Quirinale: un domino che mischia poltrone e ambizioni

- di: Redazione
 
Se Tizio, che occupa questo posto, lo spostiamo in un altro più importante e di prestigio, ci facciamo due amici: lui, che sarà felice, e chi prenderà il suo posto.
La politica è anche questo, un gioco del domino elevato a strategia, per il presente e per il futuro. Quindi, non deve certo sorprendere lo spettacolo che i nostri (ma siamo sicuri che siano veramente ''nostri'' o non appartengano solo a sé stessi?) politici stanno offrendo in vista dell'elezione del presidente della Repubblica, dove molte mosse sono solo di preparazione ad altre e più decisive. Che, peraltro, sono tali solo per il fatto d'essere parte di un disegno in cui, insieme alla ''casella'' che si andrà occupare, ce ne possono essere altre coinvolte, con soddisfazione di molti, ma non certo di tutti.
Prendiamo Mario Draghi, cui certo non ha giovato qualche battuta che ha fatto nel corso della conferenza stampa di fine anno e che è stata interpretata come una improvvida ancorché fuor di luogo autocandidatura al Quirinale.

Quirinale: un domino che mischia poltrone e ambizioni

Come se le sue ambizioni non si conoscessero e per questo non dovessero essere ufficializzate.
Ma passiamo avanti, perché Draghi ancora non mastica molto di politica praticata e quindi non può pensare che le parole, i punti e le virgole, le circollocuzioni debbano essere sempre pesate, oltre ogni ragionevole limite.

Comunque, se dovesse essere ''promosso'' presidente, lascerebbe la poltrona di primo ministro, cui molti ambiscono, pur con la variabile di sciogliere le Camere per andare ad un voto anticipato il cui esito è meno scontato di qualche mese fa, quando il vento del consenso gonfiava le vele della caravella meloniana mentre il caicco salviniano arrancava.
Però un Draghi al Quirinale un posto lo lascerebbe libero e chiunque dovesse occuparlo avrebbe dei ''debiti'' politici da onorare. Ma se non toccasse a Draghi, qualche poltrona, magari uno strapuntino si liberebbe. A proposito di ''poltrone'', che ne dite dell'incarico di commissario europeo che, nell'eventualità, lascerebbe Paolo Gentiloni?

Certo, a parità di ''complemento di arredamento'' (per evitare di citare sempre una poltrona), il Quirinale è al top, almeno per gli italiani, ma anche la Commissione europea un certo appeal lo esercita. Tra quelli che amano i giochini della politica, è stata già fatto il nome di Giancarlo Giorgetti che, nell'eventualità di una sua migrazione a Bruxelles, non solo lascerebbe un ministero prestigioso e importante (quello dello Sviluppo economico), ma metterebbe un certo numero di chilometri tra sé e Salvini, con cui non sempre i rapporti sono al massimo.

Qualcuno comunque ha messo Giorgetti in corsa anche per palazzo Chigi, ipotesi di pura fantascienza, perché, tacendo del valore dell'uomo, non si capisce perché Pd e Cinque stelle dovrebbero votarlo.
Poi, per la parità di genere, ci sono anche le candidature di Maria Elisabetta Casellati e Marta Cartabia, anch'esse titolari di incarichi di prestigio (presidente del senato e ministro della Giustizia) che sono certo appetiti da molti. Insomma, come sempre, i pedoni sono tanti, ma, se solo uno arriverà alla fine, a brindare potrebbero essere di più.
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