Rapporto Cerved: in Italia il valore dei crediti in sofferenza raddoppierebbe se i Tribunali si allineassero ai più efficienti

- di: Barbara Leone
 
Con gli attuali tassi di recupero e durate di estinzione delle procedure, il valore stimato dei crediti in sofferenza in Italia supera di poco i 7 miliardi di euro, ma la cifra potrebbe quasi raddoppiare, raggiungendo i 12,7 miliardi, se tutti i tribunali fossero efficienti come quello di Ferrara, il più veloce dal punto di vista sia delle procedure fallimentari che delle esecuzioni immobiliari. A dirlo è Cerved, che ha analizzato come i tempi della giustizia civile italiana si ripercuotano anche sulla gestione dei crediti deteriorati, provocando una riduzione dei tassi di recupero e del valore degli Npl che ha effetti negativi sul mercato del credito e sulla solidità dell’intero sistema economico. La joint venture La Scala Cerved ha anche ipotizzato delle soluzioni per velocizzare i tempi dei Tribunali: modifiche normative, dematerializzazione e digitalizzazione dei processi, innovazione tecnologica.

Rapporto Cerved sui tempi della giustizia

Assumendo la prospettiva di un investitore, infatti, in Italia un portafoglio di 100 euro di crediti bloccati in società fallite vale in media 14,3 euro (con un tempo di chiusura del fallimento di circa 7 anni e 3 mesi), ma potrebbe salire a 30,1 euro nei tribunali più efficienti e svalutarsi fino a 3,2 in quelli più lenti. Altrettanti euro di crediti bloccati in esecuzioni immobiliari valgono invece, in media, 29,8 euro, con una forbice che va dai 53,5 euro di Trieste ai 13,1 di Fermo. Anche la cifra complessiva di 7,1 miliardi di euro, il 21,4% del valore lordo delle sofferenze, che a fine 2021 era pari a 33,4 miliardi, è stata calcolata facendo riferimento alla durata media di tutte le procedure di estinzione partendo dal punto di vista di un investitore, ma per una banca, in grado di scontare i flussi futuri a tassi di rendimento significativamente più bassi, il valore delle sofferenze sul mercato sale a poco meno di 10 miliardi di euro, calcolati mediando tra i 14,5 miliardi di euro del tribunale più efficiente, Ferrara, e i 3,6 miliardi di euro di Barcellona Pozzo di Gotto.

“L’incertezza del quadro macroeconomico rende molto probabile una nuova crescita degli Npl nei prossimi anni - commenta Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved -, è quindi necessario rafforzare l’efficacia del sistema giudiziario per rispondere alle nuove esigenze del mercato in maniera tempestiva. I dati sulla durata delle procedure esecutive evidenziano due necessità: uniformare le performance e convergere verso le buone pratiche delle corti più virtuose”. Secondo la World Bank, infatti, l’Italia è al 122esimo posto su 190 nel ranking internazionale che misura i tempi e i costi di risoluzione delle controversie e la qualità dei processi giudiziari, in particolare a causa dell’eccessiva durata delle procedure esecutive e del lento smaltimento dei carichi pendenti, con forti differenze da Nord a Sud: un fallimento può risolversi in 3 anni nei tribunali più efficienti e in oltre 18 anni in quelli più lenti, le esecuzioni immobiliari durano invece in media 5,3 anni, con una forchetta che va da 2 a quasi 12 anni. “La pandemia ha messo a nudo tutte le criticità dell’attuale modello di gestione della giustizia amministrativa da un punto di vista tecnologico, organizzativo e culturale - aggiunge Paolo Pellegrini, amministratore delegato di Cerved Credit Management -, ma nello stesso tempo ha stimolato l’introduzione di elementi di digitalizzazione e semplificazione. Proprio in quest’ottica abbiamo identificato una serie di soluzioni concrete per rendere più efficiente e uniforme il sistema processuale italiano, agendo su tre specifiche leve: modifiche normative, dematerializzazione e digitalizzazione dei processi, innovazione tecnologica. In particolare, un diffuso utilizzo delle tecnologie digitali, combinato con l’applicazione di strumenti di intelligenza artificiale, machine learning e di algoritmi di giustizia predittiva, consentirebbe di aumentare notevolmente la qualità e l’efficacia dei servizi forniti alla comunità”.

Npl e tempi della giustizia

Stando alle analisi di Cerved, negli ultimi cinque anni il numero di procedure fallimentari chiuse è sempre risultato più alto rispetto ai fallimenti aperti, con riflessi positivi sul carico operativo dei tribunali. Nel 2021 il saldo è addirittura migliorato, raggiungendo il suo picco massimo dal 2007 (+5.528): 14.545 le procedure fallimentari chiuse, +14,9% rispetto al 2020 (condizionato dai ritardi legati al Covid19) e con tempi medi di chiusura inferiori di circa un mese (7 anni e 3 mesi, verso i livelli minimi osservati nel 2018). Restano però ben 1.551 fallimenti (il 10,7% delle procedure chiuse) arrivati al termine dopo oltre 15 anni, tuttavia meno che nel 2020 (1.448, l’11,4%) e nel 2019 (1.867, il 12,5%). Dei 236.000 fallimenti dichiarati dal 2001 al 2021, ne risultano tuttora aperti circa 77.000, il 32,6% del totale, ma negli ultimi anni si è verificato un netto calo della quota e della durata media dei fallimenti pendenti, che si attesta nel 2021 sui 4 anni e mezzo contro i 6 anni e 2 mesi del 2019. La durata dei fallimenti cambia sensibilmente da regione a regione, con il Nord che si caratterizza per le performance migliori rispetto al Centro e al Sud. Anche nel 2021 il Mezzogiorno si conferma l’area geografica con i tempi di chiusura più lunghi, quasi 10 anni, seguito dal Centro (7 anni e quattro mesi), mentre al Nord la media è di 6 anni e 2 mesi, addirittura 5 e 7 mesi nel Nord-Ovest: in dettaglio, nel 2021 le regioni più virtuose sono Valle d’Aosta (5 anni e 3 mesi), Lombardia (5 e 6 mesi) e Friuli Venezia-Giulia (5 e 8 mesi), mentre in coda troviamo Puglia e Sicilia (quasi 11 anni) e Calabria (10 anni e 4 mesi). Il Friuli Venezia-Giulia è anche la regione più efficiente nello smaltimento dei carichi pendenti insieme al Piemonte (meno del 40% dei fallimenti aperti negli ultimi dieci anni), mentre in fondo alla classifica ci sono Basilicata (62,7%) e Umbria (61,8%). I dati sui tempi e sul carico di pendenti da smaltire per singolo tribunale evidenziano differenze ancora più significative. Nel 2021 i tribunali con durate medie di chiusura più brevi sono Ferrara (3 anni e 4 mesi), Tolmezzo (4 e 3 mesi), Trieste (4 e 4 mesi), Como (4 e 6 mesi), Forlì e Tortona (4 e 7 mesi), Genova (4 e 8 mesi), Novara, Udine e Torino (4 e 9 mesi), Rimini (5 anni): Ferrara si conferma più efficiente anche sotto il profilo delle pratiche in arretrato da smaltire (26,2%), seguita da Gorizia (27,4%) e Bolzano (28,1%). Al contrario, i tempi più lunghi si osservano a Barcellona Pozzo di Gotto (18 anni e 3 mesi), Caltanissetta (15 anni), Gela e Castrovillari (14 anni e 7 mesi) e Vallo Della Lucania (14 e 4 mesi), mentre le quote più alte di procedure pendenti si registrano a Spoleto (85,8%), Grosseto (78,2%) e Montepulciano (74,4%). Come ovvio, risulta una netta correlazione tra la durata media delle procedure fallimentari e il peso dei carichi da smaltire: tra le grandi città, le migliori sono Genova (4 anni e 8 mesi, 42,3% di pendenti) e Torino (4 anni e 9 mesi, 32,7% di pendenti), mentre Bari (11 anni e 64,1%) e Messina (quasi 12 anni e 71%) sono ben al di sotto della media.

La lentezza dei processi civili rallenta la crescita economica del Paese. Per rispettare i parametri imposti dalla normativa europea e dai vincoli di bilancio, la giustizia italiana deve riuscire a efficientare le procedure legali, riducendone il costo e il tempo di durata attraverso un processo di forte trasformazione. L’osservatorio privilegiato di oltre 30 mila procedure esecutive in gestione a La Scala Cerved, joint venture tra Cerved Legal Services srl e La Scala Società tra Avvocati, ha permesso di identificare alcune proposte di intervento, seppure parziali, che agendo su tre leve specifiche - modifiche normative, dematerializzazione e digitalizzazione dei processi, innovazione tecnologica - possono contribuire a migliorare la performance del Sistema Giustizia e facilitare il rilancio del Paese. Nonostante i vari interventi di carattere normativo e operativo (ad esempio, le linee guida del Csm) sulla digitalizzazione del processo civile, in alcune fasi permane l’utilizzo della documentazione cartacea, così come mancano strumenti tecnologici per la gestione di alcune attività di natura processuale. Alla carenza di digitalizzazione si aggiunge la disomogeneità dei processi operativi adottati dai vari tribunali (anche a causa di una diversa disponibilità di organico e dell’assenza di un sistema strutturato di monitoraggio delle performance) e la mancanza di livelli di servizio strutturati e incentivati, con conseguente aumento della durata delle procedure e dei relativi costi. Per rendere più efficiente e uniforme il sistema processuale italiano, nel rispetto dei parametri Ue e in ossequio al principio generale di ragionevole durata del processo, si possono proporre molteplici interventi che vanno dalla raccolta strutturata delle informazioni all’esecuzione automatizzata di azioni ripetitive a basso valore, dal monitoraggio delle tempistiche e delle performance di esecuzione a processi codificati basati su workflow automatizzati che integrino le fasi procedurali con le attività operative, all’uso di format guidati, alimentati da software per la creazione di medesime tipologie documentali. E ancora, si può intervenire sulla semplificazione della gestione contabile delle procedure, sulla calendarizzazione automatica di udienze e aste incrociando le disponibilità di giudici e ausiliari, sulla ridefinizione dell’organico dei Tribunali in base a indicatori di performance misurabili, su percorsi formativi per accrescere le competenze tecnologiche e gestionali dei giudici e degli ausiliari, sulla razionalizzazione e riduzione dei soggetti coinvolti nel processo, in particolare quello esecutivo. Un ulteriore tema è quello della giustizia predittiva: vi è un ingente patrimonio di informazioni sui procedimenti, costituito dalle banche dati e dai documenti depositati, già dematerializzato e tuttavia sfruttato solo in minima parte. Mediante l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e del machine learning, gli algoritmi di giustizia predittiva possono mostrare in tempo reale l’orientamento prevalente del Tribunale sulla materia indagata, fornendo così un’indicazione sulle reali possibilità di una causa di essere accolta.
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