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Manovra, Pichetto minimizza: ma su cedolare secca e rapporti con le banche il fronte della maggioranza si tende

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Manovra, Pichetto minimizza: ma su cedolare secca e rapporti con le banche il fronte della maggioranza si tende

Ufficialmente è solo dialettica, “normale confronto di coalizione”. Così Gilberto Pichetto, ministro dell’Ambiente e volto istituzionale di Forza Italia, prova a frenare la spirale dei malumori che si stanno addensando attorno alla manovra. Ma dietro le rassicurazioni pubbliche, il clima non è così lineare: le prime frizioni non nascono sui numeri generali, bensì su due fronti politici sensibili – cedolare secca e tassazione degli extra-profitti bancari – dove la maggioranza mostra divergenze che potranno riemergere in Aula.

Manovra, Pichetto minimizza: ma su cedolare secca e rapporti con le banche il fronte della maggioranza si tende

Pichetto usa il linguaggio della stabilità: «Lo spread scende, significa credibilità del Paese e tassi più bassi per famiglie e imprese». È la narrativa scelta da Palazzo Chigi: il calo dello spread diventa la prova del “metodo Meloni”, quello che privilegia la prudenza. Non è un tema tecnico: è memoria politica. Giancarlo Giorgetti, oggi ministro dell’Economia, appartiene alla generazione che ha visto l’Italia bruciarsi nel 2011: lo spread alle stelle, governo Berlusconi sotto assedio, rischio contagio sistemico. Sa bene cosa significa. E sa che quando il conto si paga sui titoli di Stato, i margini fiscali evaporano. È lui il custode di questa linea.

Una manovra piccola perché deve essere piccola
Per questo, nella visione dell’esecutivo, la manovra è “piccola per necessità”, la più prudente dal 2014. Non un difetto ma un argine. La priorità è non offrire al mercato il minimo appiglio di sfiducia. Finché lo spread resta basso, Meloni conserva ossigeno politico. Se si alza, lo spazio di mediazione svanisce: è qui che Giorgetti si muove come garante.

I nodi veri: cedolare secca e banche
La dialettica interna, però, nasce altrove. Sulla cedolare secca per gli affitti brevi, la maggioranza è divisa: il passaggio dal 21% al 26% è considerato da una parte della coalizione un segnale “anti-investitori” che pesa sul ceto medio proprietario. E che, in alcune città, rischia di comprimere i piccoli locatori più che gli speculatori.
Altro capitolo: gli extra-profitti delle banche. Il governo vuole recuperare gettito dal settore finanziario, ma la misura – per quanto circoscritta – incrina il fronte pro-mercato della coalizione. È il cortocircuito classico: prudenza finanziaria da un lato, bandiere identitarie dall’altro.

Non è crisi, ma è frizione permanente
Per questo Pichetto minimizza: «È normale che i partiti abbiano posizioni diverse». La maggioranza non si rompe: si tende. E il punto di equilibrio, come sempre accade nelle manovre delicate, non è nella conferenza stampa, ma nei passaggi emendativi. Prima della Camera, nessuno apre un fronte. Dopo, ognuno vorrà portare a casa una correzione.

Spending review, il colpo che pesa sui ministeri
Il ministro dell’Ambiente ammette che anche il suo dicastero deve “rimodulare investimenti”. È un messaggio che suona come prova di disciplina collettiva: il sacrificio è trasversale. Ma nei corridoi è lì che si misurerà la tenuta: quali capitoli saranno davvero toccati? Quanti fondi saranno traslati, congelati o protetti da correttivi politici?

Il vero terreno dello scontro: il Parlamento
La fotografia finale è duplice. In pubblico: stabilità, spread basso, nessuna “crepa”. In privato: il tema non è se esploderà uno scontro, ma su quale dossier verrà aperto. La cedolare secca è già un detonatore potenziale; la pressione sulle banche un altro. Il pacchetto casa – dove la riduzione graduale dei bonus alimenta scontento territoriale – è il terzo.
Tre pressioni, una promessa di prudenza, nessun margine per allargare la spesa: è la ricetta perfetta per un negoziato lungo e silenzioso.

La lettura politica: prova di forza, non solo di bilancio
La manovra diventa così anche un test di rapporti interni: quanto contano ancora i partiti rispetto al Mef? E quanto pesa Giorgetti, oggi vero “guardiano dello spread”, rispetto agli alleati che chiedono segni identitari? Se il governo regge il passaggio senza modifiche sostanziali, avrà dimostrato gerarchia interna chiara. Se invece emergeranno concessioni simboliche, sarà il segnale che la prudenza contabile non basta a tacitare la politica.

Per ora, la calma è apparente. Il vero giudizio arriverà quando i numeri incontreranno gli emendamenti: lì la coesione non sarà più raccontata – sarà misurata.

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