Osservatorio CittàClima 2022, in Italia accelerazione degli eventi estremi: +27% nei primi dieci mesi dell’anno
- di: Barbara Leone
La crisi climatica
accelera sempre di più la sua corsa insieme agli eventi estremi, che stanno
avendo impatti sempre maggiori sui Paesi di tutto il mondo, a partire
dall’Italia. Nei primi dieci mesi del 2022, seppur con dati parziali, sono
stati registrati nella Penisola 254 fenomeni meteorologici estremi, +27% di
quelli dello scorso anno (intero anno). Preoccupa anche il bilancio degli ultimi
13 anni: dal 2010 al 31 ottobre 2022 si sono verificati in Italia 1.503 eventi
estremi con 780 comuni colpiti e 279 vittime. Tra le regioni più colpite:
Sicilia (175 eventi estremi), Lombardia (166), Lazio (136), Puglia (112),
Emilia-Romagna (111), Toscana (107) e Veneto (101).
È quanto emerge dalla fotografia scattata dal nuovo report “Il clima è già cambiato” dell’Osservatorio CittàClima 2022 realizzato da Legambiente, con il contributo del Gruppo Unipol, e sintetizzato nella mappa del rischio climatico, aggiornata nel layout e nella grafica e con un focus sul progetto europeo Life+ AGreeNet che ha l’obiettivo di rendere le città della costa del Medio Adriatico più resilienti al cambiamento climatico attraverso vari interventi.
Osservatorio CittàClima 2022, in Italia accelerazione degli eventi estremi
Entrando nello
specifico, su 1.503 fenomeni estremi ben 529 sono stati casi di allagamenti da
piogge intense come evento principale, e che diventano 768 se si considerano
gli effetti collaterali di altri eventi estremi, quali grandinate ed
esondazioni; 531 i casi di stop alle infrastrutture con 89 giorni di blocco di
metropolitane e treni urbani, 387 eventi con danni causati da trombe d’aria. Ad
andare in sofferenza sono soprattutto le grandi città con diverse conferme tra
quelle che sono le aree urbane del Paese più colpite in questi 13 anni: da Roma
– dove si sono verificati 66 eventi, 6 solo nell’ultimo anno, di cui ben oltre
la metà, 39, hanno riguardato allagamenti a seguito di piogge intense; passando
per Bari con 42 eventi, principalmente allagamenti da piogge intense (20) e danni
da trombe d’aria (17). Agrigento, con 32 casi di cui 15 allagamenti e poi
Milano, con 30 eventi totali, dove sono state almeno 20 le esondazioni dei
fiumi Seveso e Lambro in questi anni.Una fotografia nel complesso preoccupante
quella scattata da Legambiente e presentata oggi, nel giorno finale della Cop27
in corso in Egitto, per lanciare un doppio appello: se da una parte al livello
internazionale è fondamentale che si arrivi ad un accordo ambizioso e giusto in
grado di mantenere vivo l’obiettivo di 1.5°C ed aiutare i Paesi più poveri e
vulnerabili a fronteggiare l’emergenza climatica, dall’altra parte è
fondamentale che l’Italia faccia la sua parte. Al Governo Meloni e al Ministro
dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin l’associazione
chiede, in primis, che venga aggiornato e approvato entro la fine dell’anno il
Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), rimasto in
bozza dal 2018, quando era presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e ministro
Gian Luca Galletti. Ad oggi sono saliti a 24 i Paesi europei che hanno adottato
un piano nazionale o settoriale di adattamento al clima. Grande assente
l’Italia, che per altro in questi ultimi 9 anni (stando ai dati disponibili da
maggio 2013 a maggio 2022 e rielaborati da Legambiente) ha speso 13,3 miliardi
di euro in fondi assegnati per le emergenze meteoclimatiche (tra gli importi
segnalati dalle regioni per lo stato di emergenza e la ricognizione dei
fabbisogni determinata dal commissario delegato). Si tratta di una media –
sottolinea l’associazione – di 1,48 miliardi/anno per la gestione delle
emergenze, in un rapporto di quasi 1 a 4 tra spese per la prevenzione e quelle
per riparare i danni.
“Nella lotta alla crisi climatica – dichiara Stefano
Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – da troppi anni l’Italia sta
dimostrando di essere in ritardo. Continua a rincorrere le emergenze senza una
strategia chiara di prevenzione, che permetterebbe di risparmiare il 75% delle
risorse economiche spese per i danni provocati da eventi estremi, alluvioni,
piogge e frane, e non approva il Piano nazionale di adattamento al clima, dal
2018 fermo in un cassetto del Ministero dell’ambiente e della sicurezza
energetica. È fondamentale approvare entro fine anno il Piano, ma anche
definire un programma strutturale di finanziamento per le aree urbane più a
rischio, rafforzare il ruolo delle autorità di distretto e dei comuni contro il
rischio idrogeologico e la siccità, approvare la legge sul consumo di suolo, e
cambiare le regole edilizie per salvare le persone dagli impatti climatici e
promuovere campagne di informazione di convivenza con il rischio per evitare
comportamenti che mettono a repentaglio la vita delle persone”.
Interventi per
la prevenzione e fondi per le emergenze: Nel report Legambiente fa anche il
punto su questi due aspetti. Se guardiamo alla spesa realizzata in questi anni
per gli interventi programmati di messa in sicurezza e prevenzione, emerge come
dal 1999 al 2022 sono stati 9.961 gli interventi avviati per mitigare il
rischio idrogeologico in Italia per un totale di 9,5 miliardi di euro
(elaborazione Legambiente su fonte Ispra, piattaforma Rendis), con una media di
400 milioni di euro l’anno. In parallelo, i dati della Protezione Civile sugli
stati di emergenza da eventi meteo-idro dal maggio 2013 a maggio 2022 parlano
di 123 casi, segnando un lieve incremento rispetto al 2021 (quando però i dati
includevano il periodo fino a ottobre), ma comunque in aumento deciso rispetto
ai 103 nel 2020. E poi ci sono i fondi assegnati per le emergenze che, sempre
in questo arco di anni, arrivano a poco meno di 13,3 miliardi di euro. “Anche
quest’anno il Rapporto CittàClima – spiega Marisa Parmigiani, head of
Sustainability del Gruppo Unipol – ci evidenzia un peggioramento nell’esposizione
ai rischi climatici. Come denunciamo da tempo il nostro paese è fortemente
esposto in primis al rischio idrogeologico, ma ultimamente vediamo crescere,
anche nei nostri sinistri, i fenomeni della grandine e delle trombe d’aria.
Dobbiamo operare congiuntamente, secondo un approccio di partnership
pubblico/privato, per adottare e sviluppare un adeguato Piano di Adattamento,
perché non è più sufficiente intervenire sulla mitigazione in un contesto in
cui il clima è già cambiato”.
Buone notizie e buone pratiche: Infine nel report
si segnalano anche alcune buone notizie e buone pratiche. In primis come buona
notizia il successo del programma sperimentale d’interventi per l’adattamento
ai cambiamenti climatici in ambito urbano, emanato nel 2021 dal Mite che
prevede finanziamenti in decine di aree urbane italiane. Tra queste, ad
esempio, Cremona con i Boschi della Villetta e La strada in Verde, Lucca con Le
scuole verdi di Lucca, a Ferrara dove le azioni di adattamento riguarderanno
Piazza Cortevecchia, a L’Aquila progetti di riforestazione urbana. Passando
alle buone pratiche, c’è Milano con il suo Piano Aria e Clima, finalizzato a
ridurre l’inquinamento atmosferico e a rispondere all’emergenza climatica.
Genova con l’Action Plan Genova 2050, uno strumento che comprende un pacchetto
di azioni concrete sulla sostenibilità ambientale, l’adattamento e la
mitigazione dei cambiamenti climatici, per migliorare la qualità della vita dei
residenti e non solo. Da Forlì arriva l’esempio del Giardino dei Musei: nato
come azione all’interno del progetto Life Sos4life e finanziato con fondi
statali, comunali e dal contributo della Fondazione Cassa dei Risparmi di
Forlì, si pone come obiettivo la riqualificazione e la valorizzazione
dell’area, adibita a parcheggio sopraelevato, sostituendola con un’area a verde
pubblico. Da Perugia l’esempio dei Gis (Geographic information system) per
acquisire e analizzare i dati integrando la dimensione geografica, per
monitorare in tempo reale i fenomeni e pianificare efficacemente la costruzione
del futuro, raccontando con precisione cosa sta succedendo in una città. Infine,
dall’estero tra le buone pratiche c’è quella di Los Angeles, in California,
dove è stato approvato un Piano per il riciclo delle acque reflue che prevede
che il 70% dell’acqua sia di provenienza locale entro il 2035 per passare al
programma degli incentivi per la permeabilità delle superfici voluto
dall’amministrazione di Washington DC, in un’ottica di miglioramento del
deflusso delle acque.