Cronache dai Palazzi: elezioni in Abruzzo dimenticate, ormai si parla solo di dossier

- di: Redazione
 
Tra qualche ora gli abruzzesi andranno alle urne per scegliere colui che sarà presidente della loro Regione per il prossimo mandato. Ma, dall'evidenza che questo evento ''ha/non ha'' sui media nazionali, si capisce che alla nostra classe politica interessa ben altro, impegnata com'è a sfruttare ogni infinitesimale occasione per utilizzare, pro domo sua, la vicenda delle intrusioni nelle banche dati riservate.
Una storiaccia, questa che ha al centro le spericolate azioni di un luogotenente delle Fiamme Gialle che, per fini non ancora chiariti (e che quindi si prestano a molte speculazioni), cercava notizie sulle finanze di questo o quell'altro personaggio della politica - con una predilezione per quelli del centro-destra di governo -, così come dell'economia, dello sport, dello spettacolo.

Cronache dai Palazzi: elezioni in Abruzzo dimenticate, ormai si parla solo di dossier

Il procuratore nazionale antimafia Melillo e quello di Perugia, Cantone (che si occupa della vicenda riguardando essa anche magistrati che operano a Roma), hanno delineato una situazione che anche solo definire sconcertante è riduttivo, poiché le incursioni del luogotenente Striano nelle banche dati telematiche sono state talmente tante che il loro numero sembra aggiornarsi giorno dopo giorno.
Lo stesso Cantone è sembrato quasi essere sconvolto dalle dimensioni dell'affaire, che non sono paradossalmente solo quelle delle interrogazioni (si chiamano tecnicamente così gli accessi) che il luogotenente Striano ha fatto, sia dai computer della Guardia di Finanza che della Direzione nazionale antimafia.
Nel giro di quattro anni (2019-2022), ha dato una ''occhiata'' a oltre quattromila posizioni, occupandosi delle faccende private di oltre 1500 persone fisiche e di una ottantina di società, facendo delle scorribande anche nella banca dati dell'Agenzia delle Entrate e della polizia.

Numeri enormi, che però appaiono residuali rispetto a quello dei files che si trovavano nella banca dati della Direzione nazionale antimafia e che sono finiti nella mani di Striano.
Ma con un enorme, quanto inquietante interrogativo: perché?
E, ancora, dove sono finiti? Nelle mani di chi si trovano ancora oggi?
E' su questo che, da giorni, che si concentra la politica, e a buona ragione perché, seppure non appare in pericolo la democrazia, come pure qualcuno sta strumentalmente sostenendo, forse per distrarre l'attenzione sui problemi di casa sua, quanto accaduto è gravissimo, mettendo in dubbio l'intero sistema della sicurezza nazionale che, oggettivamente, se è stata violata da un singolo soggetto (seppure con altri, in posizione defilata rispetto a quella che lui ha avuto operativamente) , è evidentemente troppo permeabile.

Se a introdursi in banche dati riservate è stato un semplice luogotenente (con il massimo rispetto per il grado), cosa possono fare gli hacker russi che di incursioni vivono e grazie ad esse si arricchiscono?
Eppure i nostri politici, prima di mettersi subito a discutere di come migliorare le nostre difese, si azzannano per rivendicare il ruolo di oggetto di indagini illeciti, facendosene una medaglia.
Pur riconoscendo la gravità di quanto accaduto, prima di strumentalizzare questa vicenda si dovrebbero avere idee più chiare.
Tutto ruota intorno all'interrogativo che sta alla base degli umani comportamenti: a chi giova? Il ''cui prodest scelus'' di cui tutti dovremmo avere memoria nel momento in cui leggiamo, sentiamo, vediamo?
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