il destino si mette di traverso, c'è poco da fare.

E lui, come il Paolo ricordato da Dante, potrebbe maledire quel chiodo: "Galeotto lui e chi lo infisse". Anche perché, la storia della politica lo insegna, quando sei in difficoltà i primi da chi ti devi guardare sono gli alleati, che non sono sempre (diremmo mai) amici.
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