• Tutto con Bancomat. Scambi denaro, giochi ti premi.
  • Esprinet molto più di un distributore di tecnologia
  • Fai un Preventivo

Netanyahu attacca Macron: “Riconoscere lo Stato palestinese è premiare il terrore”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Netanyahu attacca Macron: “Riconoscere lo Stato palestinese è premiare il terrore”

Il riconoscimento della Palestina da parte della Francia segna una nuova faglia tra Israele e l’Occidente. Benjamin Netanyahu non ha usato giri di parole per condannare Emmanuel Macron, accusandolo di “premiare il terrore” e di “offrire all’Iran un altro proxy come Gaza”. La dichiarazione, giunta in serata con toni durissimi, apre un nuovo capitolo nello scontro politico e simbolico intorno al Medio Oriente, dove lo spettro del 7 ottobre è diventato il perno di ogni reazione diplomatica e militare israeliana. Per Netanyahu, quello che viene venduto come un atto di giustizia storica nei confronti del popolo palestinese è in realtà un cavallo di Troia della jihad, un’accelerazione irresponsabile in un momento di massima tensione.

Netanyahu attacca Macron: “Riconoscere lo Stato palestinese è premiare il terrore”

Parigi si muove nel solco tracciato da altri paesi europei – Spagna, Irlanda, Norvegia – ma con un peso specifico ben maggiore. Il riconoscimento formale dello Stato palestinese da parte dell’Eliseo rappresenta una svolta che potrebbe ridefinire la postura dell’Unione Europea nel conflitto. Israele lo legge come un tradimento, ma anche come un segnale del logoramento progressivo della pazienza europea di fronte all’ostinazione militare israeliana e all’intransigenza dell’attuale governo. La reazione di Netanyahu è specchio di un isolamento crescente, ma anche della volontà di continuare a dettare la narrazione del conflitto in chiave esistenziale: “I palestinesi – ha detto – non vogliono vivere accanto a noi, ma al posto nostro”.

Il nodo della legittimità palestinese
Il cuore della questione, che Netanyahu esaspera, è il sospetto che ogni legittimazione dello Stato palestinese sia un lasciapassare per l’aggressione armata. Un’idea che contrasta con gli sforzi internazionali, incluso quello delle Nazioni Unite, di sostenere la soluzione a due Stati come unica via di uscita duratura. Ma il premier israeliano rilancia l’equazione tra rappresentanza palestinese e radicalismo armato, suggerendo che uno Stato palestinese, nelle condizioni attuali, diventerebbe “un trampolino di lancio per annientare Israele”. Nessuna apertura, nessuna distinzione tra Hamas e Autorità Nazionale Palestinese, nessun margine per una diplomazia che non parta dalla sottomissione.

Macron nel mirino: “Premier del terrore”
Il bersaglio delle accuse israeliane è Emmanuel Macron, dipinto come “premier del terrore” per aver osato rompere l’equilibrio instabile che da mesi tiene in stallo la questione palestinese. Il riferimento alla possibilità di creare un “nuovo proxy iraniano” fa parte di un lessico rodato che da anni Tel Aviv impiega per neutralizzare ogni forma di iniziativa autonoma dei palestinesi o di legittimazione internazionale. Per Netanyahu, l’ombra di Teheran è l’argomento perfetto per chiudere ogni dialogo: non esiste un soggetto palestinese indipendente, ogni suo tentativo di esistere è manovrato dall’Iran.

La guerra delle narrazioni
Sotto la superficie delle dichiarazioni, è in corso una guerra di narrazioni che si gioca tanto sui campi di battaglia quanto nelle cancellerie. Il massacro del 7 ottobre è diventato il simbolo di una vulnerabilità profonda, ma anche il grimaldello con cui Netanyahu giustifica ogni decisione, compreso il rigetto totale di una soluzione politica. La Francia, da parte sua, cerca di recuperare un ruolo mediatore ormai appannato, consapevole che senza un passo deciso verso la creazione dello Stato palestinese, ogni trattativa futura è destinata a restare un’illusione diplomatica.

La linea del fuoco si sposta
Le parole di Netanyahu chiudono ogni spiraglio per una ripresa dei negoziati nel breve termine. Lo Stato ebraico alza ancora una volta un muro, rafforzando l’idea che l’unico linguaggio accettabile sia quello della forza. Parigi risponde con un atto di riconoscimento, che è anche un atto di sfida. La linea del fuoco, per ora, non si muove lungo i confini di Gaza o della Cisgiordania, ma attraversa le capitali, le agenzie di stampa, i palazzi delle diplomazie. La pace, ancora una volta, è rimandata.

Notizie dello stesso argomento
Nessun record risponde ai criteri di ricerca
  • Con Bancomat, scambi denaro, giochi e ti premi.
  • Punto di contatto tra produttori, rivenditori & fruitori di tecnologia
  • POSTE25 sett 720