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Nepal in fiamme: la rivolta della Gen Z rovescia il premier e travolge il sistema

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Nepal in fiamme: la rivolta della Gen Z rovescia il premier e travolge il sistema

Bastava un bando. Ventisei piattaforme social oscurate con un atto votato dal parlamento federale. Facebook, YouTube, X, TikTok, WhatsApp: chiuse. La misura pensata come risposta alla disinformazione e alle tensioni politiche si è trasformata nella miccia di una rivolta senza precedenti in Nepal. Per giorni la Generazione Z ha occupato le piazze, urlando contro la censura e, più in profondità, contro un sistema percepito come corrotto, inefficiente, chiuso nelle stanze dei partiti. Poi la protesta è esplosa.

Nepal in fiamme: la rivolta della Gen Z rovescia il premier e travolge il sistema

Le fiamme hanno divorato il parlamento federale. Le sedi dei partiti, devastate. Le case dei leader, assediate. Le prigioni, prese d’assalto: centinaia di detenuti liberati in poche ore. Le immagini circolano proprio lì dove tutto era nato: sui social, ripristinati a forza dai manifestanti, rilanciati con VPN e canali alternativi. La piazza digitale e quella reale si fondono.

Un bilancio drammatico

I numeri certificano la portata della crisi: almeno 19 morti e oltre 100 feriti nei primi giorni di scontri, secondo le fonti internazionali. L’esercito è sceso in strada, imposto il coprifuoco, chiuso l’aeroporto. La capitale vive sotto assedio, ma le manifestazioni non si fermano. I giovani sfidano blindati e soldati, alimentati da una rabbia che va oltre il singolo provvedimento.

La caduta di Oli
Il primo ministro K. P. Sharma Oli, veterano della politica nepalese, si è trovato con le spalle al muro. Isolato, travolto dal malcontento, ha rassegnato le dimissioni. Le immagini della sua uscita dal palazzo del governo sono la sintesi plastica di un crollo: il leader che voleva disciplinare i social network cade sotto il peso di una generazione che non accetta bavagli.

La frattura generazionale
La rivolta è della Generazione Z. Giovani cresciuti online, abituati a vivere nella connessione costante. Non è solo questione di libertà digitale: è richiesta di dignità, lavoro, futuro. In un Paese in cui la corruzione è percepita come endemica e il sistema politico appare impermeabile, la scintilla dei social ha fatto esplodere anni di frustrazione.

Il coprifuoco e l’esercito
Il governo uscente ha dichiarato il coprifuoco. L’esercito pattuglia le strade di Kathmandu e delle principali città. Le forze armate cercano di ristabilire l’ordine, ma ogni intervento sembra alimentare la tensione. Le carceri prese d’assalto raccontano di uno Stato che non riesce più a controllare i suoi spazi vitali. L’insicurezza domina.

La politica in crisi
Il Nepal non è nuovo a turbolenze. Negli ultimi due decenni ha vissuto rivoluzioni, cambi di regime, assemblee costituenti. Ma la rivolta del 2025 segna uno spartiacque. Non si tratta di uno scontro tra partiti o di un conflitto etnico, ma di una mobilitazione generazionale, senza leader riconosciuti, senza bandiere, con un’agenda costruita dal basso. È la crisi di un’intera classe dirigente, incapace di dare risposte.

L’eco internazionale
La comunità internazionale osserva con preoccupazione. L’India, vicino strategico, teme ricadute sul piano della sicurezza. La Cina guarda con sospetto al caos ai suoi confini. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea rilanciano appelli alla calma e al rispetto dei diritti umani. Ma la sensazione è che nessuno, al momento, abbia la leva per incidere davvero.

Oltre il bando
La legge che oscurava i social è stata sospesa. Ma non basta. La protesta non si spegne: i giovani chiedono nuove elezioni, un ricambio radicale, la fine del sistema di patronati che domina la politica. Il bando è stato solo l’innesco: la questione vera è la legittimità di un sistema politico che appare in agonia.

Un futuro incerto

Il Nepal è precipitato in un caos che non sembra avere sbocchi rapidi. Senza un governo stabile, con le istituzioni assediate e una generazione che non intende fermarsi, il Paese affronta uno dei momenti più delicati della sua storia recente. La caduta di Oli è solo il primo capitolo. La vera partita si giocherà nelle strade, tra un esercito che tenta di contenere e una generazione che non vuole più arretrare.

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