La "nuova ondata" di NPL: background e strumenti a disposizione delle banche

- di: Gianluca Fioranelli - Associate Director KPMG Corporate Finance
 
La diffusione del virus nella seconda metà del 2020 ha imposto alla maggior parte delle economie europee l’attuazione di nuove misure di contenimento e blocchi generalizzati, comportando una revisione al ribasso delle stime sugli indicatori macroeconomici. Secondo le stime OCSE, in Italia è prevista una forte contrazione del PIL nel 2020, pari a circa il 10,4%, alla quale seguirà una moderata ripresa negli anni successivi. Per quanto riguarda la disoccupazione, in Italia la perdita di posti di lavoro è rimasta per il momento limitata grazie alle misure di intervento del governo e alla parziale ripresa della produzione industriale dopo il primo lockdown. Tuttavia, le prospettive rimangono incerte a causa della persistenza delle misure di contenimento e della forte dipendenza del nostro paese dal settore turistico.

Il mercato immobiliare ha riscontrato un forte arresto durante le fasi iniziali della pandemia, in quanto molte attività basilari come ad esempio i sopralluoghi degli immobili da parte degli acquirenti sono state vietate o scoraggiate a causa delle chiusure generali. Durante l’estate, si è riscontrata una lenta ripresa ma è purtroppo prevedibile un nuovo rallentamento a causa della seconda fase di chiusure che stiamo vivendo. In tale contesto, con l’obiettivo di immettere liquidità, la BCE ha ridotto ulteriormente il costo del finanziamento delle Banche prevedendo un calo dei tassi di interesse con il nuovo programma di prestiti, tutto in un momento storico di tassi già minimi. In questo scenario il governo italiano ha promosso diversi interventi per tutelare, da un lato, lavoratori e famiglie, e dall’altro, le imprese.

Per quanto riguarda i primi, si è provveduto a: istituire un ampio sistema di moratorie (mutui sulla prima casa, le imposte e i contributi previdenziali, le bollette, i crediti verso le pubbliche amministrazioni) in modo tale da poter rimandare eventuali pagamenti in un momento di ripresa economica; tutelare gli stessi posti di lavoro, attraverso il blocco dei licenziamenti e l’istituzione della cassa integrazione gratuita, fino a marzo 2021. Per quanto riguarda le imprese, invece, si riscontrano: nuove misure per garantire l’accesso al credito e sostenere quindi la liquidità delle imprese; un sistema di moratorie su mutui, finanziamenti e leasing; nuovi regimi fiscali, che prevedono tra le altre la possibilità di convertire in crediti d’imposta perdite fiscali maturate in anni precedenti; altri interventi diretti a sostegno della produttività, attraverso contributi a fondo perduto e misure di ricapitalizzazione.

Grazie a queste misure, ad oggi gli effetti del COVID-19 sulla qualità dell’attivo bancario sono stati solo parzialmente visibili in quanto le inadempienze dei debitori potrebbero materializzarsi ragionevolmente in una fase successiva, quando verrà meno il periodo di moratoria (termine attualmente atteso per il 31 gennaio 2021, ad eccezione delle imprese nel settore turistico per cui il termine si avrà il 31 marzo dello stesso anno) e quando anche le altre misure giungeranno inevitabilmente al termine. Ci si attende pertanto quella che potrebbe essere chiamata la “seconda grande ondata” di NPE (Non Perfoming Exposure), vale a dire un accumulo, da parte delle Banche, di crediti tra cui mutui, finanziamenti e altri prestiti che i debitori per varie motivazioni (in questo caso a causa principalmente degli effetti economici provocati dal COVID-19) non riescono più a ripagare, in parte o del tutto; la riscossione derivante da questi titoli è quindi incerta per la Banca, sia negli ammontari che nelle tempistiche.



Secondo le previsioni degli analisti, le sofferenze nei principali paesi europei dovrebbero superare a fine 2021 euro 700 miliardi, con l’Italia che da sola dovrebbe far registrare uno stock superiore a 200 miliardi di euro. Le istituzioni finanziare avranno quindi la forte necessità di ripensare le proprie strategie di deleveraging, ossia di riduzione del proprio indebitamento e dell’esposizione verso questo tipo di crediti deteriorati, e dare spinta al mercato delle transazioni. Rimane, inoltre, il vincolo del calendar provisioning, che rappresenta un insieme di norme promulgate dalla BCE che impongono la svalutazione fino al 100% da parte delle banche di tutti i crediti deteriorati in un orizzonte temporale da tre anni a sette anni, in base alla natura del credito. Queste regole diventano oggi un ulteriore strumento di pressione per le banche, in quanto non tengono conto dello sfasamento temporale dei recuperi sui crediti che si verificheranno a causa degli effetti dell’emergenza; quest’ultime rischierebbero, quindi, di trovarsi con alcuni crediti completamente svalutati  anche in presenza di ragionevoli possibilità di recupero.

In tale contesto il governo italiano, al fine di incentivare ulteriormente la cessione di crediti deteriorati e aumentare il volume di transazioni, ha previsto per il 2020 delle misure di incentivo fiscale che consentono alla banche di convertire in crediti d’imposta le perdite pregresse maturate nel contesto di cessioni di NPE. Di fatto, in Italia sono state perfezionate e sono in corso di perfezionamento per il 2020 transazioni NPE per un volume complessivo pari a circa euro 30 miliardi. In ambito europeo, la Commissione Europea ha recentemente comunicato di voler sviluppare un approccio chiaro e omogeneo nei vari stati membri che permetta di affrontare questa nuova ondata.

In particolare, tra gli strumenti proposti ci sarebbero: l’istituzione di un data hub UE centralizzato raccomandato per le transazioni NPE, con l’obiettivo di migliorare la determinazione dei prezzi e sviluppare il mercato secondario; il sostegno nella creazione di AMC (Asset Management Companies) nazionali, sia pubbliche sia private, attraverso la fornitura di un framework generale e strumenti pertinenti per incentivarne gli sviluppi. La Commissione Europea potrebbe valutare, inoltre, di implementare meccanismi di coordinamento sugli schemi nazionali in ambito cartolarizzazioni NPE, sul modello delle cartolarizzazioni italiane, anche supportate da garanzie statali come la GACS, che hanno consentito una forte riduzione di NPE dai bilanci delle banche. Tale modello, tuttavia, non si adatterebbe in concreto a esposizioni diverse dalle sofferenze, come ad esempio i crediti UTP (Unlikely to Pay) che richiedono invece un approccio molto più strutturato al recupero.

Oltre a considerazioni di carattere regolamentare, occorre considerare alcune emergenti tendenze di mercato. Una di queste è lo sviluppo del già citato mercato degli UTP, di cui è previsto un forte consolidamento delle transazioni nel biennio 2020-2021, con operazioni su grandi esposizioni. Un altro elemento è costituito dalle aspettative circa l’utilizzo dello strumento GACS: tra il 2016 e il 2020, lo schema di garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze ha fortemente contribuito, come detto, alla riduzione dello stock di sofferenze italiane, interessando circa il 56% delle transazioni complessive. Attualmente, il decreto GACS è stato rinnovato fino a marzo 2021 e non è da escludere che ci possano essere in futuro ulteriori evoluzioni, in luogo della cosiddetta seconda ondata.

Inoltre, ci si attende che i portafogli di crediti acquisiti nelle prime fasi di sviluppo del mercato vadano ad alimentare e consolidare il mercato secondario: in primo luogo per l’interesse dei fondi a dismettere portafogli acquistati in una fase iniziale che non hanno rispettato le attese di performance iniziali; in secondo luogo, per la forte domanda di acquisto di portafogli da parte di operatori industriali, legata alla necessità di accrescere le masse gestite. Il contesto di emergenza causato dal Covid-19 è in continua evoluzione e non tende a stabilizzarsi, pertanto a oggi risulta complicato effettuare delle previsioni in merito agli effetti delle nuove misure di contenimento e dei conseguenti interventi normativi. Per il momento, possiamo sicuramente constatare che il mercato degli NPE è attivo e che ci sono tutte le premesse perché esso cresca in maniera consistente nei prossimi periodi, a fronte dell’ingente flusso in entrata stimato di questi crediti deteriorati, da cui le Banche dovranno sicuramente liberarsi.
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