Uccise moglie e figlia di lei: i giudici parlano di "comprensibilità umana dei motivi"

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
È una sentenza destinata a far discutere quella emessa dalla Corte d’Assise di Modena: trent’anni di carcere per Salvatore Montefusco, 70 anni, accusato di aver ucciso la moglie e la figlia di lei il 13 giugno 2022. La decisione, che ha escluso l’ergastolo richiesto dalla Procura, è stata motivata con l’espressione “comprensibilità umana dei motivi”. Una frase che ha suscitato un acceso dibattito, spingendo a riflettere sul confine tra il bisogno di comprendere e il rischio di attenuare la gravità di un crimine così efferato.
Montefusco, incensurato, ha colpito con brutalità le due donne nella loro abitazione, dopo anni di “nefasti conflitti familiari” che, secondo i giudici, avrebbero esasperato una situazione già tesa. La Corte ha sottolineato che l’uomo “non avrebbe mai commesso un simile delitto se non fosse stato spinto dalle dinamiche familiari deteriorate”. Per questo motivo, le attenuanti generiche sono state considerate equivalenti alle aggravanti, evitando così la condanna all’ergastolo.

Uccise moglie e figlia di lei: i giudici parlano di "comprensibilità umana dei motivi"

Fuori dall’aula, l’indignazione è palpabile. “Le parole hanno un peso”, ha dichiarato una rappresentante di un’associazione femminista presente in aula. “Descrivere l’assassino con termini che suggeriscono empatia o comprensione è una mancanza di rispetto verso le vittime e le loro famiglie. Non possiamo permettere che il linguaggio relativizzi la violenza di genere.”

Il dolore dei familiari delle vittime è straziante. “Le mie figlie sono state uccise da chi avrebbe dovuto proteggerle,” ha affermato il padre di una delle donne, con la voce spezzata dalla commozione. “Ora sento dire che l’assassino aveva dei motivi comprensibili. È inaccettabile.” La comunità si è stretta intorno alle famiglie, organizzando fiaccolate e momenti di raccoglimento per ricordare le vittime e chiedere una giustizia chiara, senza ombre.

Un rischio pericoloso: la banalizzazione del male

La frase utilizzata nella sentenza ha sollevato un interrogativo fondamentale: fino a che punto è legittimo analizzare e comprendere le ragioni di un assassino senza rischiare di sminuire la gravità delle sue azioni? La giustizia deve necessariamente valutare il contesto e le circostanze che portano a un crimine, ma c’è il pericolo che il linguaggio adottato venga interpretato come un tentativo di giustificare o attenuare la colpa.

“Comprendere non significa giustificare, ma il confine è molto sottile,” ha commentato un avvocato penalista presente in aula. “Il linguaggio della sentenza rischia di trasmettere il messaggio che un omicidio può essere, in qualche modo, spiegabile. Questo non può accadere, specialmente in casi di femminicidio, dove è essenziale mantenere chiara la responsabilità e la gravità dell’atto.”

Il peso della giustizia

La sentenza di Modena non è un caso isolato. Negli ultimi anni, sempre più tribunali hanno riconosciuto attenuanti basate sul contesto emotivo e familiare in casi di violenza di genere. Questo trend ha suscitato polemiche, alimentando il dibattito su come bilanciare la necessità di una giustizia umana con l’obbligo di proteggere le vittime e inviare un segnale forte contro la violenza.

Il duplice femminicidio di Modena solleva interrogativi profondi sul ruolo della giustizia. In un’epoca in cui ogni gesto, anche il più atroce, sembra dover essere analizzato e spiegato, la condanna deve rimanere inequivocabile. Ogni parola scelta in una sentenza contribuisce a definire il confine tra il diritto alla difesa e il rispetto per chi non può più difendersi.

Una comunità in lutto

A Modena, il dolore per la perdita delle due donne è ancora vivo. Candele accese lungo le strade, mazzi di fiori lasciati davanti alle loro case e messaggi di solidarietà testimoniano una ferita che non si rimargina. “Non c’è nulla di comprensibile in un atto così violento,” ha detto una donna anziana durante una fiaccolata. “Vogliamo che il loro sacrificio non venga oscurato da parole che cercano di spiegare l’orrore.”

Le domande che restano

Questo caso lascia sospese domande fondamentali: può la giustizia comprendere senza giustificare? È possibile mantenere un equilibrio tra il dovere di analizzare le cause profonde di un crimine e la necessità di condannarlo con fermezza?

Mentre il dibattito continua, la comunità si aggrappa alla memoria delle vittime, chiedendo che il loro sacrificio non venga dimenticato e che la giustizia non perda mai di vista il suo obiettivo principale: tutelare i più deboli e punire chi commette violenza.
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