UNRAE, intervento del presidente Michele Crisci: "Settore auto in crisi gravissima, il Governo dia risposte adeguate"

 
Per il settore dell’auto Europeo il 2020 avrebbe dovuto essere l’anno in cui le emissioni di CO2 avrebbero iniziato ad essere “contabilizzate” per garantire il raggiungimento dei valori medi imposti dall’Unione Europea intorno ai fatidici 95 grammi medi. Un target importantissimo a fronte del quale le strategie di tutti i produttori avevano cominciato a cambiare qualche anno fa con investimenti ingenti verso motorizzazioni sempre più eco-friendly quali l’euro6, l’euro 6 D e, più di recente, ibridi plug-in e full electric. Investimenti che si sono sommati a quelli già notevolissimi intorno ai nuovi concetti di sicurezza come la connettività e soprattutto la guida autonoma. In questo senso i governi di molti paesi europei hanno introdotto nel corso degli ultimi anni politiche di supporto al ricambio del parco circolante in termini di incentivazione e infrastrutture di ricarica.

L’Italia, nonostante il cronico problema del più numeroso e obsoleto parco circolante d’Europa non ha mai adottato una strategia in questo senso nonostante le insistenze del settore; Il 2020 invece, oltre che per quanto sopra citato, sarà ricordato come l’anno del Covid 19 e degli effetti che tale pandemia ha provocato a livello europeo dove, nel mese di Marzo e Aprile, prima i retailers e poi le fabbriche hanno chiuso i battenti provocando perdite ingentissime in termini di capitale umano e fatturati. In Italia il mercato dell’auto ha perso in Marzo ed Aprile rispettivamente l’85% e il 98% il che significa, considerando il valore già negativo dei primi due mesi dell’anno rispetto al 2019 una perdita intorno alle 400.000 immatricolazioni. Una perdita senza precedenti e senza confronti con il passato.

In ragione di ciò e della situazione di stallo assoluto dell’economia le previsioni per il mercato ad oggi non possono andare oltre il milione e duecentomila immatricolazioni per il 2020 con un perdita verso il 2019 di oltre 700.000 unità. Un collasso che rischia di far crollare le reti di distribuzione e di mettere a rischio migliaia degli oltre 160.000 lavoratori della sola parte distributiva. Per questo e per quanto rappresenta l’automotive per l’economia del nostro paese, dal 10% al 19% del PIL, a seconda se consideriamo solo la parte distributiva o anche quella produttiva di auto e componenti, e del gettito fiscale che produce di quasi 80 MLD di euro l’anno, UNRAE, l’associazione dei produttori esteri presenti in Italia di comune accordo con le altre importanti associazioni del settore, ANFIA quella della filiera dei produttori italiani e Federauto quella dei Concessionari, hanno più volte sollecitato il governo per un intervento verticale sul settore in grado di stimolare la domanda e tornare a far correre un settore così strategico in un momento così delicato della sua storia.

Ad oggi in Italia esiste un piccolo piano incentivi che è solo relativo a classi di emissione molto virtuose da 0 a 20g di CO2 e da 21g a 60g che però rappresenta solo poco più del 2% del mercato, un piano di incentivi troppo debole per la situazione gravissima che stiamo vivendo. L’introduzione di una terza fascia (da 61g a 95g) di CO2 e una fiscalità più in linea con gli altri paesi europei sulle auto aziendali, con la detrazione dell’IVA al 100% e l’’innalzamento degli importi deducibili fino a 50.000€ sarebbero a giudizio delle associazioni un buon piano di ripartenza, insieme a un supporto per la velocizzazione della vendita degli stock delle reti che si sono inevitabilmente accumulati nei 2 mesi di fermo di oltre 300.000 autovetture.

Per i veicoli commerciali e industriali specifiche misure applicando crediti di imposta più generosi e fondi dedicati per il ricambio del parco circolante, anch’esso vecchio e obsoleto. Le misure richieste si spalmerebbero sul 2020 e sul 2021 portando un beneficio importante in termini di recupero per il mercato, in particolare parliamo di circa 300.000 auto addizionali nel 2020 e di oltre 400.000 nel 2021 che riporterebbero alla fine del prossimo anno il mercato a circa 1.900.000 immatricolazioni di fatto chiudendo la crisi e ricollocando il mercato a una dimensione normale per il nostro paese evitando la chiusura di moltissime aziende e la conseguente perdita di posti di lavoro. Inoltre il valore delle misure richieste, di circa 2,8/3 MLD di euro su 18 mesi sarebbe integralmente recuperato grazie solo al gettito d’IVA aggiuntivo generato dai valori di immatricolato addizionale attesi.

Le decisioni del governo ad oggi non hanno mostrato l’attenzione attesa, in pratica, rifinanziando solo per 100 ML di euro il fondo relativo all’ecobonus esistente all’interno dell’ultimo “decreto crescita” di 55 MLD in totale. Un Gap di politica economica che potrà solo parzialmente essere colmato nelle prossime settimane nel corso della conversione in legge del decreto poiché evidentemente i fondi disponibili per gli emendamenti saranno molto meno ingenti rispetto ai valori espressi dal decreto stesso.

Il nostro paese merita un piano strategico sui trasporti e sulla mobilità che veda come prioritario lo svecchiamento del parco circolante, di auto e mezzi commerciali, che riesca a coordinare finalmente le decisioni territoriali prese dalle amministrazioni locali circa i blocchi del traffico che oggi si mostrano senza alcun senso scientifico/pratico e solo basate su ideologie che non sono sostenibili né da un punto di vista ambientale né economico.

Infine un piano strategico per l’ammodernamento delle infrastrutture necessarie per tutta la nostra rete viaria e per una azione forte di sviluppo e diffusione degli impianti di ricarica, oggi per l’elettrico e domani per l’idrogeno. Il mondo della mobilità e dei trasporti è vitale per un paese moderno e necessita di un approccio strategico.
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