L'insostenibile leggerezza dell'Italia nell'Ue
- di: Redazione
La vicenda dello stop ai motori termici per le autovetture, a partire dal 2035, con la bocciatura della proposta italiana affinché fosse concessa una deroga per l'utilizzo di biocarburanti, è l'ennesima conferma del relativo peso politico del nostro Paese nell'Ue. Una condizione che nulla ha a che vedere con l'attuale governo (ancora da troppo poco tempo in carica per potere essere determinante, al di là del fatto di essere determinato), ma che è figlia di una troppo accentuata acquiescenza dei nostri esecutivi alle determinazioni di un ente sovranazionale che spesso sembra muoversi con ottiche che appaiono ai più come frutto di politiche del momento e non invece di ponderate analisi e di scelte. Noi, come Paese, non abbiamo mai fatto mancare all'Europa il nostro totale e convinto appoggio, e questo si traduce anche in ricadute economiche che comunque non sempre toccano il punto di equilibrio tra il nostro contributo e quanto poi riceviamo.
L'insostenibile leggerezza dell'Italia nell'Ue
Ma la faccenda qui non è su quanti miliardi diamo e su quanti ne riceviamo, ma sul fatto che l'Italia non riesce a smarcarsi da quel ruolo di sussidiarietà nel quale lei stessa si è cacciata con politiche di secondo piano, accettando quasi con rassegnazione decisioni poco convincenti, quando addirittura non ci penalizzavano. Qui non si tratta di recriminare, ma solo di prendere atto che i dossier che per l'Italia sono fondamentali, a Bruxelles trovano scarsissimo ascolto, quando li si ascolta. E' un ruolo che, nei fatti, è perennemente di retroguardia, e non sempre per la nostra incapacità di rappresentare le esigenze nazionali, quanto perché non riusciamo proprio a fare breccia nei vari schieramenti che si determinano in sede Ue e che spesso vedono la nostra partecipazione. ma senza che essa venga poi a tradursi in peso politico. La vicenda dei carburanti e delle auto è paradigmatica di come alcuni Paesi forti - come in questo caso la Germania, ma come accade sempre quando si parla di interessi tedeschi - riescano comunque a tutelarsi, a pararsi la botta e a uscire indenni quando non addirittura gratificati. Noi non ci riusciamo ed è forse arrivato il momento, oltre che per chiedersi il perché, anche per pensare ad un cambio di passo, magari a costo di stracciare alleanze vecchie di decenni. Cosa non facile perché si deve tenere conto degli attuali equilibri e di come potranno cambiare all'esito delle elezioni europee dell'anno prossimo. Elezioni che potrebbero determinare la nascita di maggioranze diverse nelle quali un'Italia ancora forte connotazione meloniana avrebbe certamente un peso diverso.
All'Europa comunitaria il Paese si è sempre rivolto nella consapevolezza che quanto l'Italia ha fatto per realizzare il sogno dell'Europa unita non poteva essere dimenticato o ridimensionato. Ma questa speranza è andata sistematicamente delusa, come dimostra quotidianamente la mancata soluzione al problema dei migranti irregolari, che grava quasi esclusivamente su di noi senza che Bruxelles abbia la capacità, ma forse sarebbe meglio dire la voglia, di risolverlo. E la cosa stupefacente è che su di noi piovono bacchettate da chi se ne sta al sicuro, dietro confini invalicabili, mentre i nostri sono permeabili e quasi invitanti per bande di criminali che non esitano a mandare al massacro migliaia di disperati, nella consapevolezza, comunque, che qui, da noi, troveranno accoglienza (la vicenda di Cutro, sebbene drammatica, resta un episodio a fronte di decine di migliaia di persone che arrivano in Italia). La spregiudicatezza di una certa classe politica europea resta quindi evidente nel modo in cui il delicatissimo fronte dell'immigrazione illegale viene trattato, pontificando quando non si è direttamente toccati piuttosto che trovare una soluzione. Che certo non potrà arrivare dalla missione di queste ore del commissario Paolo Gentiloni in Tunisia, dove è arrivato carico di potenziali finanziamenti che rischiano di finire nel gigantesco tritacarne della corruzione e quindi a lasciare il nodo delle partenze dalla coste tunisine irrisolto.
Ma non possiamo certo dire che la soluzione possa essere a portata di mano, per il semplice motivo che è assolutamente impossibile trovarne una. E' finita la pacchia, ha detto Giorgia Meloni guardando a Bruxelles. Ma dal dirlo a farlo il passaggio è lunghissimo.