L'arresto di Giovanni Toti, presidente della Giunta regionale della Liguria, come inevitabilmente accade quando simili vicende toccano esponenti di spicco della politica, ha creato due schieramenti, divisi tra coloro (centro-destra) che esprimono cautela, quasi - e senza quasi - suggerendo che ci sia stato un uso strumentale della giustizia, e quelli (sinistra) che pretendono dal governatore un passo indietro che, dopo la sospensione, si concretizzi nelle dimissioni e, quindi, nel ritorno alle urne.
Caso Liguria: il giorno dopo l'arresto di Toti, si apre il fronte delle polemiche
Ipotesi che certo non dispiacerebbe a Fratelli d'Italia, che con sempre maggiore attenzione guarda a Regioni oggi governate dal centrodestra, ma non da esponenti del partito del presidente del Consiglio.
In mezzo, tra i fronti, c'è una terra di nessuno dove si muovono, sotto traccia, idee, speranze e speculazioni sull'inchiesta, sui suoi tempi, sulla scelta di emettere provvedimenti cautelari a distanza di mesi dalla richiesta della Procura di Genova e di anni dall'inizio storico delle indagini.
In questa storia restano comunque, almeno a leggere gli atti sin qui resi pubblici (l'ordinanza), elementi che, se non si traducono in una palese violazioni della legge, quanto meno rappresentano, plasticamente, l'esistenza di contatti (se sono connivenze lo dirà il tribunale) che mai dovrebbero esserci tra politici e imprenditori.
Anche se questo è un pio desiderio, posto che, da che mondo è mondo, la commistione tra gli interessi di queste due categorie è sempre in agguato.
Quel che resta veramente difficile da metabolizzare non sono comune i regali - se ne sarà confermata esistenza, entità e reiterazione negli anni, una pagina veramente squallida -, ma il fatto che essi andavano avanti da tempo senza che nessuno si sia mai chiesto come fossero possibili esibiti soggiorni in alberghi da favola, pass per tornei di tennis e per i tavoli verdi e altre cosucce (tipo, soldi per cene ''familiari'' o articolo di gran lusso).
Ci sono volute le indagini della Finanza per fare emergere questo sottobosco - in cui avrebbe fatto capolino anche Cosa Nostra - nonostante le evidenze che ci dovevano pure essere?
Ma, se queste sono o sarebbero le risultanze di una inchiesta che è andata avanti per anni (tanti, a dire il vero), c'è più d'una perplessità su come essa abbia subito una accelerazione nelle ultime ore, con l'emissione delle ordinanze cautelari. Pur concedendo al magistrato che le ha emesse ogni umana considerazione (vista la massa di materiale probatorio da leggere, verificare e valutare e aggiungendo anche che, come ogni Gip, si deve occupare contestualmente di centinaia di procedimenti), è giusto chiedersi se i mesi tra richiesta ed emissione siano stati oggettivamente troppi, a fronte comunque di una massa documentale che si è andata accumulando negli anni.
Ma, dice il Gip, sussisteva il pericolo che Giovanni Toti, ''in occasione delle prossime elezioni, analoghe condotte corruttive'', potrebbe ricadere nei comportamenti illegali che gli sono contestati, ''mettendo la propria funzione al servizio di interessi privati''.
Se era opportuno tirare le fila dell'inchiesta in tempi ragionevoli, era necessario, visti i mesi trascorsi dalle richieste dei pm, farlo ora con provvedimenti restrittivi, quando forse sarebbe bastata l'emissione di un avviso di garanzia che ''neutralizzasse'' le attività degli indagati?
Perché emettere ora i provvedimenti, a un mese dalle elezioni europee, ha servito su un piatto d'argento argomenti agli esegeti della ''giustizia ad orologeria'', che - quando riguarda loro amici - vedono cointeressenze e collusioni anche dove oggettivamente non ce ne possono essere.
Forse, almeno per quello che sappiamo oggi, un avviso di garanzia poteva essere sufficiente, almeno nei confronti di chi ha un incarico pubblico e, quindi, potenzialmente nelle condizioni di reiterare i comportamenti che per la Procura di Genova sono perseguibili.
Se e quando la giustizia valuterà che Giovanni Toti è stato il cuore di un sistema purulento di interessi, i giudici ne decideranno il futuro. Ma le sentenze di oggi, sui giornali, non sempre sono le stesse di una giustizia che però ha endemicamente tempi lunghissimi.