La caduta annunciata del governo Bayrou
La crisi politica francese è entrata nella sua fase più tesa. Dopo i colloqui a Matignon, l’estrema destra ha
segnato il punto di non ritorno: “Il miracolo non c’è stato”, ha dichiarato Jordan Bardella, al fianco di
Marine Le Pen, annunciando l’intenzione del Rassemblement National di votare la sfiducia e di chiedere
lo scioglimento del Parlamento in tempi strettissimi. Il giorno della verità è fissato per l’8 settembre, con un
voto che rischia di mettere la parola fine all’esperienza di governo di François Bayrou.
La scelta del RN apre una voragine politica: senza numeri per sostenere l’esecutivo, ogni ipotesi di salvataggio appare
sempre più remota. A sinistra, le posizioni si sono irrigidite dopo la decisione del premier di porre la fiducia:
per i partiti progressisti, nessun assegno in bianco e nessuna disponibilità a negoziare sulle basi attuali.
Macron in prima linea: pranzo d’emergenza all’Eliseo
Di fronte allo stallo, Emmanuel Macron ha deciso di scendere in campo in prima persona. All’Eliseo, il presidente ha
riunito i leader della maggioranza e ha inviato un messaggio netto: lavorare per allargare la base parlamentare,
cercando un’intesa con il Partito Socialista. L’obiettivo dichiarato è impedire lo scioglimento delle
Camere e assicurare la governabilità, sia in vista del voto di fiducia sia nel possibile “dopo Bayrou”.
La linea dell’Eliseo è chiara: evitare una nuova tornata elettorale a così breve distanza dalla precedente e
disinnescare la crisi costruendo un perimetro politico che escluda gli estremi, cioè LFI e
RN. La riunione ha anche mostrato una convergenza su un punto: no alle elezioni anticipate, che
aprirebbero una fase di incertezza dagli esiti imprevedibili.
Lo spettro della crisi politica si fa concreto
Nella sostanza, RN, sinistra e una parte dei Républicains respingono il progetto di finanziaria 2026,
che prevede tagli per 44 miliardi. La sinistra si muove per farsi trovare pronta nel caso di un cambio di guida
a Matignon: “Vogliamo un primo ministro di sinistra, con un progetto di sinistra da sottoporre al Parlamento”, ha
affermato il segretario socialista Olivier Faure, convinto che “uno scioglimento non cambierebbe gli equilibri
attuali”.
Intanto, l’incertezza politica si riflette sull’economia: crescono i timori di una fase prolungata di instabilità,
con il rischio di ripercussioni su investimenti e fiducia. Per l’Eliseo, la priorità è spezzare la logica del muro contro
muro prima che la crisi si trasformi in paralisi istituzionale.
Prospettive aperte: cosa accadrà davvero?
Se il governo cadesse, sul tavolo resterebbero tre strade: la nomina di un nuovo primo ministro, il mantenimento di
Bayrou in interim, oppure — opzione più traumatica — lo scioglimento del Parlamento e il ritorno alle
urne. La scommessa dell’Eliseo punta su un perimetro riformato che consenta di passare il voto di fiducia evitando il salto nel
buio di elezioni ravvicinate.
Molto dipenderà dalla disponibilità dei socialisti a reggere un esecutivo con un’agenda di aggiustamento dei conti
meno severa, che riduca l’impatto dei tagli e apra margini per misure pro-crescita. Ma con il RN pronto a capitalizzare ogni
inciampo, la finestra per una soluzione politica è stretta e il calendario parlamentare non perdona.
Il quadro
- RN annuncia il voto di sfiducia e chiede scioglimento rapido.
- Macron prova ad allargare la maggioranza con il Ps per evitare le urne.
- Il voto dell’8 settembre può chiudere la stagione Bayrou o aprire un nuovo assetto.