Con un sondaggio su X e uno slogan contro sprechi e compromessi, il miliardario si smarca da Trump e fonda un terzo polo politico. “Il sistema è marcio”. Ma i suoi uomini lo frenano.
Una rivoluzione digitale, ma in politica
Nel giorno dell’Independence Day, tra fuochi d’artificio e patriottismi di cartapesta, Elon Musk ha deciso di fare sul serio: “Nasce oggi l’America Party, per restituire la libertà al popolo”. L’annuncio arriva su X — il suo social personale — e si basa su un sondaggio lanciato il 4 luglio: “Volete un nuovo partito politico?” ha chiesto ai suoi follower. Il 65% ha risposto di sì, il resto è stato ignorato.
Due tweet dopo, Musk aveva già proclamato la fondazione del suo partito: “Viviamo in un sistema monopartitico travestito da democrazia. I repubblicani e i democratici sono uguali: spendono e corrompono. L’America Party nasce per fermare la bancarotta morale e finanziaria degli Stati Uniti”.
Una rottura personale con Trump
Dietro le quinte, la mossa ha un chiaro sapore di rottura con Donald Trump. L’uomo che Musk aveva sostenuto apertamente nel 2022 oggi viene scaricato con una dichiarazione secca: “Siamo passati da un deficit folle di 2.000 miliardi sotto Biden a 2.500 miliardi. Questo ci porterà alla bancarotta”.
Il passaggio non è solo economico, ma profondamente strategico.
Secondo Andrea Stroppa, referente italiano di Musk e analista vicino al suo entourage, “Trump è un politico che conosce il valore del compromesso. Elon no: è un imprenditore che punta al risultato senza mediazioni”. “Se avesse dovuto negoziare con i senatori repubblicani che volevano bocciare la legge di bilancio, Musk avrebbe scelto lo scontro. È fatto così”, ha aggiunto Stroppa.
Il terzo partito? Un rischio calcolato
La nascita dell’America Party non è una boutade isolata, ma una scommessa politica che si inserisce nel caos istituzionale di un’America spaccata. Dopo il ritorno di Trump alla Casa Bianca nel 2024, il sistema politico statunitense è più polarizzato che mai.
È in questo vuoto che Musk prova a inserirsi. Ma Stroppa, pur riconoscendo lo “spazio potenziale per un terzo partito”, lancia un monito chiaro: “Glielo sconsiglio. La politica è un mondo troppo distante da quello in cui si muove Musk”.
L’idea affascina i circoli libertari e ultratecnologici, che da mesi vedono nel CEO di SpaceX e Tesla l’unico uomo capace di rompere il duopolio Washingtoniano.
La frattura con l’Europa e l’Italia
Mentre Musk pensa di cambiare la politica americana, il suo rapporto con l’Europa si fa sempre più aspro. Al centro del contendere c’è il sistema Starlink: “L’Italia poteva avere la connettività più avanzata d’Europa per usi civili e militari, ma ha perso l’occasione per colpa di una politica miope e lenta”, ha dichiarato Stroppa.
Non è la prima volta che Musk critica i governi europei: lo ha fatto più volte, accusando Bruxelles di “soffocare l’innovazione” con burocrazie “da stato ottocentesco”.
Un partito anti-sistema, con stile Silicon Valley
Il nome — America Party — evoca una promessa di rifondazione nazionale. Ma al di là delle parole roboanti, il progetto resta opaco. Nessun programma, nessun comitato elettorale, nessuna piattaforma definita.
Solo un leader globale, un social network e una narrativa anti-establishment. “Il sistema è truccato, e i compromessi sono corruzione legalizzata”, ha scritto Musk.
L’America Party nasce come un partito personale, più che popolare. A metà tra movimento ideologico e brand commerciale. Rischia di replicare il destino di tutti i terzi partiti americani: fare rumore, ma non contare.
I precedenti che spiegano il contesto
L’ultimo tentativo serio di creare un terzo partito è stato nel 1992 con Ross Perot, miliardario texano che prese quasi il 19% dei voti popolari ma non un singolo grande elettore.
Poi ci sono stati i Verdi di Ralph Nader, i Libertari di Ron Paul, i candidati indipendenti come Howard Schultz. Nessuno ha mai sfondato davvero. Il motivo è strutturale: il sistema elettorale americano è progettato per scoraggiare la pluralità e blindare l’alternanza tra i due colossi tradizionali.
Una campagna su X, non nei comizi
Musk non gioca secondo le regole della politica classica. I suoi strumenti sono altri: intelligenza artificiale, algoritmi, influencer, meme e viralità. Per questo il suo progetto, pur partendo in modo vago, potrebbe trasformarsi in un fattore destabilizzante alle presidenziali del 2028.
Per ora, però, è più uno slogan che una struttura.
Musk è l’anti-politico della Silicon Valley
La nascita dell’America Party è l’ennesima conferma di una tendenza globale: l’ingresso diretto dei super-ricchi nello spazio politico. Ma con Musk il paradigma cambia. Non è solo lobbying o sostegno a candidati. È un vero e proprio tentativo di riscrivere le regole del gioco, sfruttando il potere di una piattaforma digitale personale, un culto mediatico e una narrazione radicale.
Il partito è appena nato, ma la posta in gioco è altissima. Se fallisce, sarà l’ennesima provocazione fallita. Se cresce, sarà l’inizio di una nuova era della politica americana — dove la Silicon Valley non finanzia più i politici, ma li crea in casa.