Il primo Consiglio dei Ministri del 2025 si apre con un tema politicamente incandescente: l’impugnazione della legge regionale campana che, con un’abile manovra, consentirebbe il terzo mandato consecutivo al governatore Vincenzo De Luca. La questione non si limita a una disputa giuridica, ma rappresenta un vero e proprio terreno di scontro politico che coinvolge il governo centrale, il Partito Democratico e gli equilibri delle regioni settentrionali.
Il governo e la sfida al terzo mandato di De Luca: scenari, strategie e implicazioni
La norma, approvata il 5 novembre 2024, introduce una disposizione che ha suscitato immediate polemiche: il conteggio dei due mandati consecutivi partirebbe solo dall’attuale, escludendo il primo mandato di De Luca (2015-2020). Questo “escamotage” è stato bollato come un colpo di mano dai detrattori, un’interpretazione normativa in contrasto con la legge nazionale del 2004, che impone il limite di due mandati consecutivi per i governatori regionali.
La reazione del governo
Nel quadro giuridico, il governo guidato da Giorgia Meloni si è mosso rapidamente, con il ministro per le Riforme Elisabetta Casellati e quello per gli Affari regionali Roberto Calderoli al lavoro per finalizzare l’impugnazione davanti alla Corte costituzionale. I termini per il ricorso scadono il 10 gennaio, lasciando poco tempo per ulteriori manovre politiche.
L’obiettivo dichiarato è chiaro: riaffermare il primato della legge nazionale, considerata autoapplicativa, e impedire che l’autonomia legislativa regionale possa essere usata come leva per aggirare le norme statali. Ma dietro questa posizione si nasconde un mosaico di interessi politici.
Tensioni tra Stato e Regioni
La Campania non è l’unico osservato speciale. La questione del terzo mandato potrebbe avere un effetto domino, aprendo la strada a richieste analoghe in altre regioni, in particolare al Nord. Governatori come Luca Zaia in Veneto e Massimiliano Fedriga in Friuli Venezia Giulia, entrambi vicini alla Lega, osservano con attenzione l’evolversi della situazione.
Uno stop della Consulta a De Luca equivarrebbe a una bocciatura per qualsiasi tentativo di forzare i limiti imposti dalla legge nazionale. Tuttavia, un’eventuale sentenza che rimettesse la competenza legislativa su questo tema nelle mani delle Regioni sarebbe un colpo di scena favorevole al fronte autonomista, un tema caro alla Lega e in particolare a Zaia, che spinge per una maggiore autonomia regionale.
Il Pd tra ambiguità e contraddizioni
Per il Partito Democratico, la vicenda rappresenta un grattacapo non da poco. Da una parte, la segretaria Elly Schlein ha più volte sottolineato la necessità di rinnovare la classe dirigente del partito e mandare in pensione figure come De Luca. Dall’altra, l’eventualità di elezioni anticipate in Campania rischierebbe di destabilizzare il partito in una regione strategica, dove il centrodestra potrebbe approfittare della situazione per consolidare il proprio consenso.
De Luca, dal canto suo, non sembra intenzionato a farsi da parte senza combattere. Le indiscrezioni trapelate dal suo entourage parlano di possibili dimissioni immediate per tentare una rielezione prima della pronuncia della Corte, una mossa audace che però comporterebbe il rischio di una sospensiva.
La strategia di Meloni e gli equilibri del Nord
Per Giorgia Meloni, il caso De Luca rappresenta anche un’opportunità. Liberare caselle al Nord, in regioni come il Veneto e la Lombardia, permetterebbe a Fratelli d’Italia di rafforzare la propria presenza in territori tradizionalmente dominati dalla Lega. L’obiettivo di lungo termine è ridisegnare la mappa del potere regionale, spostando l’asse verso il partito della premier.
Non è un caso che si parli di un possibile slittamento delle elezioni regionali al 2026, in linea con quanto già deciso per i sindaci in scadenza nello stesso periodo. Un rinvio consentirebbe a Zaia di mantenere il controllo in Veneto durante le Olimpiadi invernali, un evento di portata internazionale che potrebbe consolidarne ulteriormente il profilo politico.
Gli scenari futuri
Il percorso verso una soluzione è tutt’altro che lineare. L’impugnazione della legge regionale campana potrebbe portare a un contenzioso prolungato, con ripercussioni non solo sulla politica regionale ma anche sugli equilibri nazionali. Nel frattempo, la Campania resta in bilico tra il rischio di elezioni anticipate e l’incertezza di una pronuncia della Consulta che potrebbe riscrivere le regole del gioco.
La sfida al terzo mandato di De Luca si profila dunque come un banco di prova per il governo Meloni, che dovrà dimostrare la capacità di gestire le tensioni interne alla coalizione e le spinte autonomiste del Nord, mantenendo al contempo il controllo su una questione che rischia di trasformarsi in un boomerang politico.