Craxi: ricordarlo per quel che fece in politica, non solo per la pioggia di monetine
- di: Redazione
Ventiquattro anno fa moriva, ad Hammamet (in esilio? da latitante? poco importa) Bettino Craxi.
E qualcuno, giustamente, leggendo queste parole, potrebbe eccepire: e allora?
Allora nulla, perché 24 anni , non 25 o 20, non sono una ricorrenza canonica, non rientrando in quelle tipiche delle celebrazioni o, genericamente, del ricordo.
Ma forse questa ricorrenza a qualche considerazione deve indurre, tenendo conto di quello che è la politica e di come essa, troppo spesso, si giochi in campi di battaglia che poco o addirittura nulla hanno a che spartire con il vivere civile.
La parabola di Bettino Craxi è stata, semmai possa essere definita così, divisiva poiché la sua personalità era riuscita a spaccare in due il Paese, tra chi ne apprezzava la statura politica e il carattere decisionista e poco incline al compromesso e chi, invece, guardava lui con timore o addirittura disprezzo per quello che per molti era ''l'uomo forte e solo al comando''.
Craxi: ricordarlo per quel che fece in politica, non solo per la pioggia di monetine
Ma questo poco sposta sul giudizio politico dell'uomo che, al netto dei difetti (che c'erano, anche ingombranti), è stato un gigante della politica, conquistando la scena in Italia e sullo scenario internazionale.
Questo nonostante il fatto che gli avversari di Craxi, dentro e fuori il Partito socialista, fossero sempre pronti ad attaccarlo. Anche quando risollevò il prestigio internazionale dell'Italia, rivendicandone (vedi Sigonella) la piena indipendenza nelle decisioni di politica estera. Ma nonostante questo, nonostante le tante leggi ed iniziative oggettivamente positive, di Bettino Craxi oggi, anche colpevolmente, si ricorda l'ultima fase della sua parabola, politica e umana, quasi che un giudizio debba basarsi solo sugli atti finali.
''Mani pulite'', l'inchiesta portata avanti dalla Procura della repubblica di Milano, ha avuto il merito giudiziario di avere portato allo scoperto un sistema di finanziamento illecito dei partiti (così come di arricchimento di singoli esponenti della politica, in uno scambio di favori e piaceri con il mondo dell'economia e della finanza) , ma ha raggiunto il suo obiettivo perseguendolo con ferocia e, soprattutto, con la spettacolarizzazione delle indagini.
Con il risultato che la notizia di ogni arresto, sequestro, semplice atto diventò un avviso agli altri, una forma di deterrenza nei confronti della complicità, della reticenza, dell'omertà, anche per chi non aveva molto da dire o rivelare. Un teorema (gli arresti convinceranno chi è ancora libero e ha colpe) che ha dato innegabili risultati, anche a prezzo di calpestare la dignità degli indagati, alcuni dei quali preferirono uscire di scena drammaticamente, uccidendosi.
L'unico a tenere testa alla procura di Milano fu Bettino Craxi che, a differenza di altri esponenti politici, decise di rintuzzare le accuse, sia pure tra evidenti difficoltà nell'approntare sempre più arretrate linee di difesa.
Ma, rivendicando la centralità della politica, l'allora segretario del Psi scelse di difendersi non in un'aula di giustizia, ma nella culla della politica, in parlamento, dove, intervenendo in aula, puntò il dito contro l'ipocrisia che impediva agli altri di ammettere una evidenza: che tutti i partiti erano colpiti dagli schizzi dei rapporti tossici con l'imprenditoria.
Un discorso con il quale, facendo cadere la benda che il Paese aveva sugli occhi, disse quel che tutti negavano e si negavano. E lo disse sapendo stare per imboccare volontariamente la via del declino, una cosa che, ai tempi di oggi, sarebbe impensabile.
L'epilogo della sua vita politica non è stata la Tunisia, la villa di Hammamet, dove trascorse gli ultimi anni piegato, più che dalla malattia, dal dolore che il suo mandato di uomo pubblico e di governo fosse visto, dai suoi nemici, solo come un mezzo per arraffare per sé stesso tangenti o mazzette.
Le camminate sulla spiaggia della cittadina tunisina, le visite di tanti compagni di partito, nulla riuscirono a cancellare della sua perenne ricerca di riconoscimento di quello che aveva fatto per il Paese.
Oggi di Craxi, quando sono passati 24 anni dalla morte e 30 dalla sua uscita dalla politica, si ricordano in pochi: chi lo conobbe, chi ne fu avversario, chi ancora oggi lo rimpiange (anche se la giustizia, in tutti i gradi di giudizio, ha ritenuto i suoi comportamenti meritevoli di una condanna).
Nulla di quel che fece di positivo oggi viene celebrato, se non da chi lo amò e lo apprezzò, per quel che era e non dando credito a quel che dicevano di lui magistrati ed avversari, che si basavano su evidenze che lui comunque respingeva.
Tutti ricordano invece quando la democrazia italiana toccò uno dei punti più bassi, con la gragnuola di monetine che lo accolsero all'uscita dell'hotel che aveva eletto a sua casa romana, come fosse il peggiore dei grassatori, un brigante di strada, magari quel Ghino di Tacco il cui nome aveva preso in prestito per firmare i suoi sulfurei commenti politici su L'Avanti.