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Rai: toccherà a Giampaolo Rossi l'impresa di farne il motore della cultura e dell'informazione

- di: Redazione
 
Rai: toccherà a Giampaolo Rossi l'impresa di farne il motore della cultura e dell'informazione
Cos'é più difficile, svuotare l'oceano con un cucchiaino o raddrizzare le sorti del ''carrozzone Rai''?
La prima risposta è quella cui la maggioranza degli italiani darebbero la sua preferenza, perché cercare di mettere le mani nella Rai, con la consapevolezza di cosa essa sia diventata, è certo una impresa che ben pochi affronterebbero coltivando la speranza di riuscirvi.
Uno di questi è certamente Giampaolo Rossi, l'uomo che, metaforicamente, sussurra a Giorgia Meloni quando si tratta di informazione pubblica, ma, soprattutto, dell'industria che su di essa è nata e cresciuta, purtroppo all'ombra della politica.

Rai: toccherà a Giampaolo Rossi l'impresa di farne il motore della cultura e dell'informazione

La Rai è una macchina che produce cultura, ma che macina anche soldi, risorse inestinguibili, dal momento che a pagare è lo Stato, quindi noi tutti, con la gabella del canone.
Tre reti, redazioni in ciascuna delle Regioni e in molte capitali estere, centinaia (no, migliaia) di giornalisti e, accanto e dietro loro, un esercito di collaboratori, registi, programmisti e tutti coloro che contribuiscono al confezionamento del prodotto, sia esso di informazione, che di svago, che di cultura. Con un bilancio enorme e migliaia di dipendenti, la Rai è una piccola Repubblica, con il suo presidente, i suoi ministri, il suo popolo.
Ma negli anni la Rai è diventata soprattutto un centro di potere immenso, capace di fare le fortune di chi è ha saputo salire sul carro del vincitore. Un carro quasi sempre con la guida a sinistra, come le auto di casa nostra.
Davanti al dilemma di come intervenire, il vincitore delle elezioni, Fratelli d'Italia, e la sua leader dovranno fare delle scelte perché, come sembrano essere d'accordo tutti, la Rai ha bisogno di essere non riformata, con un approssimativo maquillage, ma letteralmente rifondata.

E tutto lascia pensare che ad occuparsene sia proprio Rossi, uomo dal curriculum impressionante quanto impeccabile, ma - posto che anche solo questo potrebbe bastare - soprattutto con una conoscenza dell'azienda che altri non hanno. Quindi, oggettivamente, qualcuno che sa già dove e come mettere le mani, per interrompere, anzi spezzare il circuito perverso che ha reso la politica padrona della Rai e non invece la gente, quella che si mette davanti alla televisione per conoscere la verità, non quella di comodo per qualcuno.

Giampaolo Rossi, a differenza di altri che pure sono stati ai vertici della Rai (da presidente o da direttore generale), può non solo vantare un background professionale impeccabile, quanto è tra i pochi che, da componente del consiglio d'amministrazione, nell'azienda ha fatto delle battaglie, anche importanti, per cercare di restituirla all'obiettivo per cui è nata: essere per la gente, tra la gente; essere al suo servizio e non cercare di condizionarne il giudizio.
Fino ad oggi non è stato così e il principio della ''spartizione'' (per il quale, in base ad un codice che poco aveva da invidiare al Cencelli, quasi tutti i partiti, di maggioranza o opposizione, potevano fare assumere giornalisti di area) ha spesso penalizzato l'informazione radiotelevisiva, al quale si arrivava per capacità (pochissimi) o per appartenenza politica (la maggioranza).

Per fortuna quel tempo sembra essere finito, soprattutto per l'arrivo di nuove energie, giovani giornalisti formatisi nell'era del digitale, che hanno portato energia, entusiasmo e soprattutto professionalità.
Ma questo, purtroppo, non basta perché alla Rai non mancano uomini e risorse. A mancare è un disegno unitario che la porti a rispondere a tutte le istanze, non solo quelle che vengono da una certa parte.
Giampaolo Rossi ha, dalla sua, anche una grande cultura, che non si ferma solo alla gestione del mezzo televisivo. E' quindi l'uomo giusto per ridisegnare la Rai ponendola finalmente al centro di un progetto e di strategie che le consentano di stare accanto al Paese e non di farne l'inane destinatario di un messaggio preconfezionato.
La speranza è che gli lascino il tempo e la tranquillità per lavorare in pace per l'intero Paese.
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