Un morto e oltre cento feriti: il governo Jeri stringe sulla sicurezza, promette indagini sugli scontri e annuncia misure eccezionali.
(Foto: scontri in piazza a Lima).
Lima si prepara a un cambio di passo drastico. Dopo una notte di tensione nella capitale, con un manifestante ucciso e decine di feriti, il presidente José Jeri ha annunciato l’intenzione di dichiarare lo stato d’emergenza nell’area metropolitana. La misura, motivata dall’escalation della criminalità organizzata e dalle manifestazioni degenerate in scontri davanti al Congresso, segna l’avvio di una fase d’ordine pubblico molto più rigida.
Cosa accadrà con lo stato d’emergenza
La proclamazione comporterà restrizioni temporanee a riunioni e circolazione e la possibile partecipazione delle forze armate a supporto della polizia. Obiettivo dichiarato: arginare gang ed estorsioni che da mesi affliggono la capitale e le città costiere. Il premier Ernesto Álvarez, giurista ed ex presidente della Corte Costituzionale, ha confermato la linea d’ordine pubblico e correttivi operativi nelle forze dell’ordine.
La scintilla: scontri sotto il Congresso
Mercoledì 16 ottobre cortei di giovani, sindacati dei trasporti e associazioni civiche hanno riempito il centro di Lima per chiedere sicurezza, lotta alla corruzione e nuove politiche sociali. Gli scontri con la polizia sono esplosi nella zona del Parlamento: un 32enne è morto e i feriti superano il centinaio. La Procura ha aperto un fascicolo per ricostruire la dinamica del colpo mortale; l’esecutivo ha assicurato un’indagine completa sulle responsabilità operative.
Jeri resiste e promette fermezza
Insediato da pochi giorni, il presidente Jeri ha escluso passi indietro, rivendicando la necessità di stabilità per arrivare alle elezioni. Ha condannato le violenze e promesso accertamenti sulla morte del manifestante. In Parlamento cresce la pressione per una risposta securitaria immediata; il capo dello Stato ha stigmatizzato le “infiltrazioni criminali nei cortei”, annunciando tolleranza zero.
Perché Lima è l’epicentro
La capitale concentra estorsioni, sequestri lampo e traffici transnazionali. La mappa dei reati indica quartieri popolosi e snodi di trasporto come aree più esposte. Gli analisti segnalano cellule locali affiliate a gang straniere e una capacità organizzativa che alterna micro-estorsioni digitali e controllo territoriale. In questo contesto, i social hanno amplificato la mobilitazione: la Gen Z ha spinto la piazza con parole d’ordine contro corruzione e impunità.
Il fattore politico: un esecutivo “law & order”
La squadra di governo, di impronta conservatrice e securitaria, è guidata dal premier Álvarez. La scelta rassicura i settori più intransigenti sull’ordine pubblico ma preoccupa l’opposizione, che teme un giro di vite prolungato sui diritti civili. In Parlamento si discute un pacchetto anti-crimine con pene più severe per estorsione, traffico d’armi e riciclaggio.
Rischi e nodi aperti
L’esperienza recente mostra che in Perù gli stati d’emergenza tendono a prolungarsi. La sfida sarà conciliare sicurezza e garanzie: trasparenza nelle operazioni, regole d’ingaggio chiare, tutela dei giornalisti e accesso pubblico ai dati su arresti e denunce. Senza queste salvaguardie, il rischio è alimentare il ciclo protesta–repressione–sfiducia.
Cosa guardare nelle prossime ore
- Il decreto: portata delle restrizioni, durata e ambito territoriale.
- Il coordinamento: ruolo delle forze armate e responsabilità operative.
- L’indagine sulla vittima: tempi, trasparenza, eventuali sospensioni disciplinari.
- La risposta della piazza: de-escalation o nuove mobilitazioni.