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Trump ai generali: pronti anche alla guerra interna. Gelo in platea

- di: Jole Rosati
 
Trump ai generali: pronti anche alla guerra interna. Gelo in platea
Trump ai generali: “Guerra dall’interno” e linea dura
A Quantico il presidente invoca l’uso dei militari nelle città, Hegseth rilancia il “dipartimento della guerra” e attacca i vertici: “Basta generali grassi”. Silenzio gelido in platea, mentre crescono i dubbi su legalità, costi e priorità strategiche.

La convocazione che non ha precedenti

Quasi ottocento tra generali e ammiragli sono stati chiamati a raccolta per un raduno straordinario a Quantico. La presenza del presidente è arrivata come colpo di scena, alimentando interrogativi su obiettivi e messaggi dell’incontro.

Il teorema del “nemico interno”

Nel suo intervento, il presidente ha invocato una linea di massima fermezza contro criminalità e immigrazione irregolare, definite una “guerra dall’interno”. La platea ha reagito con estrema freddezza e lunghi silenzi. “L’America è sotto attacco dall’interno”, ha scandito, insistendo sull’idea che le grandi città siano il primo teatro.

L’idea delle forze di reazione rapida

Tra i passaggi più controversi, l’annuncio di unità di pronto impiego per intervenire nei disordini civili, una scelta che sfiora i limiti del Posse Comitatus Act, la norma che restringe l’uso delle Forze armate in compiti di polizia.

Hegseth e il “dipartimento della guerra”

Aprendo i lavori, il segretario ha salutato i comandanti con un “benvenuti nel Dipartimento della Guerra”, rivendicando la fine dell’era del politically correct e il ritorno a standard fisici e disciplinari più rigorosi. La discussa rinomina del Pentagono resta comunque subordinata a passaggi istituzionali.

“Generali grassi” e “niente barbe”

Hegseth ha puntato il dito contro quella che definisce la cultura dell’indulgenza: “Niente più generali grassi” e “niente più beardos”. Ha anticipato standard unici per i ruoli di combattimento e chiesto di farsi da parte a chi non condivide la nuova impostazione.

Il monito del presidente ai vertici

Il presidente ha ribadito la disponibilità a cambiare i generali che non ritiene all’altezza — “you’re fired” — e ha ipotizzato l’uso delle città come “campi di addestramento” per ripristinare l’ordine contro il cosiddetto “nemico interno”.

Platea gelida, malumori crescenti

I resoconti convergono su applausi tiepidi e un clima teso. Tra i comandanti cresce la preoccupazione per una strategia che declassa le minacce esterne e sposta il focus su un fronte domestico ad alto tasso di conflittualità politica.

Il vincolo di legge

Giuristi e analisti ricordano che un impiego esteso dei militari in funzioni di polizia urta contro principi consolidati. L’eventuale dispiegamento stabile di reparti nelle città aprirebbe un contenzioso potenzialmente lungo e complesso.

La posta geopolitica

L’enfasi sull’“interno” manda un segnale al mondo: Washington potrebbe riordinare le priorità, con il rischio di scoperture su teatri chiave e di arretramento tecnologico rispetto ai competitori strategici.

Costi e trasparenza

Resta il tema del conto: convocare d’urgenza centinaia di comandanti da basi in tutto il mondo ha un costo significativo, mentre il Pentagono annuncia riforme che promettono di incidere su bilanci, carriere e catene di comando.

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