Occupazione giovanile in Italia: crescita oltre la media UE, ma il problema dell'inattività resta un ostacolo strutturale

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Negli ultimi tre anni, l’Italia ha registrato un ritmo di crescita dell’occupazione giovanile superiore al doppio della media europea. Secondo il 19° Rapporto annuale di Confartigianato, i giovani under 35 occupati nel Paese sono aumentati di 454mila unità (+9,2%) tra il 2021 e il 2024, superando nettamente il +4,6% della media UE e le performance di Francia (+4,9%) e Germania (+4,5%).

Occupazione giovanile in Italia: crescita oltre la media UE

Nonostante questi dati incoraggianti, l’Italia si trova a dover affrontare un significativo paradosso: quasi un quarto dei giovani tra i 25 e i 34 anni risulta inattivo, aggravando una situazione di carenza di capitale umano.

Un mercato del lavoro dinamico, ma in crisi demografica

Le performance occupazionali si distribuiscono uniformemente sul territorio: il Centro Italia registra una crescita del 10,1%, seguito dal Nord-Ovest (+9,6%), dal Mezzogiorno e dal Nord-Est (+8,6%). Tuttavia, la crisi demografica e l'invecchiamento della popolazione rappresentano ostacoli importanti per il sistema produttivo. L’Italia, infatti, continua a essere colpita dal fenomeno della "fuga dei cervelli": tra il 2013 e il 2022, oltre 352mila giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni hanno lasciato il Paese, di cui il 37,7% laureati. A fronte di 104mila rimpatri, il saldo negativo di 87mila giovani qualificati sottolinea un’emorragia di competenze strategiche.

Tasso di occupazione ancora lontano dagli standard europei

Nonostante la crescita registrata, il tasso di occupazione degli under 35 in Italia si attesta al 45%, ben al di sotto della media europea (58,7%). Questo gap evidenzia la difficoltà strutturale del mercato del lavoro italiano, incapace di assorbire pienamente la forza lavoro disponibile. Il problema più grave, tuttavia, riguarda gli inattivi: quasi 1,5 milioni di giovani tra i 25 e i 34 anni (24,2% della popolazione di riferimento) non cercano lavoro, posizionando l’Italia al primo posto nell’UE per numero e peso percentuale degli inattivi. In confronto, la Germania registra un tasso di inattività del 12,5%, la Francia del 12%, e la Spagna del 13,5%.

Inattività: una sfida multiforme

L’inattività giovanile è un fenomeno complesso, influenzato da diversi fattori: motivi familiari, ritardi universitari, disincentivi legati ai sussidi pubblici e il peso del lavoro sommerso. In particolare, il Mezzogiorno rappresenta l’area più critica: qui il tasso di inattività raggiunge il 37,5%, oltre il doppio rispetto al Centro-Nord (17%). Le donne sono maggiormente colpite, con un tasso di inattività pari al 31,2% su scala nazionale, che sale al 46,5% nel Sud Italia.

Le voci delle istituzioni: un’emergenza sociale ed economica

“Il paradosso è chiaro: i giovani non cercano lavoro e le aziende non trovano lavoratori. Questa è una delle maggiori sfide che dobbiamo affrontare,” ha dichiarato Marco Granelli, Presidente di Confartigianato, durante l’Assemblea annuale. La situazione richiede interventi urgenti e mirati, non solo per affrontare il fenomeno dell’inattività, ma anche per rilanciare l’attrattività del mercato del lavoro italiano.

Le prospettive: una strategia per il futuro

Tra le priorità per il rilancio del mercato del lavoro giovanile emergono il potenziamento delle politiche attive del lavoro, la creazione di un ecosistema che favorisca il rimpatrio dei cervelli in fuga e l’investimento in formazione e competenze. Inoltre, sarà fondamentale incentivare l’imprenditoria giovanile e promuovere una maggiore equità territoriale per ridurre il divario Nord-Sud.

In un contesto di transizione demografica e trasformazione economica, l’Italia ha l’opportunità di convertire un problema strutturale in un’occasione di rilancio, a patto che le sfide legate all’inattività e alla fuga dei talenti siano affrontate con decisione e visione di lungo termine.

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