Rinnovabili, Legambiente: "Italia in ritardo, nel 2023 solo 5.677 MW totali di nuove installazioni"

- di: Barbara Leone
 
In Italia strada tutta in salita per i grandi impianti a fonti rinnovabili “schiacciati” da ritardi, lungaggini autorizzative, conteziosi e da una normativa troppo vecchia e inadeguata ferma al 2010. Non se la passano bene neanche le comunità energetiche, nonostante i primi segnali positivi arrivati con il Decreto CER a cui si è aggiunto proprio in questi giorni il Decreto sulle regole attuative, chiudendo finalmente il cerchio. A fare il punto è Legambiente con due nuovi report presentati a Rimini alla fiera K.EY: “Scacco Matto alle rinnovabili 2024”, con dati al 2023 e l’aggiornamento della mappa dei casi simbolo dei blocchi agli impianti, e “Le Comunità energetiche rinnovabili in Italia”, quest’ultimo realizzato in collaborazione con il GSE e presentato nell’ambito della campagna “BeCome - dai borghi alle comunità energetiche”, creata da Legambiente in collaborazione con Kyoto Club e AzzeroCO2. Comune denominatore dei due report: una crescita troppo lenta delle fonti pulite, delle CER e troppi progetti in lista d’attesa.

Rinnovabili, Legambiente: "Italia in ritardo, nel 2023 solo 5.677 MW totali di nuove installazioni"

I dati parlano da soli: nel 2023 nella Penisola sono stati registrati appena 5.677 MW totali di nuove installazioni (stando agli ultimi dati di Terna). Parliamo di una crescita lenta rispetto a quelli che dovrebbero essere i numeri di installazione annuale per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030, ossia 90 GW di nuove installazioni, pari quasi 13 GW di nuova potenza annuale dal 2024 al 2030, secondo lo studio commissionato ad ECCO da Legambiente, Greenpeace e WWF.  Preoccupa anche la scarsità dei grandi impianti realizzati nel 2023: infatti, secondo i dati di Elettricità Futura, dei 487 MW di eolico, l’85% degli impianti ha una taglia superiore ai 10 MW, ma dei 5.234 MW di fotovoltaico, il 38% degli impianti ha una potenza inferiore ai 12 kW, e il 78% è sotto il MW. Numeri troppo bassi, denuncia Legambiente, per affrontare la decarbonizzazione del sistema elettrico e dei sistemi produttivi del Paese. 

Per quanto riguarda i progetti a fonti rinnovabili in lista d’attesa, al 17 gennaio 2024 sono 1.376 quelli ancora in fase di valutazione, un dato che dà l’idea di un grande fermento da parte delle imprese, ma che non trova ad oggi riscontro nelle autorizzazioni rilasciate, vista la lentezza legata alle procedure.   Salgono a 63 i casi simbolo di blocchi alle rinnovabili mappati da Legambiente, di questi 20 sono le nuove storie riportate nel report 2024. Si va da 6 amministrazioni locali tra Veneto, Umbria, Marche e Basilicata che preferiscono poli logistici e industriali a parchi eolici o fotovoltaici, alle moratorie tentate o in programma come accade in Sardegna e Abruzzo, dove è intervenuta la Corte Costituzionale, o la simil moratoria della Sovrintendenza della Basilicata che ha posto un vincolo paesaggistico di 10 km intorno al sito del Castello di Monteserico (PZ), con esplicita preclusione alla realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Ci sono poi i ricorsi al Tar tra Molise e Toscana (in questo ultimo caso c’è la buona notizia della non validità del ricorso contro il parco eolico del Mugello). O i ritardi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in Puglia, o della Sovrintendenza, nel Lazio.

Sul fronte comunità energetiche (CER), ad oggi sono solo 154 le forme di energia condivisa realizzate in Italia, tra comunità energetiche rinnovabili e configurazioni di autoconsumo collettivo. Sulle 67 realizzate a fine 2023 Piemonte, Veneto e Trentino-Alto Adige sono le regioni con il più alto numero di configurazioni. Numeri importanti, considerando i ritardi burocratici e normativi, ma che avrebbero potuto essere molto più alti, ossia almeno 400 stando alle stime dell’associazione ambientalista realizzate grazie al contributo di diverse realtà diverse – AESS, Caritas, Become, il programma NextAppenino, AzzeroCO2, ènostra, Legacoop, Enel X, il Comune di Roma, La Sapienza, Regalgrid, Fondazione con il Sud, Banco dell’Energia. Tra le realtà che si potevano sviluppare in questi anni, e che ora grazie al Decreto CER potranno realizzare il sogno, Legambiente cita ad esempio: le 15 possibili Comunità energetiche portate avanti dalla Caritas, i 55 progetti di ènostra e i 105 del programma Nextappennino, le 25 CER della campagna Become di Legambiente, KyotoClub, AzzeroCO2 per i Piccoli Comuni. Riguardo il progetto BeCome oggi sono stati anche presentati i primi 15 studi di fattibilità con cui si sono superati i 3 MW di impianti fotovoltaici ipotizzati. Prossimo appuntamento del progetto giovedì 4 aprile a Bologna per il Forum CER Emilia-Romagna, dove verrà realizzato con Bryo e Legacoop un approfondimento sul contributo alla transizione energetica della regione e in particolare alla ricostruzione post alluvione in Romagna.

 “Per accelerare la transizione ecologica del Paese e il processo di decarbonizzazione – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambientebisogna investire su rinnovabili, grandi impianti, comunità energetiche, reti e accumuli, ma per farlo velocemente e bene serve con urgenza potenziare il personale degli uffici delle Regioni che rilasciano le autorizzazioni, un riordino delle normative, un aggiornamento e un adeguamento rispetto alla sfida energetica, climatica e sociale e uno snellimento delle autorizzazioni. Ad oggi sono soprattutto le Regioni e le Soprintendenze che continuano a frenare la transizione ecologica: lo avevamo denunciato tre anni fa, ma da allora nulla è cambiato. Chiediamo ai ministri dell’Ambiente, delle Imprese e del Made in Italy e della Cultura di avviare un lavoro congiunto per arrivare alla pubblicazione di un Testo Unico che semplifichi gli iter autorizzativi degli impianti, definisca in modo univoco ruoli e competenze dei vari organi dello Stato, dia tempi certi alle procedure. In questa partita è importante anche la partecipazione e il confronto con i territori che sono i veri protagonisti di un sistema distribuito e diffuso e per questo non possono essere lasciati fuori”.

Per Legambiente i principali ostacoli che rallentano le rinnovabili in Italia sono una normativa troppo vecchia – le linee guida sono ferme dal 2010 – e le lungaggini autorizzative e i conteziosi portati avanti in Presidenza del Consiglio dal Ministero della cultura (MIC): ad oggi sono ben 81 i progetti in attesa di determina da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri (PCM), e che hanno visto pareri positivi da parte della Commissione tecnica VIA e negativi da parte del MIC.  67 i progetti in attesa del parere del Ministero della Cultura nonostante da tempo la stragrande maggioranza abbia ricevuto parere della Commissione VIA. Il più vecchio risale al 2012, quasi 12 anni per comunicare la fattibilità ad un’impresa. Legambiente segnala inoltre che nel 2023, si è intervenuti su oltre 3 GW di potenza su 47 impianti complessivi: di cui 20 impianti agrivoltaici per 1.418 MW complessivi, 6 impianti solari fotovoltaici per complessivi 285 MW e 21 impianti eolici onshore per 1.313 MW. Di questi, la maggior parte sono progetti presentati tra il 2019 e il 2022, ma si è intervenuti anche su un impianto del 2013. Da notare, come dei 47 impianti complessivi, ben 15 hanno avuto parere negativo, di questi 12 sono progetti eolici. A questi ritardi, si sommano anche i problemi irrisolti che riguardano eolico e fotovoltaico come il tema delle aree idonee, e poi i tanti contenziosi di Comuni, Regioni e cittadini (sindromi Nimby – non nel mio giardino – e Nimto –  non nel mio mandato -) che bloccano la realizzazione di grandi impianti a fonti rinnovabili. 

Una nota positiva arriva dal lavoro dalle Commissioni Via-Vas e Pnrr-Pniec del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica che, nel 2023, hanno lavorato su 221 procedure autorizzative, per un valore di opere di oltre 13,5 miliardi di euro e una potenza di 10,5 GW. In particolare, la Commissione VIA-VAS, ha lavorato su 33 istanze di VIA per impianti eolici, per una potenza superiore a 2 GW e un valore economico di circa 3,5 miliardi di euro. Altra buona notizia arriva anche dalla Sottocommissione VIA che, in relazione agli elettrodotti della Rete di trasmissione nazionale, ha fornito parere positivo su 51 procedimenti per un valore economico di circa 76 milioni di euro. La Commissione Tecnica PNRR-PNIEC, invece, sempre nel corso del 2023, ha adottato 115 pareri VIA per le rinnovabili, di cui 73 progetti agrivoltaici, 19 fotovoltaici, 16 eolici, 3 eolici off-shore, 3 impianti di pompaggio e 1 GW di accumulo energetico. Oltre ad evadere 18 istruttorie di scoping per progetti di eolico off-shore, che riguardano soprattutto la Regione Puglia (26% dei progetti in totale), Sicilia (17%) e la Sardegna (14%). In tema di rinnovabili, si segnala l’impegno della Regione Campania che a partire dal 2021, quando erano bloccate 183 istanze di autorizzazione per impianti da fonti rinnovabili, alcune risalenti addirittura al 2006, ha deciso di intervenire e modificare la Legge Regionale n. 37 del 2018, riaprendo le call e sbloccando i progetti. Così come la Regione Calabria, che attraverso la piattaforma CalabriaSuap, ha ordinato e semplificato le procedure di presentazione attraverso specifici modelli standardizzati e semplificati messi a disposizione sulla stessa piattaforma.

Legambiente chiede al Governo Meloni un atto di coraggio, perché le rinnovabili sono uno dei pilastri della transizione ecologica del Paese. Serve al più presto una normativa adeguata e in linea con i cambiamenti tecnologici attraverso un lavoro congiunto tra MASE, Ministero delle Imprese e del Made in Italy e MIC, e uno snellimento degli iter autorizzativi. Serve una cabina di regia a livello nazionale per identificare le aree idonee per lo sviluppo di questi progetti e coordinare la loro presentazione, cercando di evitare eccessive sovrapposizioni delle iniziative e semplificando i procedimenti autorizzativi. È, inoltre importante prevedere campagne di informazione e sensibilizzazione, non solo per limitare gli effetti delle sindromi Nimby e Nimto, ma anche per contrastare le ormai ricorrenti fake news fornendo ai territori maggiori e migliori strumenti per comprendere e valutare i progetti e collaborare al loro possibile miglioramento. “Il Governo Meloni – dichiara Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambientesta dimostrando poca ambizione politica a cogliere la grande occasione di sviluppo sociale e ambientale legata alle rinnovabili. Il nostro Paese, attraverso il Piano Mattei, si sta candidando a diventare l’hub del gas e non quello delle rinnovabili. Una scelta insensata su cui è indispensabile un cambio di rotta. Oggi una delle partite chiave riguarda lo sblocco di quei progetti a fonti pulite al momento fermi di cui abbiamo parlato nel nostro report, lo snellimento delle autorizzazioni e, ora che si è concluso l’iter delle CER, puntare su di esse risolvendo gli ultimi problemi ancora aperti per aiutare famiglie e imprese a ridurre i costi in bolletta e portare innovazione nei territori, a partire dai piccoli Comuni”.  Secondo Legambiente, se il Decreto incentivi e le sue regole attuative appena pubblicate  rappresentano un passo in avanti importante, sono ancora tante le criticità da risolvere e su cui Legambiente richiede interventi veloci e pragmatici ad esempio sul potenziale, su chi può accedere all’incentivo, prevedendo una regolamentazione del settore termico (ad oggi non è prevista nessuna regola e nessun incentivo per le realtà che vogliono condividere energia termica). Altro tema su cui intervenire i fondi del PNRR sui Piccoli Comuni prevedendone la pubblicazione del bando, senza la quale nessuna Amministrazione potrà accedere ai fondi. Lo stesso vale per il bando sull’agrivoltaico. 

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